May 2, 2025

«No, così non si può più andare avanti: tra noi due manca oramai l’intesa» esclamò con tono esageratamente mélo Ada voltando le spalle al marito.

«Qui non si tratta d’intesa. L’intesa presuppone un aggiustamento, un venirsi incontro, nel peggiore dei casi un compromesso… Cosa che, francamente, non può esserci quando è in ballo l’avvenire di mio figlio».
«Che, per inciso, è anche mio! E quindi…?».
«E quindi da Brindisi non ci si muove. E con questo l’argomento è chiuso!».
«Eh no, caro. Sarebbe troppo comodo. Credi forse di trovarti nella Brundisium romana quando quello che accomunava i membri della familia non era tanto il legame di parentela o affinità, e nemmeno l’affetto, ma l’autorità dei padri-padroni con il loro insindacabile diritto di vita e di morte su tutti, schiavi e liberti compresi?».
«E questo che cosa c’entra ora? Ti sei calata nella parte della prof? Non mi avrai mica scambiato per uno dei tuoi alunni…».
«Volevo solo precisare che a quei tempi, in aggiunta all’assurda potestà esercitata dai padri, esisteva anche un particolare rapporto della madre nei confronti della prole. Il suo era un ruolo impegnativo quanto quello del marito: quello di educatrice, consigliera morale, mentore, custode dei valori civici. Voglio dire che le madri romane ˗ e quindi anche le brindisine di quei tempi ˗ contribuivano alla sana crescita dei figli».

«Ancora con queste donne romane? ˗ sbottò Rocco ˗ Allora, se la metti su questo piano, dovremmo parlare anche di Porzia, la figlia di Catone l’Uticense, che alla morte del marito Bruto rifiutò di rimanere vedova e si uccise divorando i carboni roventi presi con le nudi mani nel camino. Tu lo faresti questo per amor mio? Ne dubito. Allora lasciamo stare gli usi degli antichi brindisini e rimaniamo fermi ai giorni nostri. E, ancora una volta, ti dico che non intendo trasferirmi a Padova o in qualsivoglia altro posto a causa degli studi di Niccolò che, tra l’altro, fa ancora la prima media».

«Proprio perché è piccolo è necessario cambiare ambiente e avvicinarci al Nord ricco di tante possibilità per i giovani».
«Non se ne parla proprio! Noi non andremo a infoltire la schiera degli emigranti di seconda generazione. Piuttosto, pensiamo a oggi: cosa vogliamo fare? È ferragosto! Andiamo al mare o rimaniamo tappati in casa a litigare e a morire di caldo?».

 

Ecco, era successo ancora una volta. Certi argomenti non vengono mai gettati via, come si crede o si spera, ma rimangono lì sotto il tappeto come una puntina da disegno, pronti a conficcarsi nella pianta dei piedi quando meno te l’aspetti.

Così, per colpa di quella ripetitiva discussione, la famigliola varcò la staccionata dello stabilimento balneare che il sole era già alto nel cielo. Troppo alto, secondo Rocco, per poter fare una pesca fruttuosa.

«Ma se in tanti anni non hai preso nemmeno un’alicetta…» lo rintuzzò la moglie. E lui: «Io sono uno sportivo che non va a molestare i pesci piccoli. Sono un cavaliere del passato, io! E, in quanto tale, i pesci ˗ quelli grossi ˗ li affronto ad armi pari, senza bombole e fucili».

Così dicendo, mentre moglie e figlio saltellando sulla sabbia cocente ciabattavano verso la cabina, lui ˗ come d’abitudine ˗ si fermò al tukul che fungeva da bar. Sedette sul trespolo e, rivolto verso il mare, fissò la linea enigmatica dell’orizzonte, quel perenne confine tra cielo e mare che gli faceva sentire il richiamo di un altrove da cercare, d’una avventura da vivere da qualche parte del mondo. Anche se poi rimaneva ostinatamente abbarbicato a una città che amava e odiava con tutte le fibre del corpo. E mentre così fantasticava si lasciò abbacinare dai riflessi del sole dardeggiati in tutte le direzioni dalle piccole onde che increspavano uno specchio d’acqua dalle mille tonalità di blu.
«Che meraviglia! ˗ pensò, ridestandosi da quell’incanto ˗ E a Padova lo potremmo mai godere uno spettacolo così bello da sembrare una gouache d’un pittore innamorato?».
«Dottore, il solito?». Fu la carezzevole voce di Nella a distoglierlo da quei colori che ora, alla vista della ragazza, virarono nel dorato d’uno sbarazzino caschetto alla garçonne e nel cupo smeraldo di due occhi maliziosi. Rocco, per non rovinare la magia del momento, rispose con un lieve cenno del capo e rimase a contemplare le movenze d’un corpo che assecondava il ritmo col quale il suo caffè veniva shakerato e, alla fine, vivacizzato ˗ vero coup de maître ˗ da una spruzzata di ouzo.
Venti minuti più tardi s’inoltrava nel deserto senza fine di quel mare, nuotando scompostamente a causa della fiocina che brandiva nella destra con la stessa padronanza con cui Nettuno doveva maneggiare il tridente d’oro. Quando raggiunse la zona d’operazioni fece una bella inspirazione e scese giù. Per quanto il fondale si trovasse a sei-sette metri dalla superficie e fosse praticamente il medesimo di tutte le sue estati ciò che appariva davanti al vetro della maschera riusciva sempre ad incantarlo, al punto da fargli dimenticare il motivo per il quale si trovava lì sotto. Emerse e ridiscese parecchie volte finché, in un anfratto, seminascosto da un prato di posidonia pettinata dalla debole corrente, non scorse la preda.

Ada, nel frattempo, seduta sulla terrazza protesa sugli scogli aguzzi, riusciva a un tempo a controllare il pargolo, a spettegolare con la vicina di cabina e a gettare occhiate fugaci là dove il marito ˗ a intervalli sempre più ravvicinati a causa del fiato corto ˗ s’immergeva e riemergeva. Fu quando, per l’ennesima volta, girò il collo in quella direzione che lo sguardo annegò in uno specchio d’acqua ora sinistramente piatto. Lasciò cadere nel nulla la domanda che le stava rivolgendo la vicina, smise di controllare le fiacche rimesse che il figlio eseguiva col racchettone e concentrò tutta l’attenzione su quel punto indistinto tra mare e cielo, gonfio di un rumoreggiare monotono.

Ebbe come un tristo presentimento e tuttavia s’impose d’essere cauta così come lo è un’antilope nella savana. Ma allorché vide un braccio emergere dall’acqua, agitarsi freneticamente e poi scomparire di nuovo in un mare che le parve tetro come una lastra di piombo, s’alzò di scatto. Solo qualche istante e questa volta, a ricomparire e poi subito a scomparire, furono la calottina bianca ed un braccio che ora le parve più corto rispetto a quello di prima.
Lanciò un urlo e corse alla disperata verso il bagnino che, dal trespolo, stava invece osservando un gruppo di ragazzine intente a fare lo struscio lungo il bagnasciuga. «Alì, mio marito sta affogando… lì… no, adesso non c’è più… eccolo, ora c’è… lo vede? Ma che fa? Prende il binocolo? Andiamo che non c’è tempo da perdere». «Ma, signora, tu non puoi salire sul pattino…». «Alì ˗ gridò perentoria Ada ˗ andiamo!».

Chi, in quel momento, stava lottando con la morte distava dalla riva circa trecento metri che, alla povera Ada, parvero decine di miglia marine visto che le dettero tutto il tempo per svolgere, a ritroso, il rocchetto della sua vita insieme al marito. E quella vita le parve un dono meraviglioso. Una vita che, perciò, andava salvata, a costo di morire pure lei insieme a lui, come Porzia insieme a Bruto.
Intanto, a morire per lo sforzo d’una remata a ritmi olimpionici, era il povero Alì ancora incredulo che qualcuno potesse affogare in un “quagghiu ti mari” come quello, giusto per usare un’espressione che gli avevano insegnato i ragazzi della spiaggia. E fu con la scusa di fare una stima sulla distanza da percorrere che il giovane magrebino si fermò un momento per guardare indietro e «Signora…» esclamò mentre accennava a tirare su i remi.
«Alì, che stai facendo? Ti fermi proprio ora che dobbiamo fare il massimo sforzo?». «Ma, signora, veramente…». Ada lo fulminò con lo sguardo ma non disse più niente perché proprio in quel momento il marito ˗ avendola scorta ˗ la stava chiamando a gran voce agitando nel contempo il solito braccio all’estremità del quale si notava qualcosa d’oscuro. «Oddio ˗ esclamò Ada al culmine della disperazione ˗ ha perso una mano! Qualcuno o qualcosa gliel’ha portata via».
«Ma, signora…». «Zitto e voga… più veloce!» gridò ancora una volta Ada mentre le lacrime, copiose e iodate, le scendevano sul viso. Lacrime di gioia perché il suo Rocco era ancora vivo; ma anche di dolore per quell’offesa ch’era stata fatta a quel corpo che, dopo una convivenza matrimoniale di quattordici anni, sentiva anche suo.

Solo quando il pattino si trovò a una distanza di una decina di metri Ada sbiancò in volto. «E quello cos’è?» chiese al marito che ora, al pari di un pallanuotista nell’atto di scagliare la sfera in rete, s’ergeva con tutto il torace fuori dell’acqua. «Come sarebbe? Non si vede?». E siccome Ada rimaneva ancora senza parole Alì ritenne giusto intervenire: «Signora, è un purpu… io te lo volevo dire prima…».
Intanto, mentre la rabbia montava, Ada chiese al marito: «Agitavi quel coso nemmeno si fosse trattato dell’oracolante polpo Paul dei Mondiali in Sudafrica. E invece è un comunissimo polipetto. E mi dici perché diavolo facevi quei segnali col braccio, poco fa?». «Per attirare la tua attenzione e se no, perché. Non capita tutti i giorni di prendere una bestia così».

Nemmeno il tempo perché Ada esplodesse che Alì esclamò: «Signori, le liti le fate dopo. Ora bisogna tornare a riva… come dite voi?… salvando la faccia. Ma anche il mio lavoro di bagnino, se possibile». Così disse Alì ed espose il suo piano: tutti e tre avrebbero dovuto far credere a un vero salvataggio. Per rendere la cosa più realistica possibile, giunti a riva, lui avrebbe fatto al dottore gli esercizi di rianimazione.
«Ehi, non penserai mica ad una respirazione bocca a bocca» esclamò atterrito Rocco per il quale Alì, specialmente nelle questioni di mare, era più ignorante d’un guardiano di pecore.
«Tu, dottore, non ti preoccupare, farò esercizi con braccia e torace e tu devi solo sputare l’acqua che hai in bocca» lo rassicurò il giovanotto mentre, con mossa fulminea, gli staccava dalla mano il polpo e lo rigettava in mare.
Rocco, superato lo shock per la perdita d’un trofeo che inseguiva dall’inizio della stagione, sulla via del ritorno si sforzava di trarre qualche ammaestramento da tutta quella vicenda semiseria, o semicomica. Per una strana associazione d’idee gli tornarono alla mente le parole di Jack Kerouac che, insieme a Allen Ginsberg ˗ altra icona della Beat Generation ˗ era stato l’autore preferito della sua giovinezza: “Voglio sposare una ragazza con cui riposare l’anima e invecchiare dolcemente…”. E concluse che lui, quella ragazza, l’aveva trovata da un pezzo.

La sceneggiata ideata da Alì e messa in opera davanti a una folla di curiosi radunata sulla battigia riuscì perfettamente. O quasi. Nel senso che, a causa d’una manata un po’ troppo energica di quello, Rocco, l’acqua dell’inganno invece di espellerla la trangugiò tutta. E mentre rischiava di morire per davvero, tra un colpo di tosse e l’altro, riuscì a percepire distintamente le parole che la moglie gli andava sussurrando nell’orecchio: «Caro, hai visto che il mare ti fa male? Dall’anno prossimo, perciò, si va in collina, sui Colli Euganei, a un tiro di schioppo da Padova…».

 

Guido Giampietro

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