May 11, 2025

Genere: rock/punk

La scena musicale newyorkese è storicamente uno dei punti di riferimento dei nuovi trend musicali. Aspetto che se da un lato garantisce una posizione dominante nel dettare stilemi e gusti, dall’altro ha la pericolosa controindicazione di fungere da collettore di proposte vanesie che trovano la loro ragione di esistere esclusivamente nel lasso temporale in cui si concretizzano.

I Clouder sono l’eccezione che conferma la regola: una band senza lustrini che punta dritta al sodo con un album di puro punk-rock vecchio stile. I report live di chi ha assistito alle loro performances, raccontano di un gruppo scatenato in grado di comunicare tutto il senso d’urgenza proprio della musica punk. Sister Raygun è il secondo disco della band newyorkese e suona esattamente come ci si aspetterebbe da una band che annovera il “punk” fra i generi di riferimento: un disco movimentato senza alcun tipo di orpelli. Accordi e semplici melodie orecchiabili, chitarra rigorosamente in overdrive, linee di basso groovy e cantato incalzante ed a tratti teatrale. Le prime tracce sono un perfetto avvicendarsi di rock ‘n’ roll, surf music, punk e melodie pop.

Lost in Reverie” spicca per il suo tono minaccioso che sembra ricordare in certi frangenti gli Echo And The Bunnymen di “Killing Moon”. “All The Royal Years Are Gone” è un pezzo scanzonato ed al tempo stesso trascinante, con quella sua cantilena tipicamente punk. Ma in Sister Raygun c’è anche spazio per i momenti più cadenzati come suggerisce (sin dal titolo) “ The Ballad Of Sister Raygun”, con i suoi ammiccamenti smodatamente pop, sembra di ascoltare una ballata liceale anni 60′, ma la voce di Eric Gilstrap e le chitarre scarne sono sempre lì a ricordarci che non siamo in un teenmovie. “Western Wastelands” è una canzonatura indie, tutta gioca sull’incedere del basso ed i vocalizzi di Gilstrap. La conclusiva “Doldrums” è un tributo alla tradizione rock ‘n’ roll rivisitata in chiave psichedelico/fuzzosa, con le sue chitarre disarticolate ed un cantato fra il tragico e lo spiritato. Sister Raygun ha un sound dannatamente retrò che funziona, figlio di un revival maturo che punta dritto sulla riproposizione di determinate emozioni, anziché insistere sulla semplice replica del “modo” di comporre. Una menzione d’onore al cantato, estremamente ispirato ed espressivo, merito anche del comparto musicale che riesce ad esaltare le doti canore del frontman. Una prova coraggiosa che merita più di un ascolto.

James Lamarina

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