April 30, 2025

In questo pomeriggio d ‘ estate adagiato su una vecchia sedia sulla terrazza di casa, mi ritrovo a perdermi, come mi accade spesso in questa stagione, nella pace delle immagini e delle sensazioni di uno splendido tramonto estivo.
Quanto vorrei saper cogliere gli odori, i colori, i sentimenti che riescono a liberare, bloccarli nella mia mente, riuscire ad interpretarli, per trasmetterli cosi come mi arrivano, come riesco a percepirli.
Ma è molto difficile e ho paura di non saper trovare le parole adatte , ma forse neanche esistono.
Adoro quest’ora del giorno, il suo silenzio mi riconcilia con la mia anima, la impregna di pace e di tranquillità, magari soltanto nell’ammirare i colori sfumati del cielo, quasi scarabocchi di un pittore, che si perde in strane figure, nella speranza di trovare l’ ispirazione giusta.

Ora appare disegnato dalle nuvole, il muso di un cane che sbuca da una coltre d’azzurro intenso, che si espande sui tetti delle case, quasi minaccioso, come se volesse impadronirsi di tutto il cielo e che invece si disperde rapidamente. Poco distante ho la sensazione di vedere l’immagine rassicurante di un uomo disteso tranquillamente a riposare, con un gattino bianco in mano, più in là una giostra con tanti bambini, le proprie madri, un passegino. In lontanza la figura di un ponte che si perde nell’infinito.

Le immagini mutano, svaniscono in fretta per lasciare il posto ad altre. Nel frattempo, all’orizzonte, l’azzurro dolcemente sfuma in viola cupo, poi in un blu cobalto che si perde verso il cielo, che diventa sempre più scuro, dove già brillano alcune splendide stelle.
Un debole vento estivo si insinua silenzioso nei miei capelli, mentre le luci soffuse invitano al riposo dell’anima e tutto il mio essere tace.
Di me si muove solo la penna, che sembra ascoltare i pensieri del mio cuore, della mia anima, e non quelli della mia mente.
Mi invade l’odore di questa aria frizzante, ma dolce, intrisa di profumi lontani e di preziose fragranze. Ne assaporo la freschezza con le labbra, con la lingua, che liete le respirano e se ne impregnano.
Le luci delle case si accedono e i miei occhi fuggono dal loro bagliore. Non sono disposto a fermare il mio animo a quelle case, così geometricamente monotone.
Aspiro a guardare oltre quelle immagini. Arrivare in posti e sensazioni inesplorati, dove potermi ritrovare.
Di sotto osservo la gente che si agita, che parla in fretta, che urla, che freme, che sfreccia con la propria auto, che si lascia trascinare per andare chissà in quali posti, forse alla ricerca di quella vita, di quella tranquillità, che non riescono a trovare in se stessi, quando basterebbe alzare gli occhi, disperdersi nel cielo, per riscoprirla e riscoprirsi.
Ma poi, a molti, cosa importa se il cielo è verde, azzurro, rosa o viola, se la luna c’è o non c’è, se ci sono le stelle, assaporare il profumo dell’aria, il suo calore. Tutto si limita a sorvegliare l’ eventuale arrivo della pioggia, cosi che il loro viaggio, la fuga verso il nulla, non siano compromesse.
A me basta questo mio piccolo tratto di cielo, sollevare un po’ il capo e tutto svanisce. Nessun ostacolo, nessuna ansia, nessuna casa, nessuna auto, nessun telefono o computer. Solo io, il cielo e me stesso. E dell’umana frenesia, per certi versi vuota, inspiegabile e deleteria, non mi restano altro che i rumori soffusi e sempre più remoti della sua disperata ed esasperata modernità, che sta snaturando la natura umana.
Ma forse lo ha già fatto.

 

John Crest

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