May 4, 2025

palapentassuglia… se vuoi sentire i battiti del mio cuore… Così sussurrava una canzonetta di Rabagliati, inserita in seguito anche nel repertorio della Cinquetti e di Mina. Vi chiederete che senso abbia tirare fuori dall’oblio una canzone dimenticata anche da chi da un pezzo ha superato gli “anta”, e del tutto sconosciuta ai giovani.

 

A richiamarla alla memoria è stato il recente incontro di basket tra Brindisi e Bologna. Ebbene, pur essendo un assiduo frequentatore da molti anni della nostra squadra (anzi, proprio per questo), alla prima partita in casa ho voluto fare un esperimento sempre pensato e mai messo in opera: quello di mettere i tappini alle orecchie per ridurre il chiasso infernale dell’impianto di amplificazione.

 

Premetto che non ho nulla contro le ugole dei tifosi e i mezzi (tamburi, trombe, fischietti, campanacci e raganelle alias trénule…) con cui le sostengono. Sono convinto che quelle grida siano il modo più efficace per fare sentire la calda presenza della tifoseria considerata, a ragion veduta, il sesto uomo in campo, quello che dà la carica.

 

Si tratta del rumore (in questo caso, sano) con cui si manifesta la passione per la squadra del cuore e che costituisce anche la salutare valvola di sfogo allo stress che si accumula nel corso della settimana e durante gl’incontri. Insomma è un’esplosione sonora consigliata anche dai medici a salvaguardia delle coronarie.

 

IMG_3650Ce l’ho invece con lo spropositato numero di decibel delle musiche e degli annunci sparati dall’impianto di amplificazione del PalaPentassuglia da un’ora prima l’inizio dell’incontro e nel corso dell’intervallo lungo. Credo sia questo che, oltre a rendere impossibile un sano chiacchiericcio tra amici e conoscenti o la spiegazione ai figlioletti dei fondamentali del basket, noccia all’udito.

 

In altre parole si tratta di un vero e proprio inquinamento acustico che poco ha a che fare con la naturale e colorita cornice di chiasso che le opposte tifoserie offrono durante lo svolgimento degli incontri.

 

Si fa ovunque così? Non penso sia una giustificazione valida per continuare a farlo anche qui da noi.

 

traffico brindisiFissazione la mia? Non credo. Nella realtà quotidiana siamo circondati dall’eccessivo rumore: da quello del traffico, a quello martellante dei lavori stradali, allo strepito degli elettrodomestici in casa. Per non parlare dei decibel di troppo con cui ci bombardano quando andiamo a visionare un film in una multisala, laddove perfino il sussurro ansimante tra due amanti ha la stessa intensità dei tuoni d’un temporale d’agosto.

 

Questo odioso malvezzo è comprovato da un’indagine condotta da GfK Eurisko, intervistando 8.800 persone in 47 città di undici Paesi, Italia compresa, che dimostra come il “mal di rumore” sia sempre più diffuso.

 

Nel nostro Paese, per esempio, il 29% della popolazione è esposto a livelli medio-alti o elevati di frastuono, il che significa dovere tollerare il baccano di strade e TV, radio e musica ad alto volume per un considerevole numero di ore al giorno. Un fastidio da poco? Tutt’altro. I dati raccolti dimostrano come l’esposizione al rumore raddoppi la probabilità di soffrire d’insonnia, difficoltà di concentrazione, mal di testa, irritabilità, nervosismo, sbalzi d’umore.

 

Da qui la necessità, quando si sa di dovere restare a lungo in ambienti rumorosi, di indossare protezioni specifiche, come i tappi per le orecchie…

 

Dopolavoro_IDice lo scrittore Guido Ceronetti: “Chi tollera i rumori è già un cadavere…” Esagerato? Non credo. D’altro canto basta chiedersi perché non siamo più capaci, quando capita, di osservare un minuto di silenzio negli stadi (anche nel nostro palazzetto il silenzio viene rotto prima del fischio dell’arbitro…) o perché nel corso di un funerale ci abbandoniamo all’applauso.

La verità vera è che il silenzio non ci appartiene più, non lo riconosciamo.

 

Per manifestare quel cupo stordimento che tramortisce quando le grandi disgrazie premono, ci abbandoniamo a una stupida euforia: sfogarci, applaudire. Il silenzio ci appare oggi come un vuoto angoscioso, così angoscioso da preferirgli il rumore, le grida da piazza, quello degli ambulanti con tanto di altoparlante piazzato come una mitraglia sul tetto delle auto. Non ci si rende conto che perfino i vuvuzela dei Mondiali del Sudafrica, se usati insistentemente, possono interferire con le frequenze dell’apparato uditivo…

 

Così diventiamo sordi, a poco a poco, dolcemente, senza accorgercene. Soprattutto lo diventano i ragazzi con gli auricolari incollati ventiquattrore al giorno (sì, anche quando dormono!) o quando si stordiscono nelle discoteche o ascoltano l’autoradio con il volume a palla. Peccato, perché verrà un giorno che non potranno più ascoltare il cinguettio degli uccelli. Romanticherie? No, realismo puro al cento per cento. Significa che non saranno più capaci d’ascoltare la voce della Natura!

 

Tornando al nostro palazzetto il rimedio per rendere godibili appieno quel paio d’ore e … sentire i battiti dei cuori, è quello dunque di abbassare un tantino il volume della radio, pardon dell’amplificazione. Per favore.

 

 

No Comments