April 2, 2025

“Corro da te, oh quando la sensazione è giusta corro tutta la notte, corro da te”. (Brian Adams)
Sotto le Torri degli Asinelli girava voce che era arrivata una band interessante e coinvolgente proveniente dal Tacco d’Italia. La curiosità portava diversi giovani appassionati di musica a frequentare la sala prove del gruppo pugliese. In quel posto, il cuore di Dario iniziò presto a battere forte per Anna Rita, una ragazza dagli occhi chiari come il mare, i capelli ricci e le labbra carnose, con i piccoli piedi nudi che danzavano sulle canzoni. Nei suoi discorsi c’era sempre un ricordo, un riferimento nei confronti del padre, capostazione delle Ferrovie dello Stato a Forlì:
“Mio padre è cresciuto a immaginare i viaggi. Da piccolo emulava il fischio del treno. E’ entrato in ferrovia e ha visto gli altri viaggiare. Lui è ancora fermo sotto una pensilina”.

Dotata di una bella e possente voce, Anna Rita aveva un lavoro stagionale presso la reception di un grande albergo sulla riviera romagnola. Il feeling con Dario era quello giusto, un unico cuore pieno di gioia e rivoluzione. La ragazza era spesso coinvolta come corista durante le registrazioni. Stava per diventare a tutti gli effetti un nuovo componente del gruppo. Con l’ingresso di Anna Rita, la band aveva modificato gli arrangiamenti. Alcune canzoni rimasero simili, altre presero nuova vita:

“La mia voce è frutto di sensazioni” – raccontava Anna Rita – “Non ho mai elaborato o studiato nulla in funzione di essa”.
Amore e musica si mescolavano in tutti i luoghi. Dario e Anna Rita pensarono di comprare un’auto per gli spostamenti. La scelta non fu casuale. I due ragazzi scelsero una Citroen 2 CV Charleston bordò-nero, la cosiddetta “due cavalli”, un’auto come stile di vita grazie al suo look un po’ retrò e decisamente simpatico. Quella curiosa auto sempre piena di chitarre, zaini e sacchi a pelo, nonostante la totale assenza di comfort, divenne il loro nido d’amore.

 

“Ricordo il primo viaggio in una Citroen Dyane, una mano sul volante, l’altra sulla penna, finchè non abbiamo raggiunto la terra promessa, un posto migliore da comprendere”. (Via del Blues)
Dario e Anna Rita amavano il mare ma non la riviera romagnola, troppo piena di schiamazzi, alghe e balere dove il simpatico ritornello “Romagna mia, lontan da te non si può star!” di Casadei risuonava nell’aria in ogni momento della giornata. Dario era un ragazzo simbolo del sud, la ragazza inseguiva il sogno europeo: sembrava una grande storia che meritava una adeguata sceneggiatura.
“La loro storia è forse un po’ troppo intinta nello zucchero”, commentavano ironicamente gli amici. A Dario e Anna Rita piaceva rispondere:
“Il passato non è più, del futuro non si sa, godiamo un bellissimo presente”.

Anna Rita rappresentava uno stimolo alla cultura e all’ampliamento della conoscenza. Dario invece era una forza della natura, il sangue rigenerato del più orgoglioso degli uomini del sud. Forse per questa naturalezza e innocenza fece breccia nel cuore della ragazza dagli occhi verdi. I componenti della band riuscivano a organizzare con successo i turni di lavoro coniugando bene gli impegni lavorativi a quelli musicali. Un giorno assistette alle sessioni un certo Amedeo, detto “il messicano” per la folta chioma e un paio di baffi spessi e cespugliosi. Dietro a quella faccia da tricheco si nascondeva un noto critico musicale e produttore discografico, molto temuto e rispettato dai musicisti del nord Italia. Il messicano rimase colpito dalle esecuzioni dei musicisti salentini, tanto da chiedere una demo per un ulteriore e più attento ascolto. Amedeo “il messicano” nel continuo divagare da regione in regione finiva per mettere a confronto le varie band incontrate. Quasi ogni regione presentava caratteristiche importanti e differenze di stile. Les Guitars & Guns avevano una marcia in più. Alcuni giorni dopo, Amedeo si presentò alla band con un contratto da firmare che comprendeva una serie di concerti, un disco 45 giri e un inedito da inserire in una compilation di gruppi emergenti italiani. Il messicano, dopo la firma sul contratto si rivolse ai componenti:

“Siete una band solida, il tempo ci dirà se sarete in grado di diventare una vera band con un sound proprio e canzoni più personali. Ho fiducia in voi”.

Les Guitars & Guns partivano con un progetto ambizioso. Nell’aria c’erano ancora gli echi di un’estate che stava terminando ma il rock italiano si prestava ad ascoltare la colonna sonora portante dei sogni più magnifici di un gruppo di ragazzi determinati del profondo sud. Poteva così iniziare ufficialmente una storia musicale di cruda purezza. Les Guitars & Guns iniziarono a mettere sulle demo le prime canzoni, a suonare dal vivo come forsennati e a conquistare una fama crescente supportati da centinaia di agguerriti sostenitori. Il palco spingeva a suonare sempre più potenti ma con grande classe, mostrando le diverse facce della band. On stage, i giovani rockers sottolineavano quanto un viaggio dalla terra d’origine fosse ben ripagato da un colpo d’occhio come quello che si trovavano davanti durante i concerti.

“Quelli del sud suonano meglio forse perché trattasi di una terra di sognatori”. Commentava con entusiasmo la gente. Les Guitars & Guns facevano scivolare le piccole platee dei locali dentro una vera e propria festa collettiva. La matrice politica e proletaria, porterà il gruppo a suonare nelle assemblee studentesche e durante le manifestazioni di piazza dei lavoratori condividendo denuncia sociale ed estetismo culturale al servizio di messaggi civili. La chitarra di Dario era supportata da un gruppo che girava a mille. Quando si concedeva qualche pausa, erano Mario, Donato, Pierluigi e le magie di Giorgio al mixer a rubargli la scena. Anna Rita era la ciliegina sulla torta. Era la corista che mancava: voce struggente, tosta, profonda, associata a un’infinita grinta. Erano i giusti ingredienti per un sound che ti entrava e scorreva nelle vene fino a toccare il cuore e accarezzare l’anima. Gli articoli sulle fanzine locali e le interviste alla radio crescevano ogni settimana:

“Veniamo tutti da famiglie di operai e contadini” – raccontava Mario – “La musica non era certo tra le cose prioritarie. Quello che ascoltavamo veniva trasmesso alla radio. I nostri genitori dicevano che abbiamo dimostrato sempre interesse per la musica anche se non potevamo permetterci di comprare strumenti nuovi. Siamo tutti autodidatta. Siamo cresciuti scambiandoci informazioni, pane e amicizia vera”.

Dario aveva personalizzato la sua chitarra prendendo spunto dal celebre messaggio di Woody Guthrie:
“This machine kills fascist”.

Gli echi di quello slogan contro soprusi e razzismi, associati a canti per la libertà e di resistenza risuonavano forte nei testi dei Les Guitars & Guns.
“Piuttosto moriamo sui nostri piedi, che continuare a vivere sulle nostre ginocchia”. (James Brown)

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