July 13, 2025

Il turismo a Brindisi sta vivendo una contraddizione evidente: da un lato, la proliferazione incontrollata di strutture ricettive – oggi oltre 600, per un totale di circa 5.000 posti letto, pari a uno ogni 18 abitanti – dall’altro, l’assenza di una reale domanda in grado di sostenere questa offerta. Per la stragrande maggioranza dell’anno le strutture restano semivuote, i prezzi crollano, la qualità dei servizi ne risente.
Una spirale discendente che rischia di danneggiare strutturalmente un settore strategico, anche a causa, in alcuni casi, dell’improvvisazione e dell’abusivismo, in altri ancora della strumentalità di investimenti sostenuti da capitali di dubbia provenienza.

 

Molti osservatori hanno giustamente sottolineato come si tratti di un fenomeno che riguarda anche altre città italiane. Ma a Brindisi questo squilibrio assume un significato più profondo, perché si innesta in un vuoto di visione complessiva.

 

Manca una regia pubblica. Manca, soprattutto, una comunicazione coordinata e coerente, capace di promuovere un’immagine condivisa e riconoscibile della città. È qui che gli enti locali hanno una responsabilità decisiva: non possono limitarsi a fare da spettatori di una crescita quantitativa, caotica e autoreferenziale, né tanto meno affidarsi o incrementare le iniziative estemporanee, molte delle quali prive di reale prospettiva.

 

Con l’amministrazione precedente, un tentativo in questa direzione era stato avviato: si era provato a costruire un’immagine di Brindisi fondata sulle sue peculiarità più evidenti – il mare, il bel tempo per almeno otto mesi l’anno, il sistema parchi, la vocazione sportiva e nautica, la storia e le tradizioni.
Questa visione si articolava anche attraverso iniziative legate alla tradizione agricola ed enoica del territorio, con eventi pensati per riscoprire e rivalutare le eccellenze locali, la riqualificazione di strutture abbandonate per un loro utilizzo turistico, la promozione del Sea Working e delle professioni legate all’economia blu, un più deciso coinvolgimento del sistema produttivo nell’ambito turistico. Senza dimenticare la valorizzazione degli sport all’aria aperta, dalle attività marine al turismo attivo, dalle gare podistiche al ciclismo.

 

Ovviamente non era tutto perfetto. Ma rappresentava un buon inizio: una narrazione semplice, concreta e di facile percezione e condivisione, costruita attorno a elementi reali e distintivi, capace di dare coerenza all’offerta turistica della città e, al tempo stesso, restituire orgoglio e senso di appartenenza ai suoi abitanti — nella convinzione che siano proprio loro i primi veri operatori del turismo.

 

Oggi, invece, quella traiettoria si è persa.
Per carità, va riconosciuta la scelta di dare continuità ad alcune esperienze di gestione innovativa degli spazi urbani (in primis Palazzo Guerrieri, Paradiso e Sant’Elia), si percepisce lo sforzo di puntare su determinati presupposti culturali e non mancano eventi e proposte di investimenti spot.
Ma manca una strategia e manca un linguaggio comune. In sintesi, un’immagine identitaria che possa guidare scelte, investimenti e politiche pubbliche: dalla progettualità turistica alla valorizzazione del patrimonio.

 

In assenza di una visione forte e condivisa, Brindisi rischia di ritrovarsi con un’offerta turistica sovradimensionata, dequalificata e, soprattutto, scollegata da qualunque racconto credibile.

 

Per questo è urgente aprire un dibattito pubblico serio, partecipato e concreto: su cosa vuole essere Brindisi, su quali strumenti ha bisogno per diventarlo e su quale idea di sviluppo intende costruire.

Non bastano le parole. Serve una direzione. Serve un’identità.

 

Oreste Pinto

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