Il Forum Ambiente Salute e Sviluppo ha inviato all’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale le osservazioni relativa all’istanza di rinnovo della concessione demaniale marittima in località Sciabiche per l’attracco dei rimorchiatori.
Le osservazioni contengono rilievi di carattere ambientale, sanitario, urbanistico e paesaggistico che a parere del Forum suggerirebbero una diversa collocazione della predetta attività.
Di seguito le riportiamo integralmente:
OGGETTO: Osservazioni e rilievi sulla istanza di nuovo rilascio di una concessione demaniale marittima di cui alla licenza n. 2016/0014/BR con scadenza 30/09/2019 , per complessivi mq 2390,80 nel Comune di Brindisi in località Seno di Ponente, località Sciabiche con scadenza 30/09/2023, presentata il 26/03/2019 dalla Impresa Fratelli Barretta Giovanni e Domenico srl, all’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale
La richiesta di rinnovo di concessione demaniale ci suggerisce le osservazioni e i rilievi di seguito indicati.
1) Nel corso di un incontro pubblico svoltosi il 1° marzo scorso alla presenza del Sindaco di Brindisi alcuni cittadini residenti in Via Thaon de Revel, sede della concessione in argomento, hanno rappresentato il fatto che nelle fasi di partenza ed arrivo dei rimorchiatori ormeggiati i fumi di scarico investono le abitazioni prospicienti. Ciò che è stato messo in rilievo da quei cittadini è opinione ampiamente diffusa e condivisa da associazioni di cittadinanza attiva e movimenti sociali.
2) Uno studio condotto nel porto di Brindisi dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR di Lecce e pubblicato sulla rivista scientifica Atmosferic Environment nel 2016 (Merico et al. Influence of in-port ships emissions to gaseous atmospheric pollutants and to particulate matter of different sizes in a Mediterranean harbour in Italy, Atmospheric Environment 139 (2016) 1-10) sostiene che 1) l’attività portuale contribuisce in maniera rilevante all’inquinamento atmosferico con emissioni di gas e particolato, 2) l’impatto maggiore si verifica sulle particelle ultrafini (con diametro inferiore a 0.25 µm), 3) le varie fasi delle attività marittime ( fase di arrivo, partenza e stazionamento) contribuiscono alle emissioni di frazioni di particolato di differente dimensione. Inoltre, secondo i dati dell’inventario delle emissioni al 2010 quelle legate alle attività portuali a Brindisi rappresentano il 23% delle emissioni totali di particelle del diametro massimo di 2.5 µm (PM 2.5). Si sottolinea come una vasta letteratura scientifica ha messo in evidenza che PM1 e PM2.5 sono le dimensioni di polveri aerodisperse più nocive per la salute umana in quanto in grado di penetrare dall’albero respiratorio nel circolo sanguigno.
3) Nell’ultimo documento di Valutazione del Danno Sanitario su Brindisi (recentemente redatto da ARPA, ASL e ARESS VDS 2019) si parla delle emissioni originate dalle attività marittime essenzialmente nelle fasi di manovra e di stazionamento delle imbarcazioni. Il documento precisa che il metodo utilizzato per la stima delle emissioni «per i principali porti pugliesi, compreso Brindisi per l’area in esame» impiega «una base informativa di dati opportunamente predisposta e richiesta agli enti locali interessati (Capitaneria di Porto, Autorità Portuale), stimando di conseguenza il relativo contributo emissivo. L’indicatore considerato è il consumo di combustibile delle varie imbarcazioni (classificate per tipologia, motore e stazza lorda) in transito nel porto nelle diverse fasi operative (manovra e stazionamento)». Alla luce di dette stime il contributo delle emissioni portuali all’inquinamento atmosferico non è così trascurabile come qualcuno si spinge a ritenere. Nel 2013 il predetto documento indica 1159 tonnellate di Anidride Solforosa su un totale di 6786 di tutte le attività traffico veicolare compreso (17%), 1421 tonnellate di Ossidi di Azoto su 10276 totali (14%), 110 tonnellate di PM10 su un totale di 558 totali (20%), circa 130 tonnellate del pericolosissimo PM2.5 su 454 totali (28%).
4) Tali emissioni non sono prive di conseguenze sulle popolazioni residenti nei pressi dei porti. Lo dimostra una vasta letteratura scientifica che da lunga data segnala effetti delle emissioni portuali sulla salute umana. Molto di recente è stato pubblicato uno studio sulla città di Civitavecchia (Bauleo, 2019 https://oem.bmj.com/content/76/1/48.abstract ) in cui si rileva che vivere in prossimità di un porto (entro 500 metri) è associato ad una più alta mortalità per tumore al polmone (+31%) e per malattie neurologiche (+51%).
5) Considerando tale aspetto si ritiene da più parti che ciò influisca negativamente anche sulle attività di ristorazione che ormai contraddistinguono quell’area, frequentata da una moltitudine di cittadini, in particolar modo durante la stagione estiva. Riteniamo vi sia sotto l’aspetto igienico-sanitario una incompatibilità fra le due attività: quella della ristorazione e la permanenza dei rimorchiatori con le aree logistiche necessarie.
6) Si rileva che il Piano Regolatore Portuale di cui alla Legge n 84 del 1994 e ss.mm. deve essere corredato da rapporto ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e sottoposto a procedura di Valutazione Ambientale Strategica ( art 5 comma 2-quater) e che l’art 4bis al comma 1 recita: “La pianificazione del sistema portuale deve essere rispettosa dei criteri di sostenibilità energetica ed ambientale, in coerenza con le politiche promosse dalle vigenti direttive europee in materia” e aggiunge al comma 2: “A tale scopo, le Autorità di sistema portuale promuovono la redazione del documento di pianificazione energetica ed ambientale del sistema portuale con il fine di perseguire adeguati obiettivi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2”. La concessione in questione deve tenere conto degli impatti ambientali e sanitari che ne derivano.
7) Sebbene le attività marittime non rientrino formalmente nel settore delle “manifatture e fabbriche”, dovrebbero essere oggetto delle cautele previste del RD n. 1265 del 1934 per le industrie insalubri il quale all’art 216 dispone che siano “tenute lontane dalle abitazioni”Si impone invero nel caso in esame l’interpretazione analogica della citata normativa per disposto dell’art. 12 del “disposizioni sulla legge in generale” (le c.d.”preleggi” anteposte al Codice Civile) il quale prescrive che nell’applicazione della legge, in mancanza di una “precisa disposizione”, si deve “avere riguardo alle disposizioni che regolano casi simili e materie analoghe”. Un precetto in questo caso rafforzato dal doveroso ricorso al “principio di precauzione”, considerato uno dei cardini del diritto ambientale, in forza del quale quando vi sono minacce di danno serio e irreversibile occorre adottare tutte le necessarie misure di prevenzione.
8) Occorre poi approfondire il problema della compatibilità dell’attività di cui si tratta e dei manufatti da ubicare in area portuale sotto il rilevante profilo urbanistico e paesaggistico. L’area oggetto della concessione demaniale all’impresa Barretta rientra nel centro storico di Brindisi (nella fascia ricompresa tra il porto e la cinta muraria) dichiarato di notevole interesse pubblico con DM 18 maggio 1999 ed inserito dal piano paesaggistico regionale nell’elenco degli “immobili ed Aree di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 136, lett. a), b), c) e d) del D.lgs n. 42/2004 e s.m.i. Ebbene la concessione appare in evidente contrasto con “i criteri per perseguire la qualità dell’assetto urbano” dettati dal Documento Regionale di Assetto Generale (DRAG), richiamati dall’art. 79 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale con riferimento agli immobili e alle aree di notevole interesse pubblico. Il principale criterio dettato dal DRAG per garantire la qualità dell’assetto urbano è la sostenibilità ambientale intesa in particolare come “miglioramento della qualità ambientale, architettonica e della salubrità degli insediamenti”, criterio la cui attuazine richiede “l’attenzione agli abitanti, poiché ogni scelta ed azione verso la sostenibilità è volta a migliorarne la qualità della vita”.
9) Il DRAG pone al centro di ogni attività umana incidente sull’assetto urbanistico il paradigma della sostenibilità che deve concretizzarsi nella eliminazione della esposizione a fonti di inquinamento tra cui rientra, come sopra ampiamente esposto, l’attività esercitata dall’impresa Barretta. A ciò però va aggiunto – ed il rilievo è di fondamentale portata – che il Piano di Recupero della zona A – Centro Storico non contempla tra gli interventi consentiti quelli di nuova costruzione, destinando l’area di cui si tratta ad interventi pubblici di Recupero di spazi urbani, tra cui non sembra rientrare la realizzazione di manufatti strumentali all’esercizio di un’attività economica privata. Ed anzi ne è conferma il fatto che il Piano di recupero prevede espressamente che gli interventi dovranno essere volti a mantenere le attuali destinazioni d’uso relative alle residenze, al commercio al dettaglio ed all’artigianato non nocivo, prescrivendo inoltre l’allontanamento delle attività nocive o comunque incompatibili con il restauro conservativo della zona. Vi è in sostanza un’assoluta incompatibilità tra la finalità del Piano Urbanistico Esecutivo di recupero e riqualificazione della zona su cui insiste l’area oggetto di concessione e l’attività esercitata dall’impresa Barretta . Né tale incompatibilità sarebbe contraddetta dall’aver qualificato l’intervento “riqualificazione dell’area demaniale”. Graverebbe invero sull’impresa Barretta l’obbligo di rimuovere i manufatti ormai fatiscenti realizzati in area demaniale prima della scadenza della concessione, per cui non si capisce quale miglioramento dell’assetto urbano potrebbe derivare dalla realizzazione di un nuovo manufatto di difficile rimozione che, oltre ad ostacolare la vista panoramica, impedirebbe la vista degli edifici retrostanti oggetto di tutela in virtù del piano di recupero della zona A- centro storico.
Conclusioni
Il rilascio della concessione demaniale per l’area dove è stata per decenni consentita l’attività dei rimorchiatori non sarebbe possibile alla luce delle recenti evidenze scientifiche sull’inquinamento atmosferico da parte delle attività portuali con il loro conclamato effetto sulla salute della popolazione residente in aree prossime ai porti e dell’obbligo di legge per l’Autorità di Sistema di ridurre le emissioni provenienti dalle attività medesime. Appaiono infine ostative al rilascio della concessione anche le vigenti norme di carattere paesaggistico e urbanistico L’attività in questione dovrebbe trovare una collocazione nel porto compatibile con le predette e prioritarie esigenze.
FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO
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