Lo ricordo ancora come fosse ieri. Alla vigilia del match di Scafati (ultima di ritorno della regular season del campionato di Legadue 2011/2012), una settimana dopo la sconfitta casalinga contro la Fortitudo Bologna, nel mio solito articolo di presentazione del match della New Basket Brindisi (per il giornale per il quale ho scritto per 22 anni), quello per capirci dell’esordio di un certo Jonhatan Gibson, cominciò realmente il mio rapporto con Piero Bucchi.
In sostanza scrissi che, al di là del risultato finale, alla vigilia dei play off, contro Scafati la sua squadra avrebbe dovuto dimostrare di esserci soprattuto con la testa, anche perché, al di là dell’aspetto tecnico, i play off sarebbero stati soprattutto una battaglia di testa che di gambe.Una chiave di lettura che per me fu quasi scontata e che, invece, colpì a tal punto il coach che, ricordo, mi inviò un sms nel quale mi espresse la sua approvazione, complimentandosi per aver dato la giusta interpretazione ad un match importante come quello di Scafati che di fatto segnò la svolta della stagione (immediato ritorno nella massima serie dopo un solo anno e vittoria della coppa Italia) e molto probabilmente determinò il prosieguo della carriera in bianco azzurro di Bucchi durata ben cinque stagioni, fino al toccante ed emozionante commiato di stasera.
Un lustro che, se da un lato ha proiettato la Brindisi cestistica nell’elite della pallacanestro italiana, è altrettanto vero che la lunga parentesi brindisina ha comunque permesso allo stesso allenatore bolognese di rilanciarsi dopo l’esonero milanese. Come dire, Brindisi ha trovato in Bucchi un grande allenatore, un professionista serio, un infaticabile lavoratore, un grande motivatore; al tempo stesso però l’allenatore bolognese ha trovato a Brindisi una situazione ideale che gli ha permesso di riscattarsi prima e consacrarsi poi. Ma soprattutto non va dimenticato che l’operazione Bucchi fu conclusa grazie alla presenza a Brindisi di un certo Santi Puglisi, altro grande personaggio della pallacanestro italiana che la Brindisi cestistica ha avuto modo di conoscere ed apprezzare. L’unico forse che avrebbe potuto convincere un allenatore esonerato dalla gloriosa Olimpia Milano, dopo una finale scudetto persa, di poter ripartire dalla Legadue, sebbene con una società solida ed ambiziosa come la New Basket.
Fatta questa doverosa premessa, è innegabile che in questi cinque anni Piero Bucchi è diventato il simbolo della rinascita e della consacrazione del basket brindisino. Un allenatore che ogni volta è ripartito da zero, dimostrando di essere uno specialista nella trasformazione di gruppi in squadre, nel saper motivare e far affermare giocatore sconosciuti ai più. Infatti il suo più grande merito è stato proprio quello di aver portato i risultati grazie ad una grande cultura del lavoro, il rispetto delle regole ed una grande professionalità, qualità che gli hanno permesso di farsi amare sin dal primo momento da una piazza esigente e competente come quella brindisina (quella dei 5 mila allenatori, per usare le sue parole).
Del resto un allenatore che supera le 200 “panchine” in bianco azzurro merita tutto il rispetto e la stima di un’intera città che, in questi anni ha conosciuto prima la salvezza, poi la Final Eight di Coppa Italia, passando per i play off, l’EuroChallenge e l’EuroCup. Un risultato straordinario soprattutto se si considera che tutto ciò è avvenuto a casa di un certo “Big” Elio Pentassuglia.
L’apice della sua straordinaria avventura brindisina è stato raggiunto senza dubbio la scorsa stagione, dopo la sconfitta in gara sette a Reggio Emilia nei quarti di finale play off. Il giorno dopo, facendo un bilancio della stagione appena conclusa, mi permisi di affermare che in Emilia di fatto si sarebbe chiuso un ciclo. Affermazione in totale disaccordo con quella di Bucchi e che mi valse un severo rimprovero (per usare un eufemismo) dello stesso coach.
A distanza di qualche mese, e soprattutto alla luce dei risultati ottenuti in questa stagione (fuori dalla Final Eight e fuori dai play off) non so, è forse non lo saprò mai, se coach Bucchi sia ancora di quel parere, ma ciò che so per certo è che sono orgoglioso di aver conosciuto un grande allenatore è un’ottima persona, che ha dato lustro e prestigio alla palla a spicchi brindisina. Un allenatore che entra di diritto nella “hall of fame” della pallacanestro bianco azzurra della quale, oltre al già citato “Big” Elio, fanno parte personaggi del calibro di Peppino Todisco, Piero Pasini, Lillo Primaverili e Giovanni Perdichizzi.
Ancora grazie coach, in bocca al lupo per il tuo futuro.
Pierpaolo Piliego
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