Il progetto Enea sulla non avrebbe seguito le strade della legge che prevedrebbero una informativa pubblica ed una inchiesta pubblica.
E’ questo il pensiero di Michele Errico nel corso di una conferenza stampa indetta oggi dalla sua Fondazione Lazzati.
“Quasi nessuno sapeva niente di questo progetto – ha esordito l’ex Sindaco e Presidente della Provincia -. Il progetto partito nel novembre 2016. E per questo alcuni comuni che erano stati indicati come possibili siti vi è stata una informativa pubblica con deliberazioni dei consigli comunali e regionali.
Nel caso di Brindisi, invece, si è determinata una convergenza di opinioni solamente tra pochissime persone: Amati, Emiliano, Rossi, Vizzino, Tomaselli e qualche altro.
“E’ un procedimento fuori legge – ha dichiarato Errico – perché un decreto del 2007 prevede la necessità di una informativa pubblica. E’ opinione comune che certi progetti che hanno un rilevante impatto sul lavoro e forse sulla sicurezza siano condivisi dalla maggioranza della popolazione”.
Per onor di cronaca va sottolineato che, secondo altre e qualificate fonti, non si ravviserebbe alcun elemento di illegittimità nel bando pubblico emesso da Enea oltre tre mesi fa per la selezione finalizzata alla scelta di un sito per l’insediamento dell’esperimento DTT (Divertor Tokamak Test).
E’ si vero che alcuni Comuni hanno deciso di far pronunciare il consiglio comunale ma è altrettanto vero che, in uno con la proposta di candidatura approvata dalla Regione Puglia, è stato siglato uno schema di protocollo di intesa tra Regione Puglia, Provincia di Brindisi e Comune di Brindisi – allo stato impossibilitato a far esprimere il Consiglio Comunale.
Tra l’altro appare evidente che la sola partecipazione di un Ente locale ad un bando pubblico per ottenere finanziamenti per la realizzazione di una struttura, senza la sicurezza di essere vincitore, non dovrebbe comportare alcuna evidenza pubblica né la necessità di consultazione popolare.
Tra l’altro il carattere europeo del progetto, il qualificato parterre di investitori e la circostanza che l’Enea sia uno dei maggiori enti pubblici italiani, il leader nella ricerca e nell’ambientalizzazione, dovrebbero rappresentare una certezza sul versante della sicurezza e sulla trasparenza
Il progetto del DIVERTOR TOKAMAK TEST Facility è un “esperimento innovativo”, ideato dai ricercatori dei principali enti di ricerca italiani (ENEA, CNR, INFN), unitamente ad alcuni tra i principali atenei del paese e condiviso anche da EUROfusion (Consorzio europeo per lo sviluppo della fusione nucleare).
Si tratta di un’infrastruttura strategica di ricerca che svilupperà anche tecnologie innovative per la competitività del tessuto imprenditoriale, con ricadute scientifiche, tecnologiche ed economiche di grande interesse per il sistema produttivo italiano e regionale.
L’investimento complessivo per la costruzione del sito è stimato in complessivi 500 Milioni di euro, ripartiti tra Banca Europea degli Investimenti (250 milioni), EUROfusion (60 milioni), contributi dalla Repubblica Popolare Cinese, partner scientifico del progetto (30 milioni di euro), finanziamenti nazionali di varia natura (160 milioni).
Secondo quanto riportato nel corso di un incontro pubblico organizzato dall’Enea lo scorso 20 Dicembre, a fronte di risibili effetti sull’ambiente legati al carattere radiogeno (e non nucleare) dell’esperimento, avrebbe un ritorno occupazionale davvero rilevante: 620 persone per sette anni di costruzione e 1250 lavoratori a regime.
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