October 5, 2024

“Io credo alla felicità, ai muri che ha buttato a terra, ai miracoli in periferia, alle pacche sulla spalla. Io credo alla felicità, alle facce che fanno gli altri quando dico:”Prima di andar via offro un giro di birra a tutti”. (Vincenzo Maggiore)

Era rimasta una casa nella campagna del Salento, abbandonata e fredda. Sembrava stregata, con i vetri delle finestre rotte e le porte semiaperte, dove nessuno più viveva. Dario pensava di ritornare, accontentandosi di un letto improvvisato e di fermarsi a costruire un nuovo futuro in quelle mura disastrate. Aveva bisogno di finanziamenti necessari per investire su quel pezzo di terra trascurato e in disuso dell’azienda agricola della famiglia. La sua arma pesava troppo e non era solo un oggetto decorativo. Era appesa alla divisa senza alcun legame con il suo proprietario.

Per tutta la vita era stato importante essere in una band e creare musica. All’improvviso trovi qualcosa che funziona nella tua testa e ti dice di andare in quella direzione.

Dario voleva ritrovare la sua strada, un nuovo lavoro, creare musica ed essere impegnato nella cultura e nel sociale. Gli occhi gonfi a stento trattenevano le lacrime. Nella testa si intrecciavano pensieri di “nostalgia del futuro”. Starsene da solo era diventata una faccenda delicata, un’intimità non desiderata. Dario voleva ritornare ad essere un pistolero senza arma.

I suoi nemici da combattere erano l’emarginazione, le sofferenze del cuore e la crudeltà. I suoi proiettili erano l’amicizia, la solidarietà e l’arte per addolcire il mondo. Nell’anima c’era una consapevolezza su quelle ragioni, non sempre ragionevoli.

Dario prese in mano carta e penna e scrisse al suo amico Ronzino che lo aveva aiutato a fare quel mestiere con professionalità ma con poco amore: “Mi sono licenziato, ho deciso di tornare a rischiare qualcosa”. Il vecchio amico vigilante non riceverà mai quella lettera perché un improvviso male incurabile lo porterà via in un campo fiorito pieno di cipressi qualche mese prima di godersi la pensione e i nipotini. Una sorte di maledizione che colpirà diversi colleghi usurati nel fisico e nello spirito prima del tempo, dopo una vita passata a correre come dannati su kilometri di strade tra città, paesi e campagne a controllare e spegnere allarmi, a volte in aziende sperdute senza indirizzo e con i cani pronti ad aggredirti.

“La sento che scende, tira e pesa come un grosso sasso. Sento l’importanza della sua presenza. Ci si sente a posto quando si porta in tasca. Una di quelle cose che al momento giusto possono esplodere e fare un gran rumore. Figuriamoci io che neanche agli uccellini sparo mai!”. (Giorgio Gaber)

La prima cosa che fece Dario fu quella di liberarsi dell’arma, una Beretta semi-automatica comprata di seconda mano, mal tenuta, piena di polvere e ruggine. L’ex vigilante entrò in un’armeria al centro di Padova, dichiarando:
“Sono un chitarrista, ho bisogno di vendere la mia arma perfettamente funzionante”.
Il negoziante, un tipo deciso ma di poche parole, rispose:
“Amico mio, qui trattiamo solo armi, munizioni e qualche canna da pesca. Gli strumenti musicali li trovi al negozio di fronte”.
Chiarito l’equivoco, la trattativa andò a buon fine. Da quel momento, il ragazzo si sentì più libero e leggero.

“Non so dove sto andando, ma sono sulla strada che ho scelto io”. (George Sand)

Dopo aver superato le selezioni provinciali e regionali di “Arezzo Wave”, Les Guitars & Guns dovevano fare i conti con l’improvvisa malattia di Jimmi, il chitarrista innamorato del Salento. Una grave forma di artrosi sulle braccia, impediva di fare dei movimenti sullo strumento in modo normale. Dario era ritornato sulle sponde dell’Adriatico per ritrovare il suo naturale equilibrio. Il mondo della musica e quello della sua terra erano più vicini. Dario cominciava a godersi la pausa di riflessione con la porta del cuore aperta, lasciandosi andare in un miscuglio di percezioni e visioni, sogni e luoghi comuni che si trasformavano in storie, racconti e canzoni.

C’erano dei piccoli segnali che sottolineavano intrecci di esistenze. La strada musicale tracciata nel corso degli anni aveva ancora un nome e il senso di una comunità fatta di amici, persone e musicisti.

“Vi amo e non so il perché. Vi amo ma non chiedetemi come mai, non saprei cosa dire, cosa fare per convincervi”. (Blackboard Jungle)
Non era andato tutto disperso. L’incontro era racchiuso nella magia di un nuovo contatto. Una telefonata:
“Abbiamo bisogno di un bravo chitarrista che abbia il tocco giusto e che sia ricco di idee e di feeling. Dario, abbiamo bisogno di te”.
Una nuova speranza stava per nascere, un sogno mai abbandonato. Era conservato in un tiretto di un vecchio mobile tarlato di una stanza veneta anonima e senza anima.

“Ricordo i miei amici degli anni d’oro sempre insieme nei sogni per il futuro. Chitarra in spalla giorno per giorno abbiamo trovato alcune buone canzoni da suonare”. (Via del Blues)

Dario era entusiasta di incontrare i suoi vecchi compagni e di condividere con essi antiche e belle sensazioni. Dario voleva investire nel suo piccolo podere agricolo e rilanciarlo anche sotto l’aspetto turistico. Nell’unica banca esistente a Marittima, era rimasto il vecchio direttore. Si chiamava Domenico. Prima di essere assunto in banca era stato un bravo e preparato speaker radiofonico.

Aveva conservato l’interesse per la musica e il giornalismo. La sua casa era piena di vinili. Gli piaceva correre e aveva fondato un circolo culturale ambientalista molto attivo nella zona. Il direttore della banca conosceva bene il vecchio amico e la sua storia. Decise di aiutarlo con un piccolo finanziamento, utile per rimettere in piedi una parte dell’azienda agricola. Ci sono occasioni in cui anche un vecchio rudere può essere poetico. Basta saperlo vedere con occhi diversi. Dario decise di ricominciare da quel posto.

Quando sei nel luogo, nel momento giusto, la colonna sonora della tua vita nasce da sola. Ogni mattina Dario guardava il mare e il sole sorgere da est. Sembrava una palla di fuoco lanciata verso il cielo. Forse era proprio questa la cosa di cui aveva sentito maggiormente la mancanza. Il contatto con la natura. Dario si inebriava di odori e sapori, cercando sempre qualcosa che potesse emozionarlo. Voleva venerare la natura come un essere non solo materiale ma anche e soprattutto spirituale, vivo e profondamente sacro.

La cultura, l’architettura, l’ambiente e l’enogastronomia stavano facendo sviluppare numerosi progetti e diversi punti di interesse in tutto il Salento. Un sistema turistico diffuso su più fronti. Dario voleva trovarsi pronto. Si era impegnato a creare una nuova attività imprenditoriale, cercando di rendere quella piccola tenuta di famiglia, attraente, confortevole e redditizia. La sua idea era quella di svolgere un esercizio dell’attività agrituristica tra gli alberi d’ulivo, con il recupero degli edifici rurali e la valorizzazione e degustazione dei prodotti tipici del Tacco d’Italia.

Quel posto danneggiato drammaticamente da eventi atmosferici straordinari e abbandonato tristemente nel corso degli anni, poteva ritornare a vivere e prosperare. Insieme alla natura, anche la musica chiamava. Un richiamo forte e naturale al quale il chitarrista non poteva dire di no. C’erano gli amici di una vita ad aspettarlo e un progetto musicale che aveva continuato a funzionare bene.

Dario amava Les Guitars & Guns, ma al tempo stesso aveva investito nella sua terra. Gli amici della band compresero quella scelta e proposero al vecchio amico di seguire il gruppo solo in occasione di eventuali concorsi musicali e durante i festival importanti. La band non voleva vivere una storia complicata ma permetterà a Dario di suonare in alcuni loro piccoli capolavori di indie rock.

Essi conservavano i sogni infranti di una generazione cresciuta con l’idea che il rock’n’roll potesse cambiare il mondo e la vita degli uomini. Erano sorretti da una vena straziata di romanticismo stradaiolo.

Les Guitars & Guns volevano raccontare ancora, tutti insieme, con rinnovata passione e poesia, che tutto doveva ancora essere scritto:

“Si possiamo farlo, si noi possiamo farlo, è un miracolo, lo sai che si può fare”. (Roberto D’Ambrosio)

No Comments