Nove consiglieri comunali di Mesagne hanno firmato le dimissioni davanti al notaio Francesco Di Gregorio.
Finisce cosi l’avventura di Carmelo Molfetta a Sindaco di Mesagne.
A decretare la fine dell’amministrazione è stata la maggioranza (oramai ex) capeggiata dall’ex onorevole Toni Matarrelli e da Gino Vizzino. Si sono dimessi anche due assessori (Alessandro Cesaria e Antonello Mingenti), il presidente del consiglio Giuseppe Semeraro, i consiglieri di maggioranza Elvy Zurlo e Toni Esperte e due consiglieri di opposizione Francesco “Ninni” Mingolla e Alessandro Pastore (entrambi del Partito Democratico).
Questa la reazione di Molfetta affidata ad un comunicato stampa:
“Alla fine di questa mia esperienza amministrativa sento il dovere di ringraziare tutti coloro, che a vario titolo, in questo tempo, hanno offerto il loro impegno a servizio del bene comune per la nostra Città.
Ringrazio i rappresentanti dalle forze dell’ordine: Sua Eccellenza il Prefetto dr. Valenti, il sig. Questore dr. Masciopinto, il Comandante Provinciale dei Carabinieri col. De Magistris, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza col. Manno, il Maresciallo Taurisano, il Comandante Libascio e la dr.ssa Cotardo, con tutti ho avuto rispettosi e cordiali rapporti di collaborazione a tutela dell’ordine pubblico e della legalità.
Ringrazio sua eccellenza l’Arcivescovo Mons. Caliandro e tutto il clero della nostra comunità per l’alto contributo che quotidianamente offrono per il progresso civile e morale .
Ringrazio l’intero corpo associativo mesagnese nelle sue varie articolazione che rappresenta il cuore ed il motore vero della nostra collettività e che è esempio fertile di civismo e di solidarietà.
Ringrazio le istituzioni scolastiche per l’alta funzione educativa che svolgono in favore dei nostri ragazzi. Nei giovani ripongo inalterata tutta la mia fiducia e la mia speranza per un futuro migliore.
Ringrazio il Presidente del Consiglio avv. Semeraro e tutti quei consiglieri comunali che si sono prodigati per dare lustro e onorabilità ad una istituzione fondamentale per il nostro ordinamento e che, come tutti gli strumenti di rappresentanza democratica, è oggi fortemente in crisi.
Ringrazio tutti gli assessori che hanno collaborato con me certamente ed esclusivamente con spirito di servizio.
Ringrazio il Segretario Generale e tutto il personale dipendente del Comune di Mesagne e soprattutto coloro che ogni giorno rispondono al dovere morale di servire i propri cittadini.
Ringrazio infine tutti i mesagnesi per la fiducia a suo tempo accordatami che ho cercato di onorare dispiegando tutte le mie energie senza risparmiarmi, cercando sempre di servire il mio paese nel rispetto dei valori costituzionali, delle leggi dello stato, dei miei principi morali e della dignità e umanità di tutti.
Ora riprendo un po’ della mia vita, la mia professione, l’impegno sociale e politico di sempre e guardo avanti con la coscienza a posto e senza rimpianti.
Di seguito la nota del Partito Democratico di Mesagne.
Neanche fossero stati su Marte fino al momento della firma delle loro dimissioni davanti ad un notaio, la gran parte dei consiglieri di maggioranza, in una nota, ha bollato come fallimentare l’esperienza amministrativa di cui loro stessi sono stati artefici e protagonisti.
Finanche gli assessori hanno apposto la loro firma su un documento nel quale si è scritto che, per conclamato fallimento, dovevano andarsene a casa. Di questi ultimi, però, si scrive che abbiano svolto un ottimo lavoro. Qualcuno, ma davvero bravo, dovrebbe spiegare a noi e alla città perché si manda a casa un’ amministrazione se si pensa che l’operato dei suoi assessori sia stato ineccepibile.
Così come, prima o poi, qualcuno ci spiegherà da cosa è dipeso l’abbassamento di voce, durato quasi quattro anni, che ha impedito a questi consiglieri di parlare, di denunciare problemi, di interrogare il Sindaco, di metterlo in discussione nel corso dei trentotto consigli comunali nei quali non hanno proferito parola.
Il destino di questa amministrazione era già scritto all’atto della sua nascita. Una operazione finalizzata alla sola conquista e gestione personalistica del potere aperta a tutti, indistintamente, purché non si facesse caso a identità, provenienze, idee, arnesi, questi, ormai fuori moda. Di tutto questo il Sindaco è responsabile ma certo non in misura maggiore all’ex deputato Matarrelli e al partito-sindacato di Vizzino.
Per queste e per altre ragioni noi non avevamo alcun dubbio che dovessero tutti quanti andare a casa. La matrice personalistica e trasformistica di questa pseudo innovazione politica, al grido di “superiamo gli steccati ideologici!”, si è vista e come in questi quattro anni: nella gestione del progetto Sprar; negli innumerevoli incarichi esterni con relativo sperpero di danaro pubblico;
nella politica sul personale comunale riorganizzato più per accondiscendenza che per meriti sul campo (altro che rivoluzione copernicana!). E fuori dalla gestione il nulla o poco più per una città che avrebbe disperato bisogno di essere ripensata nei settori più nevralgici.
Di tutto questo può essere responsabile il solo sindaco? Gli altri che forse più del Sindaco, in molte occasioni colpevolmente silente, hanno operato su tutti gli aspetti della vita amministrativa pensano di poter riconquistare una qualche verginità da spendere nella perenne campagna elettorale?
La discussione su tutto questo si è voluta evitare facendo fallire artatamente l’iniziativa del PD, il quale era intenzionato a chiedere un confronto in consiglio comunale e con quei consiglieri che sono già in giro a chiedere i voti per tornare ancora una volta a Palazzo Celestini (speriamo che la prossima volta gli torni almeno la voce).
Il punto è che il Sindaco non doveva andare a casa per le suddette ragioni ma perché il suo scranno dopo le politiche del 4 marzo serviva di nuovo libero. E come quando nel classico gioco delle sedie i giocatori sono troppi qualcuno prima o poi viene eliminato, questa volta è stato il turno di Pompeo Molfetta.
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