May 8, 2025

Marshall McLuhan, nel suo capolavoro Gli Strumenti Del Comunicare, sosteneva che: “ogni invenzione o tecnologia è un estensione o autoamputazioone del nostro corpo, che impone nuovi rapporti o nuovi equilibri tra gli altri organi e le altre estensioni del corpo”1.

Un pensiero rivoluzionario, che in poche righe, cattura l’essenza del rapporto fra uomo e tecnologia, ridefinendo le relazioni fra utilizzatore e oggetto, creatore e creazione. Prima di McLuhan, la barriera che separava l’uomo dalla tecnica, per quanto pervasiva potesse essere quest’ultima, imponeva un approccio ad essa prettamente utilitaristico. La macchina/oggetto/tecnologia veniva percepita, unicamente, come una leva favorevole al progresso umano, un corpo esterno totalmente estraneo alla natura umana.

Le epidermidi meccaniche e biologiche, erano le superfici di due mondi scissi, che si incontravano esclusivamente nell’azione. La grande visionarietà di McLuhan consiste nell’aver ripensato questo rapporto in una chiave psico-biologica; nel momento in cui la tecnologia viene definita come estensione o autoamputazione di un organo umano, il legame fra uomo e tecnica si fa più stringente, la barriera strumentale crolla. L’uomo muta nell’uso, poiché arricchisce il sé di un elemento che prima riteneva estraneo ma che ora sa di aver metabolizzato.

E’ bene sottolineare, che il processo espresso da McLuhan, non è iniziato subito dopo la pubblicazione di Strumenti Del Comunicare, il legame simbiotico fra uomo e tecnica è sempre stato intimo, poiché l’invenzione nel momento in cui viene utilizzata processa cultura, indipendentemente dal periodo storico preso in esame.

Il merito dello studioso è stato quello di rendere l’uomo contemporaneo consapevole di tale avvenimento, mostrando la necessità di un remapping dei sensi e dell’anatomia umana, modificati dal progresso tecnologico.

L’intuizione mcluhaniana però, per poter dispiegare tutto il suo potenziale, ed essere totalmente compresa, ha dovuto attendere la massificazione del PC, il capolavoro delle ICT (information and communication technologies, tecnologie informatiche della comunicazione), che ha mostrato all’uomo comune come la tecnica sia più di una semplice cosa, in grado di facilitare il lavoro o la vita di tutti i giorni.

La grande svolta segnata dall’avvento delle ICT, trova, ancora una volta, una sintetica definizione nel pensiero di McLuhan, secondo il quale queste tecnologie rendono l’uomo “un organismo che indossa il cervello fuori dal cranio e i nervi fuori dalla pelle”2.

L’immagine trova una chiara concretizzazione nel personal computer: una macchina, dunque una creazione artificiale, il grado di emulare la caratteristica prerogativa dell’essere umano, il pensiero. Basti pensare all’intelligenza artificiale (I.A.), la sua consistenza è matematica, una sequenza di bit, un alternarsi di zero e uno, che svolge calcoli, simulazioni complesse, esegue lavori autonomamente, arrivando ad interagire con l’essere umano, tramite apposite interfacce.

Le ICT hanno dischiuso nuovi orizzonti interattivi prima impensabili, “umanizzando” la tecnica, sottraendola al dominio della cosa inanimata.

Erik Davis nel suo libro Techgnosis, coglie la peculiarità dei nuovi media a base informatica in tutta la loro portata rivoluzionaria, quando sostiene che: “ la tecnologia dell’informazione trascende il suo status materiale, per il semplice fatto di permettere la codifica e la trasmissione […] Del pensiero e del significato […] Nel momento in cui creano una nuova interfaccia tra il sé e il mondo circostante, le tecnologie dei media diventano esse stesse parte del sé, dell’altro e del mondo circostante.”3

Il grande fascino esercitato dalla “macchina pensante” ha sancito un matrimonio paradossale: quello fra tecnologia e religione, una strana alleanza, che si innerva nelle fascinazioni suscitate dalle frontiere nebulose delle scienze avanguardistiche. In queste zone di confine, che sfuggono a qualunque spiegazione definitiva, hanno trovato terreno fertile nuovi culti religiosi, fondati sul superamento dei limiti biologici dell’uomo, nel tentativo di sconfiggere il più grande dei mali: la morte.

La quintessenza di questa infatuazione è espressa dal cyberpunk, una corrente letteraria e culturale sviluppatasi nella seconda metà degli anni ottanta, il cui merito è stato ed è, quello di aver speculato in modo romanzesco e quindi fruibile al grande pubblico, sulle implicazioni sociali-biologiche-religiose, della simbiosi fra uomo e macchina. La filosofia cyberpunk ha mostrato, in anticipo sui tempi, come le ICT siano dei catalizzatori di miti, un olimpo postmoderno, che l’uomo ha eretto nella speranza di emanciparsi dal suo inevitabile destino, fondendosi con la macchina.

  1. Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, tr. it. Net, Milano, 2002, p.55
  2. Antonio Caronia, Domenico Gallo, Houdini e Faust. Breve storia del cyperpunk, Baldini&Castoldi, Milano, 1997, op., cit., p.158
  3. Erik Davis, Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, tr. it., Ipermedium, Napoli, 2001, p.24

    James Lamarina

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