May 4, 2025

presepe11-430x274[1] Giorni fa mia nipote mi ha posto una domanda, di quelle a cui uno zio avanti negli anni non può sottrarsi o, peggio, rischiare di rispondere in maniera approssimata. Mi ha chiesto a cosa si rifà la tradizione di portare il Bambinello in giro per la casa la notte della vigilia di Natale.

 

Ma guarda cosa l’è venuta in mente, ho detto tra me e me. Quella processione è una consuetudine che nelle famiglie brindisine (e non solo) esiste da sempre e credo che nessuno abbia mai pensato al perché.

 

Ora invece quel perché me lo sono trovato all’improvviso davanti come il palo contro cui va a sbattere l’ubriaco. Così, di getto, le ho risposto che si tratta di una tradizione popolare. Una di quelle che affonda le radici nella notte dei tempi della simbologia cristiana. Probabilmente nata nella cattolicissima Napoli e poi propagatasi nel resto del Regno.

Insomma le ho dato una non-risposta che non aveva soddisfatto nemmeno me.

 

Ho dovuto fare ricorso al cuore per tirarmi fuori dall’impiccio. Sempre lui! Quello al quale si ricorre quando la ragione dichiara forfait. Quello col quale bisognerebbe dialogare più spesso. E la risposta, credo, alla fine è giunta.

 

La processione del Bambinello nelle mani del più piccolo della famiglia, nella credenza popolare, sta a significare l’ingresso santificante del Signore nelle case. E il coinvolgimento del clan famigliare al completo, con tanto di canti e luci delle candeline, non fa che accrescere l’importanza del rito devozionale.

 

benedizione-case[1] Un rito che ha qualche attinenza con quello della benedizione delle case che i sacerdoti fanno nel periodo pasquale. Con la differenza, come dicevo, che nella processione di Natale c’è la presenza importante di una famiglia allargata. Quella dei nonni, dei genitori, degli zii, suoceri, cognati, cugini… Non certo la famiglia allargata come oggi è intesa.

 

La risposta al quesito è stata fornita, la nipote mi è sembrata soddisfatta e invece… Invece da quel momento sono cominciati i miei pensamenti. Vuoi vedere, mi dico, che salta fuori qualcun altro che, sbandierando il politically correct, mette in discussione anche questa tradizione cristiana, oltre a quella dei crocifissi e dei presepi nelle scuole? Vuoi vedere che finiranno per sparire anche le grotte (i presepi, quelli costruiti con tanta pazienza e amore dai papà per la gioia dei piccoli, non esistono più da tempo)? E non ci saranno più queste gioiose processioni casalinghe? E rimarranno solo alberi, Babbi Natale e regali costosi?

 

Quando invece, a proposito dei regali, ci possono essere attestati di felicità quasi a costo zero. Quando, cioè, abbiamo la possibilità di sorprendere un famigliare, ma anche un amico, un collega, un vicino di casa con un regalo inatteso, non troppo costoso per non metterlo in imbarazzo se non lo ha ricambiato, ma prezioso per il solo fatto di essere stato pensato. Perché, più che il regalo in sé, conta il gesto attraverso il quale riscaldiamo una relazione, la rinsaldiamo, ne sottolineiamo l’unicità.

 

Perché il Natale va vissuto nell’intimità della casa e non certo sotto le luci sfavillanti dei negozi dei Centri commerciali o nella baraonda di suoni e luci della città.

 

cenone-di-natale[1]   Mi chiedo se sia appagante una società in cui pochi s’ingozzano bulimicamente, si vestono di stracci (firmati) “made in China” e si scambiano costosi e inutili doni. Mentre la restante parte (anziani in testa), condannata all’indigenza più mortificante, combatte la quotidiana battaglia per la sopravvivenza.

Per non parlare che di queste feste ciò che rimane sono poi le tonnellate di spazzatura (con la conseguenza di una tassa sulla spazzatura salita alle stelle!), lo sfregio dei beni pubblici e monumentali e il rimbombo dei botti nelle menti di anziani e ammalati (e, aggiungerei, anche degli animali). Insomma il segno avvilente di uno scomposto spettacolo finalizzato a tutto, meno che al richiamo e al mistero della spiritualità del Natale.

 

Dice papa Francesco: «Abbiamo oscurità nel cuore, oscurità nella famiglia, nella città, nel Paese, nel mondo. Oscurità esistenziale che vogliamo risolvere con maggiore oscurità. Ci lasciamo ingannare da luci che non sono vere. Da lampioncini artificiali o da grandi fuochi che illuminano un minuto e poi se ne vanno…».

Insomma ci hanno sequestrato il Natale e, a questo punto, abbiamo l’obbligo di riscattarlo. Soprattutto salviamo quello dei bambini, confessando a noi stessi che non sono loro a chiederci il troppo, ma noi a donaglierlo.

 

È con questa speranza nel cuore che auguro a tutti i lettori di Brundisium.net un Natale in cui le luminarie delle vie tendano ad affievolirsi e, in compenso, si accendano nelle persone le luci della fede e dell’amore.

 

 

Guido Giampietro

 

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