May 7, 2025

Internet ha concretizzato la visione mcluhniana del “villaggio globale”, abbattendo le barriere spazio-temporali, la rete ha reso possibile l’implosione del mondo, le distanze si sono assottigliate sino a scomparire del tutto, facendo della contemporaneità l’unica dimensione della postmodernità.

Internet nasce con il nome di Arpanet, “una rete informatica decentralizzata sviluppata alla sede dell’università di Los Angeles della California, dalla Advanced Research Project Agency (Agenzia per progetti di ricerca avanzata, ARPA) del ministero della difesa, al fine di rendere sicure le comunicazioni militari in caso di attacco nucleare.”1

Nel 1983 la Arpanet fu poi divisa in due reti: una militare (Milnet) ed una civile (Arpa Internet). Successivamente la Fondazione Scientifica Nazionale (NSF), decise di finanziare il progetto destinato all’uso civile. “La NSF rese la rete disponibile a tutti gli insegnanti e gli studenti di istituzioni collegate. Man man che università aziende di ricerca e sviluppo e agenzie governative collegavano i propri computer al sistema della NSF, quella che un tempo era stata Arpa Internet si trasformò in un’anarchia di reti su scala planetaria.”2

La rete si basava sul protocollo TCP/IP, diffuso tuttora, che permise ad Arpa Internet di diffondersi a macchia d’olio, migliorandosi parallelamente all’aumento del numero di utenti, sino a perdere il prefisso Arpa e diventare semplicemente Internet. Ciò che decretò la massificazione della rete, fu l’introduzione, nel 1993, per iniziativa del CERN, dell’insieme di protocolli e linguaggi conosciuti come World Wide Web, i quali resero estremamente semplice la navigazione, consentendone l’immediato successo planetario.

Internet è il grande mito della società del ventunesimo secolo, non a caso Davis, riferendosi a questa invenzione, parla di “tecnologia mitica, con una duplice accezione, una positiva e l’altra negativa. La rete è mitica in senso positivo, poiché è l’incarnazione del dio Hermes, in quanto “mercuriale rete di messaggi che arriva lontano e che funziona come mercato di merci e di idee. Giungendo alla soglia di ogni home computer, la rete apre una zona tecnologica liminare3”.

Per zona liminare, Davis intende un luogo che funge da crocevia, in cui conosciuto e sconosciuto convivono, un campo di possibilità e di trasformazioni.

Internet, però, può anche essere mitica in senso negativo, quando viene utilizzata per produrre “una strategia della distorsione, un miraggio, una menzogna sociale. […] Le occulte macchinazioni delle nuove industrie dei media, gli effetti potenzialmente atomizzanti dei monitori sulla vita psicologica e sociale […]”.4

La potenza della rete, tralasciando per ora i risvolti negativi, deriva dal suo essere una piattaforma comunicativa improntata alla libertà, dove l’utente si muove ed agisce secondo i propri interessi. Internet ha scardinato la logica della società industriale, basata sul consumatore passivo, relegato ad essere il semplice fagocitatore economicamente attivo, dei prodotti dell’industria massificata.

La grande rivoluzione è quella del prosumer, il consumatore ma anche produttore, che elabora attivamente cultura, grazie alla tecnologia accessibile della rete.

Davis ha giustamente notato che, “ la ragione per cui tanti libertari di oggi amano al rete è che la sua intima struttura – decentralizzata, efficiente, deregolamentata e ricca di opportunità – incarna un ideale di libertà, o quantomeno, una struttura che resiste tecnologicamente al controllo centralizzato.”5

Proprio quest’ultimo aspetto è quello, che viene maggiormente evidenziato nella letteratura cyberpunk: internet è il grimaldello con cui aprire la cassaforte dell’asimmetria informativa, nel tentativo di sottrarre la conoscenza alle logiche monopolistiche e commerciali, per renderla di pubblico dominio. Il cyberpunk ha profetizzato la massificazione della rete, tratteggiando realtà di cui questa tecnologia ne è l’ossatura. Un esempio è quello di Neuromante: nel romanzo Gibson immagina una controparte letteraria di Internet, il ciberspazio, in cui si svolgono la maggior parte delle attività umane. Tutto questo, quindici anni prima che la rete colonizzasse definitivamente la realtà.

In un certo senso il cyperpunk ha contribuito a rendere famoso internet, ancor prima che questa tecnologia si diffondesse fra i gli utenti di ogni dove.

La carica democratica della piattaforma comunicativa è racchiusa nelle “primitive comunità” che abitarono la rete, le quali si riunirono attorno ai BBS, Bullettin Board Systems, “sistemi costituiti da un computer connesso a più linee (server) che, tramite il modem, permette ad agli computer che si collegano, di usare servizi di messaggistica elettronica e scambio di file.”6

Il primo BBS fu costituito nel 1978, a Chicago. Il Bullettin divenne immediatamente sinonimo di libertà di espressione, comunità di utenti comuni, anche se in un primo momento erano soprattutto ricercatori, i quali si riunivano per discutere dei più svariati temi. I BBS stanno alla rivoluzione digitale come i primi pub e caffè alla rivoluzione francese, luoghi, virtuali i primi reali i secondi, in cui ci si riuniva per trovare respiro, da un atmosfera politica dominata dalla passività.

Con internet il processo di asportazione del cervello fuori dal cranio, iniziato con il PC, è arrivato a compimento, digitalizzato nei bit che scorrono attraverso la rete. Ogni singola coscienza diviene un piccolo pezzo di un gigantesco mosaico, grande quanto l’intelligenza globale, mito di una nuova eternità virtuale.

1 Mark Dery, Velocità di fuga, tr. it. Feltrinelli, Milano, 1994, op. cit., p.11

2 Ibidem, p.12

3 Erik Davis, Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, tr. it., Ipermedium, Napoli, 2001, p.36

4 Ibidem, p.36

5 Ibidem, p.130

6 Antonio Caronia, Domenico Gallo, Houdini e Faust. Breve storia del cyperpunk, Baldini&Castoldi, Milano, 1997, p.47

 

James Lamarina

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