December 3, 2024

La battaglia navale del Canale d’Otranto (14-15 maggio 1917). E’questo il tema della VII sessione del XI Convegno Nazionale di Studi e Ricerca Storica “La Puglia, il Salento, Brindisi e la Grande Guerra”.

L’evento è organizzato dal Rotary Club Brindisi in collaborazione con la Società di Storia Patria per la Puglia (Sezione di Brindisi), la Società Storica di Terra d’Otranto ed AssoArma Brindisi, ed è fissato per Giovedì 11 maggio 2017, alle ore 18.00, presso la Sala Convegni dell’Hotel Palazzo Virgilio, a Brindisi.

 

Coordina e introduce i lavori Antonio Mario Caputo (Società di Storia Patria per la Puglia)

Gli indirizzi di saluto affidati a Salvatore Munafò (Presidente Rotary Club, Brindisi) e Giuseppe Genghi (Presidente AssoArma, Brindisi)

Intervengono:
– Amm. (Ris.) Stephan Jules Buchet (Esperto di storia della marineria)
Gli sbarramenti del Canale d’Otranto durante il primo conflitto mondiale

– C. F. Claudio Rizza (Capo Sezione Archivi – Ufficio Storico della Marina Militare – Roma)
L’azione navale del 15 maggio 1917 – Lo svolgimento dei fatti

– Giuseppe Maddalena Capiferro (Società di Storia Patria per la Puglia)
Umberto Maddalena, Brindisi e la difesa del Canale d’Otranto

Conclude Domenico Urgesi (Società Storica di Terra d’Otranto)

 

Cenni sull’argomento:

Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità. Zygmunt Bauman

Lo sbarramento del Canale d’Otranto fu al centro, nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1917, della più grande battaglia navale avvenuta in Adriatico nel corso nella Grande Guerra. Fu essa originata dal tentativo austroungarico di forzare il blocco che impediva alla Imperial Regia Marina di uscire dall’Adriatico per accedere al Mediterraneo.

 

La marina dell’Intesa cercò quasi subito di chiudere l’Adriatico creando, fin dal 1915, uno sbarramento di pescherecci armati, drifters, dotati di reti d’acciaio a strascico, per pattugliare la strettoia del canale di Otranto; lo scopo era quello d’ impedire ai sottomarini austroungarici di uscire nel Mediterraneo a caccia di bersagli. Questa barriera, di una cinquantina di imbarcazioni, era appoggiata dalla ricognizione aerea e da flottiglie di cacciatorpediniere pronte a intervenire al minimo allarme. Si trattava di un deterrente piuttosto efficace che, in pratica, paralizzò l’attività della marina austroungarica, tanto che essa tentò numerose volte di intaccarlo con incursioni a sorpresa, effettuate di notte a più riprese: 5 volte nel 1915, 9 nel 1916 e 10 nel 1917. L’operazione principale fu condotta nella notte del 14-15 maggio 1917; essa assunse il carattere di scontro navale vero e proprio e prese il nome di “battaglia del canale di Otranto”.

 

Al termine della battaglia navale di sicuro più importante dell’Adriatico le unità dell’Intesa colpite gravemente furono il Borea, l’Aquila, il Dartmouth, il Bristol con un bilancio di 7 morti sull’Aquila, 8 morti e 7 feriti sul Dartmouth, 11 morti e 12 feriti sul Borea mentre gli austriaci contarono 14 morti e 33 feriti sul Novara, 1 morto e 18 feriti sull’Hegoland, 3 feriti sul Saida. L’azione della squadra austroungarica ottenne un evidente successo, almeno a breve termine. Nello scenario generale, viceversa, questa bruciante sconfitta ebbe per conseguenza un fortissimo aumento dell’impegno navale degli alleati nel basso Adriatico, con lo schieramento permanente di una flotta di ben 35 cacciatorpediniere, tra cui anche unità australiane e statunitensi, 52 pescherecci e più di cento navi da guerra di vario genere, finché, nel corso del 1918, il canale venne sbarrato con una struttura permanente che chiuse la questione. In definitiva, anche questo scontro navale conferma che per quanto brillanti potessero apparire le iniziative degli imperi centrali, alla fine emergeva la decisiva supremazia materiale dell’Intesa, che era in grado, all’occorrenza di schierare imponenti forze per fronteggiare le necessità contingenti della guerra. Cosa che, un poco alla volta, Germania ed Austria – Ungheria non potevano più fare. Il Materialschlacht imponeva le sue ferree regole anche tra le due sponde del mare Adriatico.

 

Nel giugno del 1918 l’Austria-Ungheria pianificò una grande offensiva sul Piave per fiaccare definitivamente le truppe italiane. Allo stesso tempo la flotta imperiale, al comando del neo-ammiraglio von Horty de Nagy-Banya, decise di supportare indirettamente tale offensiva con una grande azione navale: il forzamento del canale di Otranto. Horty, convinto del successo dell’operazione, aveva fatto approntare alcuni apparecchi cinematografici per immortalare l’affondamento delle navi italiane. Le unità austroungariche furono tuttavia avvistate dai MAS 15 e 21; il comandante Luigi Rizzo, individuata la “Santo Stefano”, la silurò affondandola. Il MAS 21, del Guardiamarina Aonzo, lanciò sulla Teghetoff entrambi i suoi siluri, che colpirono ma non esplosero. L’azione ebbe il risultato tattico di fare rientrare il gruppo navale, senza procedere con la missione di forzamento del blocco,

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