Quando scompare una star, è giusto tributarle osannanti panegirici “ a prescindere “ o è più equilibrato esaminarne luci ed ombre con imparziale obbiettività?
di Gabriele D’Amelj Melodia
Ogni volta che se ne va un personaggio noto, non necessariamente illustre, insomma uno dei cd “ Vip “ dell’attuale società, invero più gommosa che liquida, la gioiosa macchina da guerra tecnologica della comunicazione spinta, innesca il perverso meccanismo omologante dell’enfasi memorialistica, della celebrazione esagerata e stucchevolmente retorica.
Ricorrendo quasi ai medesimi cafoneschi effetti speciali con cui si celebrano i vincitori dei mega show o dei talent televisivi, gli scomparsi vengono acriticamente sommersi da un profluvio di commossi omaggi e plausi sperticati. Se ad andarsene è un politico, questi sarà ricordato come un integerrimo rappresentante del popolo “ con un alto senso delle Istituzioni “, se è un attore diventerà subito una storica pietra miliare del teatro e del cinema italiano. Anche un calciatore di fascia media, morendo, diventa un campione che ha dedicato il fiore degli anni alla “ sua “ squadra bandiera.
Ieri è toccato a Marina riscuotere generosi tributi d’affetto, di riconoscenza, di elogio per la sua vita libera e coraggiosa. Vittime della suggestione a catena, uomini e donne d’Italia si sono cimentati sui social in esercizi di entusiastiche lodi. Dal punto di vista umano ci stanno tutte, anche perché, a caldo, l’onda emotiva spinge ad applicare generiche forme di benevola indulgenza e di pietà, non solo cristiana. Ma le cose stanno un po’ diversamente e sarebbe ingiusto, oltre che ipocrita, ignorare alcuni dati oggettivi che riguardano l’avventurosa esistenza della defunta regina dei salotti.
Bella, simpatica, disinvolta e dotata di glamour, di ironia e di naturale effervescenza, quasi fosse una Perrier umana, non certo colta ma intelligente e soprattutto anticonformista e ribelle, coraggiosa nel portare avanti le sue battaglie, la Marina Elide Punturieri da Reggio Calabria è stata la marina più incantevole d’Italia , superiore a quella marina del lungomare di Reggio che invece Gabri D’Annunzio riteneva fosse la più bella d’Italia.
Il problema è che lei, già figlia della borghesia agiata reggina, ha poi sposato il duca Alessandro Della Rovere e in seguito il marchese Carlo Ripa di Meana. Ha quindi trascorso una vita intera tra l’ovattato confort di case patrizie, circondata da personale di servizio e da gente che la vezzeggiava ed omaggiava, con mariti che la coccolavano e la viziavano perdonandole tutte le bizze, proprio come si fa nei riguardi delle dive. Ora, comprenderete che in questo dolce contesto, non ci vuole poi molto a praticare le “ virtù “ del coraggio e della libertà.
Ma, certamente, il coraggio e la voglia di autentica libertà mostrate da molte donne italiane nella nostra storia patria ,lontana e vicina, sono davvero un’altra cosa… Devo forse ricordarvi le immense figure di donne come Nilde Iotti, Tina Anselmi o Sibilla Aleramo? E anche nel mondo dello spettacolo e del costume, mi pare abbiano avuto più peso donne del calibro di Virna Lisi, Anna Proclemer, Mariangela Melato, Lauretta Masiero, Delia Scala, Carla Fendi o Laura Biagiotti.
Ci sono poi madri, spose, figlie e sorelle che sono esempi di dedizione alla famiglia e al proprio lavoro, splendide donne che affrontano le battaglie civili, l’impegno politico e sociale, che fanno volontariato, e che si occupano anche della tutela e salvaguardia degli animali, uno dei pochi campi in cui eccelleva l’estinta.
Marina passerà alla storia per i suoi incredibili cappellini, per la sua verve, la sua fantasia e la grande capacità comunicativa. Nella sua vita ha fatto la commerciante, la stilista, la “ scrittrice “, se pur con generosissimi editing, l’attricetta di film modesti e persino la regista di un film flop ( Cattive ragazze,1992 ), finanziato con denaro pubblico dall’amico ( suo ,non solo di Carlo ) Bettino Craxi. E’ stata valletta di Costanzo, protagonista di fiction e di reality, femmina da salotto e soprattutto da letto. Non mettiamoci fette di prosciutto davanti agli occhi. Ha cornificato a lungo entrambi i sorridenti coniugi con amanti come il pittore Franco Angeli, per il quale non esitò a prostituirsi per procurargli la coca ( non Cola ), come il giornalista dell’Espresso Lino Jannuzzi , lo scrittore Alberto Moravia ed altri ancora, vantando anche rapporti saffici conclamati e dichiarati nei suoi libri.
Viziata, raccomandata, esibizionista, ostentava il suo snobismo e la sua ricchezza, senza alcuna vergogna, al pari di quando lanciò la campagna pubblicitaria contro le pellicce animali. In quel frangente si fece fotografare nuda e con in primo piano un folto vello nero da fare invidia a quello immortalato da Courbet nel celebre quadro “ L’origine del mondo “. Lo slogan di quella campagna era “ Questa è l’unica pelliccia che non ho vergogna di indossare “. Originale e trasgressiva senz’altro, ma dove sta il coraggio, l’impegno, l’atto forte e nobile da tramandare alla postera venerazione?
Marina mito dunque, ma non certo un modello e un esempio.
Il fatto è che questo tipo di donna fatale, come Marylin Monroe, Lady Diana o Moana Pozzi, ha sempre costituito per la gente comune una maliosa e irrazionale attrattiva, spesso frutto di ingenua mitizzazione e dell’inconscia frustrazione di non essere “ come loro “. In perfetta buona fede, la massaia, la studentessa o la giovane shampista, sognano di immedesimarsi in queste donne che vivono un’esistenza dorata ricca di ogni soddisfazione, e così la reale immoralità dei comportamenti di certe dive viene in qualche modo alienata, sublimata sull’altare di un’ immaginifica immedesimazione. La ragazza che lava le scale del condominio, suda, sbuffa ma spera in cuor suo di fare un book o di vincere un talent, perché poi anche lei potrà fare la” dolce vita”, come quelle belle dame che appaiono in televisione e ricevono sorrisi e applausi. E se qualcuno di loro si prostituisce ad Arcore o gira film porno, vuol dire che ,in fondo,non ci deve essere nulla di male …” Così fan tutte “.
Addio affascinante, sfrontata Marina frou frou, dal sorriso libertino e impertinente. Ti ricorderemo per quello che davvero sei stata, nel bene e nel male. E scusami se ti posso essere sembrato bacchettone e moralista. Non lo sono affatto, ho cercato soltanto di essere obbiettivo ed equo nel tracciare quello che per me è il tuo ricordo, la tua immagine ( e non immaginetta ).
Sono certo che nel mondo dove adesso sei approdata, riuscirai subito a trovare il modo di renderti simpatica e a fare colpo sui nuovi compagni. Sicuramente li conquisterai tutti, con quel tuo savoir fair ricco di lieve frivolezza. Un solo piccolo avvertimento: attenta a muoverti sempre con soave umiltà, senza mai indulgere in quegli atteggiamenti di fredda superbia tipici degli appartenenti alla noblesse: che non oblige. Ricorda sempre “ A livella “ del principe De Curtis, che sicuramente incontrerai presto. Abbracciamelo con affetto e incamminati con lui su di un rosato sentiero di soffici nubi: tra voi nobili vi intenderete alla grande!
Gabriele D’Amelj Melodia
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