C’è un punto, a Roma, in cui la città si spacca in due. Sopra, la luce elettrica delle partenze, la fretta della gente, i binari, le voci dei treni. Sotto, la vita che non corre più ma resta ferma in un equilibrio incerto tra sogni, alcool e improvvisazioni quotidiane. È in questo spazio sospeso che vive Damian, trentacinque anni, polacco, venuto in Italia per inseguire una nuova vita e finito a dormire in cima a una torre delle Mura Aureliane, sopra Termini. Da qui comincia “San Damiano”, il documentario di Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes che giovedì 16 ottobre alle ore 19.30 approda al Cinema Impero di Brindisi (ingresso a pagamento).
Damian non è un senzatetto come gli altri: almeno, così dice lui. Non dorme per terra, ha “una casa” lassù sulla torre. Ma questa convinzione è solo il primo velo di una storia che è molto di più: il desiderio di essere amato, il sogno di diventare un cantante, la fragilità mentale, la ricerca disperata di un luogo in cui restare. In questa condizione liminale trova Sofia, anche lei senza tetto, carismatica e forte. Il loro incontro diventa una fiamma instabile, una parentesi d’amore che arde sopra l’asfalto e nel buio dei binari. Intorno a loro, una comunità dimenticata: uomini e donne che non hanno smesso di vivere ma che la società ha imparato a non guardare più.
Sassoli e Cifuentes arrivano a questo mondo per caso dopo un anno di volontariato con la Comunità di Sant’Egidio. Una notte decidono di dormire a Termini. È lì che incontrano Damian, con la sua parlata spezzata, il sorriso storto e l’ironia ruvida di chi non ha più niente da perdere. Da quella notte nasce il film come una conseguenza inevitabile di uno sguardo che si allarga. Seguono Damian nei giorni, nelle cadute e nei sogni, attraversando un microcosmo di persone che la città lascia ai margini. Gente che esiste, che respira ma che resta invisibile: ogni giorno milioni di persone passano accanto a Termini senza vedere nulla.
“San Damiano” scava nei volti, nei corpi, nei luoghi, nella lingua franta di chi si inventa un’appartenenza per non sparire. Il film non edulcora né denuncia: mostra. E lo fa con primi piani ossessivi e gesti semplici superando ogni barriera della comune sensibilità. È un film che non si accontenta di restare sullo schermo: ti entra addosso, ti costringe a guardare ciò che di solito eviti.
Damian è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico in Polonia, poi fuggito, poi di nuovo sospinto verso un sogno chiamato Roma. La sua parabola è fatta di amore, fuoco, detenzione, ritorni. Accanto a lui ci sono Sofia, Dorota, Costantino: frammenti di una nuova forma di convivenza senza idealizzazioni e senza retorica. Una comunità che non chiede di essere salvata ma di essere vista.
Dopo aver attraversato l’Italia con centinaia di proiezioni, il film ha conquistato un pubblico vasto e trasversale: studenti, operatori sociali, critici, semplici spettatori. È passato dalle sale indipendenti alle arene estive, dai cinema di quartiere fino al Vaticano diventando un catalizzatore di coscienza comune, come una crepa aperta dentro una realtà che preferiremmo ignorare.
In un Paese in cui le stazioni ferroviarie diventano spesso i margini fisici ed emotivi della società, “San Damiano” è un varco. Ci mostra che dietro ogni volto invisibile c’è una storia precisa, fatta di ferite e desideri. Ci ricorda che guardare è già un atto politico. E che a volte basta un’inquadratura, un primo piano, per far crollare la distanza tra chi passa e chi resta.
Comunicato stampa
Cinema Impero – Brindisi
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