“un uomo saggio mi ha detto che c’è qualcosa che dovresti sapere. Il modo in cui giudichi un uomo è quello di guardare nella sua anima” (Molly Hatchet)
Dario abbandonò subito la band per tornare al sud nelle verdi e silenziose campagne del Salento. Aveva bisogno di isolarsi e riflettere. Nella vecchia masseria avrebbe trovato solo la chitarra acustica dello zu Pippi, l’unica in grado di accogliere i suoi lamenti tinti di blues. Durante il viaggio di ritorno, con la testa china sul finestrino del treno, pensava a quella voce discorsiva, espressiva, matura, capace di salire e scendere con naturalezza. Un regalo della natura di cui rimaneva un gradevole ricordo:
“Oggi non sono andata a lavoro. Colpa dei miei amici che mi hanno tenuto in piedi raccontandomi storie e leggende del sud fino alle tre del mattino. La cosa più bella è che vai in giro assieme ad un mucchio di amici. E’ divertente e speciale. Forse sono i sogni a farci andare avanti oppure quella complicata alchimia formata da polvere di stelle e speranza che aiutano a far incontrare le persone”.
Ritornare al sud era come suonare una ballata southern intensa che si apre, si carica nel suono ed acquista pathos. Dentro ci sono tragedie, rimpianti, sofferenze e redenzione. Temi cari alla musica che porti dentro e si sviluppano in un angolo del mondo in cui non tutto è stato già detto o scoperto. Dario nel lungo viaggio di ritorno sembrava non appartenere a nessuna epoca. Vagava nei pensieri seguendo la linea dei binari che scorrevano dal finestrino. Il fischio del treno scandiva il rumore degli scambi di stazione in stazione.
“Una volta c’erano montagne su montagne. E una volta c’erano uccelli di sole coi quali levarsi in volo. E una volta non avrei mai potuto essere depresso. Bisogna continuare a cercare continuamente. Oh, in cosa crederò. E chi mi farà innamorare?”. (David Bowie)
Nelle campagne del Salento continuava a vigilare Ronzino. Appresa la notizia del ritorno a casa e del grave lutto che aveva colpito il ragazzo, propose al giovane amico di entrare come Guardia Giurata nell’Istituto di Vigilanza in cui lavorava. Erano previste nuove assunzioni in quel settore in grande espansione con nuovi servizi da coprire. Poteva assicurare un nuovo e dignitoso lavoro oltre a un concreto aiuto morale per superare quel momento di profonda crisi e smarrimento. Dario, con grande cortesia declinò quell’invito. Era ispirato al pacifismo e l’odore delle armi non lo aveva mai attratto. Perfino alla festa del Paese, durante l’arrivo delle giostre, tra il profumo di zucchero filato e ragazzi che si sfidavano all’autoscontro, si era sempre rifiutato di sparare con la pistola e con il fucile a pallini per vincere i biscotti e animali di peluche. Sul braccio sinistro aveva il tatuaggio del simbolo della pace ideato da Gerard Holton.
Blues e sofferenza cominciavano a mescolarsi ogni giorno in quella masseria della famiglia:
“Stamattina quando mi sono alzato la tristezza passeggiava intorno al mio letto, quando mangiavo la colazione, la tristezza era tutta nel mio pane. Oh Signore, abbi pietà, ti prego abbi pietà di me” (Huddie Ledbetter – Alan Lomax)
Il resto della band rimase a Bologna. I componenti, confusi e profondamente colpiti dalla tragedia, non sapevano se continuare o smettere di suonare, anche se c’erano degli accordi e un contratto da rispettare con la label di Amedeo il messicano. Bisognava sostituire Dario, ma non era semplice trovare un nuovo chitarrista con la stessa passione e con le giuste motivazioni per continuare a coltivare quel sogno interrotto all’improvviso. Il manager suggerì un conoscente, un uomo di mezza età con pochi amici e un nome semplice da ricordare: Jimmi.
Un personaggio solitario, un po’ burbero ma efficace sullo strumento. Barba lunga e incolta, pochi capelli raccolti dietro a una coda, camicia a quadri gialla e nera, lo trovavi ogni sera in osteria. Gli bastava pane e salame e un bicchiere di vino il cui vetro serviva per creare il suono slide per accompagnare il canto bastardo delle periferie e il romanticismo da bassifondi degli artisti di strada. Durante la sessione di prove, Jimmi suonò con grande impegno e professionalità, tanto da convincere che si poteva dare nuova vita alla band. Jimmi era motivato e deciso a sposare la causa del gruppo pugliese. Oltre a trovare dei giovani talentuosi, poteva contare su dei nuovi compagni con cui condividere una nuova esperienza musicale. Il chitarrista era entusiasta dei suoi nuovi amici terroni. Li invitava spesso a cena nella sua casa situata in un vicolo del centro storico di Bologna.
Tra un piatto di tagliatelle al ragù e una bottiglia di lambrusco, amava parlare di varie cose, della sua famiglia, dei figli, nipoti e il papà di 90 anni a cui prestava assistenza. Jimmi era divorziato e non si era più sposato. Manteneva un buon rapporto con la sua ex moglie. Aveva sempre tollerato il suo spirito libero.
“Le corde della chitarra mi toccano così tanto da capire quanto la musica sia parte di me” – raccontava Jimmi – “Le sue note mi hanno aiutato a portare bellezza e purezza nei cuori della gente”.
“Vivi per te stesso, vivrai invano. Vivi per gli altri, vivrai di nuovo”. (Bob Marley)
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