La pervicacia con cui Sergio Blasi, segretario regionale del PD e consigliere regionale di quel partito, insiste sulla questione TAP, approdo a Brindisi e quindi utilizzo del metano per convertire la centrale Federico II, sarebbe degna di miglior causa!
Tuttavia non intendiamo alimentare polemiche di natura politica, né coltivare ulteriormente una contrapposizione territoriale, dietro la quale in realtà si nasconde solo l’enorme difficoltà nella quale Blasi e parte del suo partito si trovano, in quanto agli occhi della pubblica opinione è del tutto evidente la contraddizione tra chi ha fatto dell’ambientalismo di maniera il proprio cavallo di battaglia e contestualmente ha consentito di devastare il territorio, attraverso l’uso selvaggio ed indiscriminato delle cosiddette fonti rinnovabili, il cui impatto ambientale deleterio diviene ogni giorno più evidente a tutti.
Le nostre vogliono essere considerazioni di merito, rispetto al destino industriale che si vuole riservare al Paese ed alla Puglia. Crediamo sia arrivato il momento di chiedere con chiarezza se la politica intende ancora riservare un futuro di sviluppo economico alla popolazione o, al contrario, intende avallare quei concetti di declino felice al quale alcune frange (speriamo minoritarie), del sistema di rappresentanza sociale, sembrano guardare con interesse, ivi compreso un pezzo del mondo sindacale.
Noi riteniamo che sarebbe una scelta sciagurata abbandonare la prospettiva di crescere, di svilupparsi, attraverso iniziative manifatturiere, industriali e produttive, all’altezza dei tempi, sostenibili socialmente ed ambientalmente e che possano essere un serbatoio occupazionale importante per questo martoriato territorio.
Una delle condizioni, necessaria ma non sufficiente, perché Brindisi torni ad essere attrattiva per investimenti industriali, cogliendo quel refolo di ripresa economica che da più parti si individua, diremmo meglio auspica, è la disponibilità di energia a prezzi competitivi e quindi attrattivi. Ora ci chiediamo, come si può non cogliere che oggi nel sistema mondiale l’unica fonte energetica che in se può coniugare l’esigenza di contenimento dei costi e di efficienza produttiva, è il carbone? E come non si possono cogliere gli sforzi che ENEL ha messo in campo, con ingenti finanziamenti (circa 300 Milioni di euro), per abbattere con le migliori tecnologie disponibili l’impatto ambientale, grazie sicuramente alla mobilitazione popolare, ma se permettete alla durissima battaglia messa in campo da Sindacato e dalla FLAEI in particolare?
Non ripeteremo quanto, molto oculatamente e con competenza, ha sostenuto il Senatore Salvatore Tomaselli, quando ha richiamato la insostenibilità, non presunta ma accertata, della alimentazione a metano, visto che in questo momento circa 31.000 MW a metano sono fermi e oltre 1500 lavoratori in cassa integrazione in tutto il Paese. Diciamo con forza che, invece, si abbia il coraggio di sostenere la chiusura del polo energetico brindisino, assumendone la responsabilità di fronte al Paese e di fronte ai circa 2000 lavoratori brindisini interessati, i quali sapranno valutare attentamente le conseguenze di tutto questo, sulle loro famiglie e sull’economia di un intero territorio.
La FLAEI quindi chiede, con pacatezza ma con fermezza, di finirla con queste inutili strumentalizzazioni e di avviare una fase di riflessione, sul modello di crescita e sviluppo, il quale non può prescindere da una realtà produttiva importante, quale la centrale Federico II. A ENEL bisogna chiedere tutti insieme, come facciamo noi da tanto tempo, di farsi carico del territorio, di continuare ad investire con continuità nella ricerca di sempre migliori tecnologie per l’abbattimento dell’impatto ambientale e quindi di destinare a Brindisi i necessari investimenti, considerando questo territorio come un punto di eccellenza in campo nazionale e europeo.
Se Blasi avesse messo lo stesso impegno che sta spendendo sulla questione TAP, rispetto ad esempio alla vicenda Centro Ricerche, oggi probabilmente non avremmo assistito ad un ridimensionamento di quella fondamentale struttura ma, anzi, ne avremmo registrato un rilancio, così come sarebbe auspicabile.
Continueremo la nostra battaglia, nella convinzione che i Lavoratori comprendono bene i rischi che si corrono, perseguendo politiche velleitarie e scollegate da qualsiasi realtà economico-produttiva, rischi che non riguardano solo la continuità occupazionale, già di per se indispensabile, ma anzitutto l’intera economia territoriale.
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