May 2, 2025

calendariodelbarbiere_0003[2]Fu in una bottega di barbiere che, tanti anni fa, scoprii l’esistenza del calendario, anzi, dell’almanacco. E, per il modo in cui ne feci la conoscenza, lo associai a un oggetto da pruderie, se non proprio peccaminoso. A quell’età non potevo sapere che, allo scopo di eliminare i ritardi che stava accumulando il calendario giuliano, nell’A.D.1582, Gregorio XIII l’aveva sostituito con quello poi giunto fino ai nostri giorni.

Per logica, se al calendario ci aveva messo le mani addirittura un Papa non poteva essere peccaminoso. Eppure…

Eppure non riuscivo a spiegarmi perché il “maestro” barbiere, con una maldestra manovra che non sortiva per nulla l’effetto di distrarre la mia attenzione (anzi!), faceva scivolare nelle tasche di mio padre un calendarietto che, anche dopo la scomparsa, lasciava nell’aria una fragranza di mughetti appena colti. E quel profumo, sommandosi agli effluvi del dopo barba a buon mercato e della cipria spolverata sulle altissime sfumature dei colli, rendeva l’aria del locale simile a quella che doveva respirarsi nelle case di piacere all’epoca in piena attività.

 

L’attesa di “studiare” le sagome delle modelle e attrici (tutte in castigatissimi costumi da bagno ad un solo pezzo) durava però poche ore. Il giorno dopo, a scuola, gli almanacchi venivano tranquillamente barattati al mercatino delle figurine dei calciatori.

 

calendari-2013-mensili[1]Da quel tempo tanta acqua è passata sotto i ponti, fino a modificare la funzione stessa dei calendari. Che un tempo ˗ si chiamassero lunari o almanacchi ˗ servivano a segnare le date importanti nello scorrere del tempo.

Grazie a loro si seguiva, passo passo, il succedersi dei solstizi e degli equinozi e, dunque, l’avvicendarsi delle stagioni. Si annotavano i giorni in rosso delle festività e quelli in cui ricorrevano gli onomastici di parenti e amici. Si fissavano gli appuntamenti, le scadenze (liete e meno liete), i numeri sognati e da giocare subito al lotto. E le madri, con una simbologia da cabala, vi segnavano i giorni critici delle figlie.

In altre parole i calendari indicavano esclusivamente lo scorrere del tempo quando questo aveva ancora un valore. Lo stesso girare il foglio del mese appena trascorso equivaleva a un mini bilancio di quello che si era fatto, un consuntivo di come si era impiegato il tempo. La constatazione d’averlo sprecato portava, nell’immediato, un senso di colpa e, di riflesso, il proposito di comportarsi meglio nel futuro.

 

Questa preziosità del tempo si coglie in modo evidente nel pensiero del Petrarca espresso nelle “Epistole”: «Se posso dirlo senza iattanza, il tempo non fu mai da me così poco pregiato, come da certi miei coetanei; ma tuttavia non mai tanto, quanto doveva. Vorrei poter dire di non aver perduto nessun giorno: ne ho perduti molti, invece, e purtroppo anni interi! Ma non temo di dire questo, che, per quanto mi ricordi, non ho perduto un giorno senza averne coscienza. Il tempo non mi è sfuggito, ma mi è stato strappato; sicché, anche in mezzo ai lacci delle occupazioni o all’ardore dei piaceri io dicea: “Ahimè! Mi è stato sottratto questo giorno, che non tornerà più!”».

 

agenda bancaNegli anni Sessanta e Settanta (quelli di un boom economico che, di fatto, teneva già a battesimo la corruzione dei giorni nostri) i calendari ˗ sotto forma di agende più o meno di pregio ˗ ci venivano elargiti in gran copia dalle Banche e dalle Assicurazioni. Quell’abbondanza segnò anche l’inizio della pratica del riciclo dei regali di fine anno. In compenso sulle agende che tornavano indietro da parte degli smemorati cui erano state regalate, trovarono posto i disegni naif dei bambini e, sempre loro, i barbieri raccoglievano la schiuma da barba che i rasoi falciavano dai visi dei clienti.

 

Negli anni Novanta, invece, il calendario diventa un oggetto di marketing. Vi sono quelli dei calciatori, dei Carabinieri, della Marina, dell’Aeronautica… Oltre a quelli pagati da una marca di caffè o di mobili o quelli autoprodotti a scopo benefico al fine di sovvenzionare le Associazioni ONLUS e le ONG.

 

Fanno la loro peccaminosa comparsa anche quelli di Play boy, spacciati come un omaggio alla bellezza che non conosce differenze razziali e latitudini geografiche.

 

frate-indovinoSi affacciano poi alla ribalta i calendari “tuttologi”, il cui indiscusso e insuperato capostipite rimane a tutt’oggi “Frate Indovino”. Dodici-fogli-dodici in cui si parla di tutto e di più: come togliere le macchie da un vestito, dedicarsi ai lavori dell’orticello, osservare le regole del piccolo galateo,  scoprire i segreti della salute, apprendere i rudimenti d’astronomia, rammentare i fatti più salienti della storia…

Infine il calendario diventa un vero e proprio oggetto di cult, un’opera d’arte riproducibile illimitatamente, una pura e perfetta pop-art. Alla cui creazione cooperano grandi fotografi o, involontariamente, artisti particolarmente amati come Van Gogh e gli Impressionisti.

 

appli-iphone2[1]Il risultato di questa trasformazione, però, rimpicciolisce sempre di più lo spazio dedicato ai mesi e ai giorni a tutto vantaggio di un rappresentazione grafica via via più invadente. Inoltre la globalizzazione, oltre ai nomi dei Santi, cancella anche le feste religiose cosicché le nonne non sono più in grado di accertarsi se una certa domenica è la seconda dell’Avvento o la terza di Quaresima…

 

Insomma oggigiorno il calendario non ci dà più quello per il quale era stato creato: la misura del tempo. Al massimo può offrirci la misura di un solo mese, quello presente. Né ci consente di fissare gli appuntamenti. A questo oramai soccorrono gli smartphone che, però, presentano l’inconveniente di lasciarci in braghe di tela nel momento in cui lo smarriamo o ci viene scippato.

 

Il pensiero corre al passato, a quando mestru Pietru (così si chiamava il barbiere della mia fanciullezza) maneggiava, con la stessa cautela che un agente 007 riserva ai documenti top secret, quegli almanacchi profumati destinati ai “grandi”.

Lì sì che c’era tutto il tempo ˗ mentre l’occhio si soffermava sulla silhouette di una Esther Williams in costume da bagno ˗ per meditare sulle parole di S. Agostino: «Cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so. Se desidero spiegarlo a qualcuno che lo chiede a me, non lo so».

Anche a questo  servivano i calendari d’un tempo che ora non c’è più. A meditare.

 

Guido Giampietro

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