December 19, 2025

C’è una verità in cui credere fermamente: è la libertà del pensiero, di espressione e comunicazione. Ognuno è titolare della dignità insopprimibile di dire, scrivere, comunicare, senza essere censurato, emarginato, violato nella sua integrità. Ciò che può essere espresso da ognuno, grazie alla libertà conquistata da chi ha sacrificato a tale fine anche la propria vita durante gli anni più bui della nostra storia, deve, però, rappresentare solo una speranza, una ipotesi, mai una certezza.

Prestare attenzione, dare ascolto a chi ci sta vicino appare, quindi, un dovere morale imprescindibile, in quanto dedicare del tempo al nostro interlocutore non può che arricchirci, non può che completarci.

 

Ma oggi la nostra vita, attraverso i tantissimi mezzi di comunicazione che la tecnologia ha messo a disposizione, è aggredita e frastornata da continui flussi informativi manipolati, da pericolose attività di disinformazione, da innumerevoli messaggi che in molti casi adulterano la verità, deturpano la buona fede, condizionano irrimediabilmente la credibilità degli stessi.

Messaggi che rappresentano la violenza del potere, che continua ad operare in modo sempre più sottile, sempre più sofisticato, sempre meno visibile, ma sempre molto più efficace. Potere che, conscio della vulnerabilità delle opinioni pubbliche, considera la “massa” degli utili idioti, come pedine da manovrare e poi sacrificare.

E contro questa violenza la nostra irritazione, la nostra riprovazione sembrano, purtroppo, essersi spuntate, rimpiazzate da una rassegnazione che è forse il vero pericolo per la democrazia.

 

In effetti, la rappresentatività istituzionale a tutti i livelli viene oramai designata da un elettorato, peraltro numericamente lontanissimo da un quorum accettabile, ormai drogato, abituato a trarre la vita, o a sperare il proprio avvenire, dal piccolo o grande privilegio, dalla propria singola, particolare condizione di favore, forte della debolezza di una politica che, svincolata dalle “nobili” ide e caratterizzata da una rissosità che appare spesso segnata dal personalismo, rappresentata spesso dal tifo da stadio inscenato al bar dello sport, mostrata da goffi e ridicoli balletti, offre, in particolare in questo ultimo periodo storico, le sue peggiori prove come appoggio necessario per la sua sopravvivenza.

 

La più ovvia conseguenza di tutto ciò è la crescita del timore, dell’insicurezza con il conseguente instaurarsi del perfido sentimento della diffidenza ed ostilità verso gli altri. Ma nessuna società può reggersi, progredire, progettare il proprio futuro sulla paura, sull’incertezza. Dunque, bisogna lavorare intensamente per cambiare. Cambiare per vivere e non abdicare di fronte ad una situazione nella quale siamo perdenti soltanto se e quando ci diamo per vinti.

E il milieu brindisino non è da meno rispetto alla realtà comportamentale sopra rappresentata.

Tra inutili e patetici presenzialismi con gli elmetti in testa, tra incredibili lavori, pagati dalla comunità, di parziali riqualificazione di ponti o cavalcavia cittadini, degni di essere eseguiti solamente su altissimi viadotti o passi alpini, tra bandierine, pagate dalla comunità, fissate su strade dissestate e puntualmente abbattute, tra divieti di accesso a vie cittadine rivolte a tali “non frontisti”, tra pericolosissime rotatorie di recentissima ultimazione prive di illuminazione e molto, ma molto altro, tanto da far posizionare, come noto, Brindisi saldamente e costantemente in uno degli ultimi posti nella graduatoria nazionale della qualità della vita, viene utilizzato come paravento il becero mantra della falsa comunicazione che offende intimamente la sensibilità di ognuno.

Falsa comunicazione utilizzata da governi cittadini caratterizzati da pochezza e goffaggine, operativi per gestire, dietro lauto compenso, soltanto l’ordinarietà, l’ovvietà, fatte passare spudoratamente per conquiste, senza porre in essere, invece, comportamenti realistici e pragmatici, che prendano atto delle cose che non vanno affrontandole in modo strutturale e con una visione lungimirante, abbandonando, quindi, politiche effimere e di corto respiro, utili solo a spendere, anche male, le poche risorse pubbliche di cui ancora Brindisi dispone.

 

All’azione dovrebbe, invece, spingerci tutti non solo la sua utilità ma anche e soprattutto la sua efficacia etica, sociale e morale.
Questa dovrebbe essere la vera formula da considerare sacra, questo dovrebbe essere il vero mantra da osservare.

 

Buon Natale Brindisi.

 

Francesco D’Aprile

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