“Com’è bello passeggiare con Mary anche quando è un giorno dei più neri. Mary il sole fa spuntar, è tanto bello passeggiarle accanto che non puoi fare a meno di cantar” . (Dick Van Dyke)
Continuava a crescere l’intesa tra Dario e Maria, accomunati dalla necessità di essere vicino alla grave miopia di Joe. I due giovani si frequentavano nei momenti liberi della giornata. A Maria piaceva ascoltare le canzoni di Bruce Springsteen e Rory Gallagher. Da qualche tempo aveva iniziato a prendere lezioni di taranta. A Dario non piaceva molto l’idea. Non era in sintonia con quel tipo di tradizione popolare, ma nonostante tutto, era rimasto profondamente affascinato dai passi e dalle movenze sensuali della ragazza vedendola danzare su quei ritmi ipnotici a piedi scalzi.
Il fazzoletto rosso tra le mani sarà il pegno d’amore che inaspettatamente Maria consegnerà a Dario durante uno spettacolo in piazza. La pizzica e il blues avevano molte cose in comune. La cultura popolare e la tradizione si incontravano tra le note dolenti della musica afro americana e quelle frenetiche del Tacco d’Italia. Un nuovo sound trovava una valvola di sfogo ad una vita fatta di lavoro duro e discriminazioni sociali. Dario era tornato a lavorare nei campi di proprietà della famiglia. Questa volta la fatica era supportata da un nuovo amore. La lavorazione della terra e dei prodotti agricoli, la cultura contadina, erano stati soppiantati dalla innovazione meccanica, ma in quel posto del Salento erano rimaste le tracce del mestiere antico:
“Ci puta a ugna, tene le crappe a ccutugna” (chi pota a unghia, avrà grappoli abbondanti).
Il calendario scandiva un nuovo anno. Les Guitars & Guns continuavano a incidere dischi e a tenere concerti nel nord Italia. I componenti si erano stabiliti a Bologna dove avevano trovato un nuovo posto di lavoro. Tra carenze e negazione delle ferie a causa delle numerose attività musicali, i quattro musicisti non avevano più fatto ritorno a casa. Volevano mantenere la promessa di tenere un concerto nella loro amata terra. Dario era in grado di gestire tutti gli aspetti che caratterizzavano un concerto, dalla fase creativa a quella esecutiva coordinando anche la comunicazione. C’era la volontà di rivedere il suo vecchio gruppo di amici e di ascoltare la sua band proprio nel posto in cui avevano cominciato a fare musica. L’atteso giorno del ritorno a casa dei “bolognesi” avvenne durante una splendida serata di agosto ad Acquaviva di Marittima sulla costa adriatica tra Otranto e Santa Maria di Leuca.
Scogliere alte e paesaggi mozzafiato erano pronti per ospitare il concerto dei Les Guitars & Guns. Il palco fu posizionato all’ingresso dell’insenatura, un posto meraviglioso e incontaminato dove è facile cullarsi e respirare il profumo delle acque verdi e fredde. Alle tre del pomeriggio, mentre molti erano ancora al mare e si godevano il sole, sotto il palco c’erano già alcuni curiosi seduti per terra, pronti ad accaparrarsi le prime file. Nel pubblico c’erano i parenti dei musicisti. I nonni e i cugini avevano portato le sedie pieghevoli da spiaggia e l’arredamento da campeggio. Si notavano giornalisti, speaker radiofonici, vecchi amici, commercianti di vino, ragazze del liceo e alcuni vecchi detrattori, tutti insieme per ascoltare e cogliere ogni minima sfumatura dell’esibizione.
Tutti erano attratti da una storia che era diventata una piccola leggenda da tramandare ai pronipoti. C’erano tanti figli di quella terra, emigranti con la barba lunga, baffi, capelli grigi e le basette pronunciate. In un angolo era seduta nonna Nuccia e rivedendo i suoi ragazzi cresciuti, con il cuore gonfio di gioia esclamò: “Ninni, Ninni, Ninni”.
E poi c’era la musica, quel sound che poteva anche non piacere di quel gruppo di cui si conosceva tanto ma si era ascoltato poco. Palco spoglio, fari biancastri, non c’era spazio per gli effetti speciali. Solo rock’n’roll e ballate vibranti. Il concerto dei Les Guitars & Guns iniziava a crescere nota dopo nota come un fiume in piena. La gente si muoveva, ancheggiava. L’esibizione andava via che era un piacere, i giovani avevano un bicchiere di birra in mano, i più anziani sbucciavano noccioline e mangiavano lupini nervosamente. La musica iniziava a coinvolgere tutti in una ragnatela di suoni da cui era impossibile districarsi. Prima del quinto brano arriva il colpo di scena. Les Guitars & Guns smettono di suonare. In sottofondo rimangono solo le note della chitarra ad accompagnare le parole di Jimmi:
“Ho sostituito Dario in uno dei momenti più difficili e dolorosi del gruppo e della sua vita privata. Tutti i componenti mi hanno accolto bene e mi hanno fatto sentire uno di loro, e questa sera, anche uno di voi. Oggi, in questa bellissima occasione, mi sento anch’io salentino. Lascio la chitarra a Dario perché le persone giungono sempre al momento giusto nei luoghi in cui sono attese. La band è tornata a casa, in questo posto incantevole e quasi fiabesco che ahimè non conoscevo. Se Les Guitars & Guns hanno avuto successo è anche merito dell’impegno e del cuore del suo primo chitarrista. Se lo vorrete tornerò sul palco per la sessione finale a improvvisare del buon blues con tutta la band”.
Dopo pochi minuti tutto il pubblico rimase ipnotizzato e affascinato dal suono della Fender Stratocaster di Dario.
La band non aveva avuto il tempo di provare con il suo vecchio chitarrista. Il rock’n’roll ritrovava i suoi eroi originali. Le chitarre ringhiavano come ai vecchi tempi. Nell’aria ci sono i suoni del mare e i profumi di salsedine ad accompagnare un’energia mai domata. Jimmi dal backstage, con un bicchiere di vino rosso in mano, sorride e commenta: “Indimenticabile! E’ incredibile la coesione di questi amici che padroneggia in questa parte del Salento, un lembo di terra che ha iniziato ad affascinarmi come nessun altro posto”.
Quella sera le zanzare non hanno potuto far nulla per offuscare una grande serata di rock’n’roll…
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