May 3, 2025

Sulle banchine del lungomare, in una sera di luglio, domenica.

L’impianto, ad alzo decibel, diffonde, spargendo per tutto il porto, musica e canti. Colorate e moventi luci segnano la zona, e volti e corpi di ballanti, sino a notte inoltrata.
Serrati in camera gli ospiti del grande albergo e delle case del lungomare.

Là d’appresso, a poche decine di metri, accade contemporaneamente, tra l’accoglienza e l’assistenza di autorità, forze dell’ordine, sanitari e volontari, che 300 persone, di varia età e provenienza, sentano sotto i fragili piedi la solida terra della banchina di Brindisi.
Scendono da una nave dal nome “a braccia aperte” (Open Arms) che li ha soccorsi sul Mediterraneo.

 

Cercare parole e sentimenti, scandagliare ragionamenti e distinzioni. Provare e fare “mente locale” per orientarsi in tale abissale (è il caso di dirlo?) differenza di condizione umana, storica, di civiltà che si “consuma”, così contrapposta, nel volgere di uno sguardo, in tale rottura deflagrante di silenzio.

 

Sovviene un già datato paragone: mentre il Titanic affonda sul ponte di prima classe l’orchestra suona Nearer my God to thee (Vicino a Te, Signor, venir vogl’io…).

 

E’ qui che siamo giunti? S/concerto & migrantes? Ci sono, ci saranno, mari affinché sia il navigar dolce?

La prora in su ed in giù, in cerca di porto o spiaggiare tra vertigine d’onde e relitto?

Quali ragioni, ragione, a comprendere questo incomprensibile presente?

 

SONNE

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