“Stamattina mi sono svegliato e ho bevuto una birra. Il futuro sembra incerto e la fine più vicina”. (Doors)
Les Guitars & Guns tornarono molto contenti da quella incredibile esperienza londinese. Nel viaggio di ritorno le loro strade stavano per dividersi nuovamente. Dario doveva tornare a Marittima nel Salento, aveva avviato con successo una nuova attività nei campi. Gli altri componenti del gruppo erano diretti a Bologna, c’era il lavoro ad attenderli. A Fiumicino tutti i ragazzi si lasciarono andare in lunghissimi e affettuosi abbracci. Si erano sentiti sempre come tanti fratelli. Ma quel giorno, per la prima volta, c’erano le lacrime sui volti che affondavano nell’intimità di ogni singolo individuo. C’era un’ultima birra da consumare insieme. Ogni saluto, ogni brindisi era come un’incognita, un abbandono, uno squarcio di sofferenza:
“La nostra band è una sorta di famiglia” – diceva Donato – “Ci siamo studiati, abbiamo visto che c’era un’intesa e ci siamo detti: Non è male! E non ci siamo più lasciati”
In quella settimana i controllori di volo avevano deciso di proclamare uno sciopero. Furono diversi i voli cancellati in arrivo e in partenza. Ci fu una grande partecipazione e una forte astensione degli addetti agli scali italiani. Anche l’aereo per il “Papola” di Brindisi rischiava un ritardo di diverse ore. Dario pensò di noleggiare un’auto per risparmiare tempo e soprattutto un’attesa snervante nelle sale d’attesa dell’aeroporto Fiumicino di Roma. Il viaggio di ritorno era una nuova collezione di avventure attraverso ricordi e scoperte. Un nuovo diario di bordo che veniva scritto nella testa e poteva dare vita a nuovi spunti per creare nuove canzoni e poesie.
Dario pensava a quel concerto inglese, a quella bellissima vacanza che era stata un’occasione per rivedere i vecchi amici. Un tempo ritrovato sembrava davvero essere l’unico risarcimento possibile per i tanti sogni dissolti nel nulla. Durante il ritorno nel profondo sud, quella esperienza londinese gli aveva restituito il senso, l’umanità collettiva dello stare al mondo insieme alle persone più care. La bellezza e il pathos delle canzoni riuscivano a parlare alla vita.
Nei pensieri, Dario ricordava quella cameretta di campagna, deposito di ragnatele, abitata da insetti e formiche, tappezzata con i poster dei suoi primi idoli musicali e le prime canzoni sulla chitarra polverosa e scrostata che nutrirono la fantasia per perseguire un obiettivo inseguito per lungo tempo. Dario aveva trasformato la desolazione in gioia. Voleva praticare arte non per ottenere soldi o fama. Voleva sperimentare cosa ci fosse dentro se stessi per far crescere la propria anima. La musica era una forma di terapia del cuore. Il blues e il rock’n’roll rappresentavano un luogo di frontiera, un terreno propizio all’immaginazione. Un mondo costruito un po’ a caso ma che era la sua ragione di vita, una nuova resurrezione, utile per rosicchiare un po’ di felicità perduta.
Dario non sapeva resistere al fascino di un bellissimo tramonto. Dopo aver superato la costa sud laziale e i monti dell’Irpinia, gli ulivi delle campagne del nord barese facevano da sfondo al viaggio. Quel giorno la Puglia non era mai stata così bella. Dario ammirava quei bellissimi villaggi collinari rivestiti di intonaco bianco, le sue belle e lunghe coste, le spiagge meravigliose e quelle schegge di luce che illuminavano il Gargano e le Murge. Nei pensieri, la natura si ergeva protagonista con i paesaggi evocati dal canto degli uccelli e dal suono delle campane.
La solitudine di un viaggiatore in auto veniva interrotta dalle canzoni trasmesse alla radio:
“Sono un uomo viaggiatore. Ho fatto molte tappe intorno al mondo ed in ogni luogo possiedo un cuore di almeno una dolce ragazza”. (Ricky Nelson)
All’uscita del curvone tra Monopoli e Fasano, lungo la statale 379, un potente raggio di sole si rifletté sui Ray-Ban del ragazzo. Lo accolse un improvviso calore che non aveva mai provato sulla pelle. Un odore acre di bruciato e la visione di un incidente con alcune auto coinvolte apparsero d’un tratto come un enorme quadro pietrificato. Dario decise di superare subito quella coltre di fumo denso. Scorgeva una nuova luce che ispirava fiducia per la lunga strada ancora da percorrere. A poche centinaia di metri, in una piazzola di sosta, si intravedeva la figura di una donna con uno zaino colorato sulle spalle. Chiedeva un passaggio con la mano. Dario pensò di fermarsi e di accogliere nell’auto presa a noleggio quella giovane donna dal viso dolce, quasi angelico, con gli occhi scuri, i capelli dai riflessi rossi e ondulati, con un fiore nella mano sinistra e con la pelle che emanava un intenso profumo di ciclamino.
“Ciao, dove vai?” – chiese Dario
“Mi aspettano gli Angeli per un concerto”, rispose la ragazza
Dario, pensieroso e incuriosito, fece entrare la ragazza.
“Esci sulla complanare per Serranova e poi prendi un viale che ti indicherò” – suggerì con un sorriso la bellissima donna.
La radio sintonizzata su una stazione locale passava la canzone “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin. In quel momento sembrava una sorta di premonizione:
“E sorgerà un nuovo giorno per coloro che da tanto aspettano, e le foreste echeggeranno di risate”.
Dario, con aria serena, si diresse verso la Riserva Naturale di Torre Guaceto. Davanti a sé comparve una strada sterrata con i muretti a secco tra una fitta e meravigliosa macchia verde mediterranea che portava verso la spiaggia. Di fronte si ammirava l’orizzonte tinto di azzurro, lungo il quale, tra il cielo limpido e un immenso arcobaleno sul mare cristallino, una luce bianca fortissima, immensa, fungeva da richiamo mentre alle spalle la nebbia oscurava la strada. Era l’ultima percorsa su questa terra da Dario, alla quale ha donato con grande umiltà, la sua storia fantastica e surreale, piena di amicizia, resilienza, musica e umanità.
Prima dell’ultima curva, Dario si immergerà nei profondi occhi della ragazza e nel suo splendido sorriso, con un quesito:
“Ho amato abbastanza? Quali sono stati i miei doni alla vita terrena? L’arte è un luogo sicuro nella vita per sperimentare i sentimenti, quelli gioiosi e quelli difficili. Dobbiamo solo provare vergogna per ciò che perdiamo e recuperare i nostri affetti per non pentirsi mai. Il rancore e l’odio non possono appartenerci. Abbiamo bisogno di nutrire il nostro cuore, di feroci emozioni, di perdonare e di innamorarci sempre. Spero di aver amato il prossimo nella giusta misura come in una romantica favola blues”.
“Issi ti la statali, vani ‘ddò stà sempre lu soli, trasi ‘ntra la stirrata ca ti porta allu viali ca si lassa tuttu tretu. Lu sacciu ca ti stu mesi li sciurnati so propria afosi, tu tira drittu e nò cci pinsari e vani ‘ddò stà sempri lu soli e lassa tuttu tretu. E quando a ‘rrivatu a ‘mmari ‘uarda ti costi alli reti, pigghia ‘nna varca e ‘ccumenza a rimari, vani allu largu e lassa tuttu tretu. E quando lu soli cala e lu mari e lu cielu so ‘nnà cosa sola lassa puru ti rimari e vani ‘ddò ti porta lu volu e lassa tuttu tretu”. (Amerigo Verardi)
(Esci dalla statale, vai dove c’è sempre il sole, entra nello sterrato che ti porta al viale che si lascia tutto dietro. Lo so che in questi mesi le giornate sono afose, tu tira dritto e non pensarci e vai dove c’è sempre il sole e lascia tutto dietro. E quando sei arrivato al mare guarda a fianco alle reti, prendi una barca e comincia a remare, vai al largo e lascia tutto dietro. E quando cala il sole e il mare e il cielo sono una cosa sola lascia pure di remare e vai dove ti porta il volo e lascia tutto dietro).
FINE
MARCO GRECO
No Comments