May 5, 2025

COME ERAVAMO, NOI GENERAZIONE DEGLI ANNI ‘60
Viaggio alla ricerca delle cose, delle storie e delle emozioni vissute sotto la dolce ala della giovinezza
di Gabriele D’Amelj Melodia

 

anni-60I – PROLOGO OUVERTURE
La storia non si snoda come una catena di anelli ininterrotta. In ogni caso molti anelli non tengono”, così il saggio cantore della malinconia cosciente Eu-Genio Montale apriva una sua celebre poesia, composta proprio a metà degli anni sessanta.

E’ vero: i periodo storici non sono mai definiti in rigidi ambiti temporali, ma si avvalgono di una naturale proprietà dilatante che meglio sottolinea e chiarisce la sfera socio-culturale in cui sono nati e si sviluppano.

 

I favolosi anni ’60 quindi, coprono un arco storico più ampio, andando grosso modo dall’esplosione del fenomeno rock (1957, con una celebre tavola di Walter Molino sulla prima pagina della “Domenica del Corriere”), al manifestarsi di quei cupi e dolorosi anni che vengono definiti di piombo (1969 e seguenti).
Ripercorrere quei tempi, lontani nella storia ma assai prossimi nella mente di chi li ha vissuti, vuol dire aprire i cassetti della memoria alla ricerca di immagini e sensazioni da condividere e da offrire alle generazioni più giovani.

La chiave di lettura da adottare per analizzare quegli eventi non deve essere di tipo passatista, non deve cadere nel trappolone di una nostalgia mielosa, perché noi non dobbiamo incarnare figure patetiche di lodatori del tempo antico quanto, invece, sentirci dei “diversamente giovani” calati nella caotica realtà del presente.

 

Per evitare il pericolo della nostalgia canaglia, non resta che guardare al passato attraverso una speciale lente di ingrandimento che contenga generosi anticorpi di ironia ed autoironia…

E andiamo a cominciare la nostra fantastica , e forse un po’ folle, retrospettiva su quella che fu la nostra Belle Epoque:

 

 

SOGNATORI DI BELLE SPERANZE E DI MAGNIFICHE SORTI
bambini-anni601Non avevano le cuffiette sulle orecchie, né lo smartphone (però i selfie ce li facevamo lo stesso, con la Polaroid) i piercing o i tatuaggi, eppure mangiavamo la nostra gioventù a grandi morsi. Avevamo fame di tutto, voglia di capire, di scoprire i misteri dell’esistenza.
Con in tasca poche lire, con nel cuore una certa tristezza gioiosa e con in testa molta fantasia, così affrontavamo il nostro micro mondo, invasi da astratti furori, forti solo di quella istintiva forza di sperimentare la vita che a noi pareva coraggio, ma che era solo incoscienza giovanile.

 

 

Spensierati ma non troppo, sempre spinti da quel motore mobile che è la curiosità, eravamo tutti abili navigatori, non nell’allora sconosciuto mare di internet, ma nella capacità di sopravvivere nei perigliosi flutti della modernità incalzante.

 

 

Nostra musa ispiratrice fu l’arte di arrangiarsi, quel salvifico istinto a fiutare piste praticabili e nuovi umori defluenti dal più emancipato nord, quando non dalle lontane terre straniere, Usa ed Inghilterra in primis.
idrolitina_frizzina1A casa, le convenzioni e l’educazione ci obbligavano a percorrere binari abbastanza obbligati. C’erano infatti le famose regole domestiche, gli orari di uscita e di rientro (le ventidue per i maschi, le ventuno per le femmine, salvo nulla osta speciali rilasciati dall’autorità paterna in caso di festicciole).

Inoltre i nostri genitori pretendevano sempre la nostra puntuale presenza a tavola. In caso di ritardo o assenza, alto si levava lo sdegnoso, proverbiale grido materno: “Questa casa non è un albergo!”.

Si pranzava e cenava in cucina.

La sala da pranzo era riservata alla domenica e alle altre feste comandate.

 

Io ero addetto a sciogliere la busta dell’idrolitina del cav. Gazzoni nella bottiglia d’acqua di rubinetto che, come per miracolo, diveniva subito frizzante. Prima dei sedici anni non venni ammesso né al vino né tantomeno al caffè.

Nelle abitazioni dotate di telefono, il nero apparecchio veniva in genere installato a muro, all’ingresso, era spesso duplex e quasi sempre dotato di un bel lucchetto blocca disco. (Roba che, a farlo oggi, farebbe subito scattare una denuncia a telefono azzurro per maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione).

 

 

Il fatto è che a quell’epoca, non molto lontana dal dopo guerra, vigeva il culto del risparmio.

Non si buttava via nulla.

Quando mia madre mi comprò un elegante Principe di Galles per la cresima, lo acquistò di due taglie più grandi. “Tanto il ragazzo cresce presto”, fu la laconica giustificazione della responsabile dell’economia domestica.
radio-anni-60Le mamme ascoltavano la radio sferruzzando nel tinello (oggi si chiama soggiorno), mentre i papà leggevano la Gazzetta o facevano i cruciverba della “Settimana Enigmistica”.

Noi passavamo l’intero pomeriggio in camera, a fare i compiti, orfani persino della radiolina che la premurosa mammina aveva già provveduto a sequestrare per non indurci in tentazione.

 

 

Ma poi, finalmente, arrivava l’ora della libera uscita: un lavaggio rapido (la doccia tutti i giorni ce la potevamo scordare), una spazzolata ai denti col “Binaca”, una lavata a mani e viso col sapone “Zignago”, un po’ di “Linetti” sul ciuffo e via verso la libertà.

 

E’ fuori che ci esercitavamo nell’anticonformismo e nella ribellione, assumendo linguaggi e modi da teddy boys, scandalizzando così le vecchie signore e le brave ragazze dell’Azione Cattolica. Si andava subito a fare una gara a Flipper, poi si girovagava a zonzo, spesso a caccia di ragazzotte compiacenti (piuttosto rare in verità).

 

(continua)

 

 

 

Gabriele D’Amelj Melodia

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