Sono le quattro di pomeriggio ed esco da casa … il viale è deserto … non c’è vento e i colori sono quelli scialbi dello scirocco …
il cielo è quasi bianco … niente pedoni, niente traffico, niente rumori se non ovattati e lontani …
Sono con L., mia figlia, e devo accompagnarla a casa di una sua amica, fra qualche ora dovrò andare a riprenderla …
spero presto … magari non come al solito in piena cena …
La macchina è posteggiata dall’altro lato della strada …
per attraversare prendo L. sottobraccio anche se non ce n’è bisogno ma mi piace così …
Di fronte a noi solo un signore che viene in senso opposto verso il nostro portone …
lo riconosco …
è un condomino che non conosco bene … buongiorno e buonasera … in qualche raro caso una battuta sul tempo o sulla pulizia del portone e basta … non so come si chiami ne a che piano abiti …
cammina verso di noi con una certa fretta … è pensieroso …
appena alza lo sguardo verso di noi lo salutiamo … io con un salve e L. con un buongiorno …
lui ci guarda e si tocca il cappello come per sollevarlo … e accenna un inchino spingendo il capo verso il basso con un buongiorno ben scandito …
poi ci passa accanto e lascia nell’aria un odore di lavanda che non sentivo da tempo …
Mia figlia quasi mi abbraccia e si avvicina di più al mio orecchio quasi sussurrando : “papà, come è tenero!” …
è contenta e si gira a riguardare quell’uomo che intanto è alle prese con la serratura del portone …
le chiedo spiegazioni … il perché … mi dice che le è piaciuto quel saluto e quell’odore ….
le parlo di suo nonno …
L. in macchina rinuncia ad ascoltare la sua musica dal telefonino …
è interessata a sentire ciò che le dico di mio padre …
il suo cappello marrone borsalino a falda stretta che noi figli gli regalavamo ogni quattro cinque anni …
il suo saluto sempre ossequioso con l’accenno di inchino …
mia madre che si assicurava di mettergli in tasca sempre un fazzoletto bianco ben pulito e stirato …
il suo modo di parlare senza mai una volgarità …
il suo odore di dopobarba …
la tenerezza verso le mie sorelle …
la sua felicità nel vederci oramai adulti e sistemati e la sua gioia per i nipoti fra i quali lei, L. è l’ultima …
Le spiego che quello era il modo di vivere al tempo della mia adolescenza e della mia gioventù …
L., stranamente, mi ascolta in silenzio e con attenzione …
ha quattordici anni … commenta con un “che bello” …
Adesso è in silenzio …
forse queste informazioni le bastano …
forse si sta chiedendo perché è cambiato tutto …
forse le ho trasmesso una punta di nostalgia …
forse dovrei dirle che quel mondo e quel modo di vita lo abbiamo ucciso proprio noi della mia generazione …
forse dovrei giustificarmi dicendole che pensavamo di far bene …
forse dovrei confessarle che adesso me ne pento perché pensavo di poter costruire un modo di vita migliore …
forse dovrei ammettere che sono stato un cretino …
forse dovrei proprio …
L. è arrivata a destinazione …
ciao pà … ciao amò …
e nel tratto per ritornare a casa penso a questa nuova generazione tutta sesso, droga, rock’n roll …
e nostalgia per padri e madri che sappiano fare onestamente i padri e le madri …
ma questa è un’altra storia …
A.Serni
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