Una settimana fa, a commento delle peripezie del calcio brindisino, avevamo parlato di “nulla mischiato col niente”.
A nostro avviso, la frase – resa celebre dal film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana – certificava appieno la circostanza che, dietro le parole, non ci fosse la benché minima sostanza. Si proclama di muovere cose e persone mentre, in realtà, non cambia niente, si sta fermi.
Nell’intervento avevamo ripercorso le ultime vicende della società di calcio del Città di Brindisi ed avevamo detto a chiare lettere che “a noi piace parlar chiaro e non prendere in giro le persone. Pertanto non abbiamo mai voluto dare credito ad una società le cui quote sono state intestate ad un nullatenente con precedenti penali, né alle stucchevoli quanto fantomatiche voci di trattative sul passaggio di mano della gestione”.
In quel contesto andava inserita anche la vicenda del presunto interesse di una società per azioni della provincia di Bari che, dopo essersi resa artefice di una incredibile serie di contraddizioni, “in accordo con la proprietà” aveva deciso di non presentare appello nel procedimento sportivo che aveva inflitto al Brindisi una condanna senza precedenti nel mondo del calcio italiano.
Da quell’ultimo intervento è accaduto che le vicende abbiano cominciato a ruotare intorno all’interesse del Sindaco Consales il quale, dopo un contatto con Tavecchio, ha ottenuto la promessa che il Brindisi sarebbe stato inserito nel campionato di eccellenza a patto di dimostrare, carte alla mano, di aver tagliato tutti i ponti con la gestione passata.
Questo “movimentismo” del Primo Cittadino era stato aspramente criticato dal rappresentante della Meleam il quale, dopo aver dichiarato pubblicamente che la società era guidata da brave persone e dopo aver assunto decisioni “in accordo con la proprietà”, ha sparato a zero contro “una società sporca” che “è uno schifo”.
Fatto sta che nelle ore successive, la Per Brindisi ha raccolto la disponibilità alla cessione delle quote da parte dei soci del Città di Brindisi e Gilberto Niccoli (facente funzioni di presidente al solo fine dei rapporti con la Lega) ha dichiarato pubblicamente la volontà di rassegnare le dimissioni. Però, all’atto di formalizzare la sostituzione con un rappresentante della Per Brindisi, Solazzo – il possessore del 98% delle quote sociali e persona notoriamente vicina allo stesso Niccoli – si è dato alla macchia.
Consales ha replicato alla mossa inviando in Lega il preliminare di cessione delle quote di Casale e Solazzo alla Per Brindisi, nella speranza che tanto sia sufficiente per ottenere l’ammissione della SSD Città di Brindisi al campionato regionale di Eccellenza Pugliese.
Il tutto nell’attesa che, prima o poi, qualcuno si degni di raccontare alla gente come si intende affrontare il campionato – e soprattutto – chi si carica il fardello dell’abnorme situazione debitoria di una società notoriamente decotta.
Allo stato, la situazione è tutt’altro che definita ma – nella chiarezza che ci ha sempre contraddistinto – faremo un torto ai nostri lettori se non sottolineassimo che, ancora una volta, la chiave di lettura delle vicende va individuata in tutto quell’insieme di interessi, manovre, sotterfugi, debolezze, collusioni ed omertà che condizionano il calcio brindisino da moltissimi anni e che l’hanno condotto ai minimi valori di credibilità e funzionalità.
Con questi presupposti continuiamo a chiederci che senso abbia parlare di dimissioni, di cessioni di quote, di intercessioni, di consigli di amministrazione, di categorie di competenza, di tisci e tavecchio, di mesagne e brindisi, di allenatori e presidenti.
Si continuano ad accendere i fari sulle pagliuzze delle vicende che ruotano intorno al calcio brindisino ma in pochi hanno il coraggio di parlare della trave che ne condiziona pesantemente il suo corso.
Basta dare uno sguardo ai più famosi social network per farsi un’idea di quello che succede realmente in queste ore.
E in questo ambito anche gli addetti ai lavori hanno pesanti responsabilità con comportamenti che, a voler essere buoni, potremmo definire “diseducativi”.
Tanto per non andare lontano nel tempo, è storia dei giorni nostri quella che vedrebbe giornalisti/opinionisti che accettano l’incarico di difendere in Tribunale una asserita lesione dell’onore di Flora (sì, proprio il reo confesso nell’ambito dell’inchiesta antimafia di Catanzaro) oppure quella che racconterebbe di un collaboratore di una testata giornalistica che avrebbe assistito personalmente ad una presunta aggressione a calciatori e non solo non avrebbe raccontato la succulenta notizia attraverso i propri canali ma – cosa ancor più grave – avrebbe omesso di raccontarla agli organi inquirenti.
Certo, nessuno può obbligare gli altri a fare gli eroi, ma da persone chiamate ad interessarsi “professionalmente” delle vicende del Brindisi e che dicono di volere il bene del Brindisi, ci si aspetterebbero ben altre prese di posizione. Altrimenti è opinione personale che sarebbe meglio rinunciare a quel tesserino che è appartenuto a Persone come Impastato, Fava, Rostagno, Spampinato e Tobagi.
Allora, una volta per tutte, squarciamo i veli dell’ipocrisia e del fariseismo: chi si rende conto che esiste un cocktail esplosivo di interessi e personaggi controversi che condiziona negativamente le vicende del calcio brindisino, alzi la mano, si unisca alla battaglia o taccia per sempre.
Voltare lo sguardo dall’altra parte, rassegnarsi a certi comportamenti e trattare il pallone biancazzurro come si farebbe per qualsiasi altro sport, equivale ad accettare la visione distorta della Palermo di Johnny Stecchino: sostenere che il traffico, “tentacolare e votticoso“, sia il problema maggiore che affligge la nostra realtà.
Ore.Pi.
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