July 27, 2024

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5-per-mille[1]    Ci avevano provato fin dal 2011. Anche se la notizia, tenuta accortamente sottotraccia, è trapelata solo due anni dopo. E non poteva essere diversamente visto che nessuno se la sentiva di diffondere una voce che poteva fare solo arrossire dalla vergogna. Si trattava del prelievo forzoso operato dalla Ragioneria dello Stato (il cui obiettivo istituzionale ˗ si badi bene! ˗ è quello di garantire la corretta gestione e la rigorosa programmazione delle risorse pubbliche…) ai fondi che gli italiani destinano alle attività sociali e della ricerca. In altre parole, a quel volontariato che spesso fa da argine alle fragilità ˗ una volta tanto non idrogeologiche ˗ del Paese.

 

Come si fa a dirottare più di 90 milioni di euro, liberamente versati da centinaia di migliaia di cittadini per sostenere associazioni e fondazioni che su quei contributi costruiscono un programma di utilità sociale, senza sentirsi in imbarazzo per un patto di fiducia tradito? Ebbene, l’avevano fatto! E senza grandi pentimenti. E nemmeno con un accenno di rosso sulle guance. Amleto avrebbe gridato: “O vergogna, dov’è il tuo rossore?”.

L’unica accortezza era stata quella di tenere celata la cattiva azione il più a lungo possibile.

Risultato dell’operazione: dei circa 490 milioni raccolti attraverso le dichiarazioni dei redditi ne restavano più o meno 392 da indirizzare al no profit. Come dire che, per l’anno 2011, il cinque per mille era diventato, alla faccia della legge che l’aveva istituito, più o meno un quattro per mille…

 

Si chiudeva così maldestramente, dopo silenzi e polemiche, il capitolo dei fondi che 17 milioni di cittadini avevano inteso destinare alle attività socialmente utili. Un lavoro “nero” (nel senso della invisibilità), questo del sociale, ma gratificante per chi lo svolge e generoso verso i diversamente abili ed i deboli. Un puntello fondamentale del welfare che incrocia il mondo della ricerca, dello sport e della cultura.

 

AIPD CALENDARIONaturalmente le ripercussioni, dirette o indirette, a seguito di quello scippo ci furono. Eccome! In quanto Socio Collaboratore di uno di questi benemeriti organismi no profit (l’Associazione Italiana Persone Down) ebbi modo di constatare ˗ in assenza di altre variabili ˗ il sensibile calo della somma assegnata alla Sezione AIPD di Brindisi. Tutto questo in un momento in cui lungaggini burocratiche e odiosi rimpalli tra gli Enti (Comune e ASL) deputati per legge al mantenimento dei Centri diurni socio-educativi e riabilitativi (come quello che, a Brindisi, rappresenta una diretta emanazione dell’AIPD) ne rendevano problematica la sopravvivenza!

Poi le quote dell’imposta Irpef che lo Stato ripartisce tra gli Enti votati alle attività socialmente rilevanti si sono stabilizzate su queste cifre bugiarde e anche la frequenza fino ad allora “ballerina” dell’accredito si è normalizzata (più o meno due anni dalla dichiarazione dei redditi di riferimento).

 

Il fattaccio dello storno fuori luogo della Ragioneria dello Stato sembrava dunque un deprecabile incidente del passato quando, fulmine a ciel sereno, è giunta, in questi giorni, un’altra sconcertante notizia. A fornirla è stata una relazione della Corte dei Conti sul meccanismo del 5 per mille. Nella relazione, a chiare lettere, si denuncia come i soldi destinati dai contribuenti a finanziare le Onlus benefiche e filantropiche possano finire anche alle fondazioni politiche!

 

5-per-mille-Fotogramma_258[1]“Esemplare per l’incertezza delle disposizioni ˗ scrivono i giudici contabili ˗ la vicenda relativa alle fondazioni. All’origine furono previste nella categoria del volontariato; nel 2007 furono escluse quelle non qualificate come Onlus, a meno che non rientrassero nella tipologia della ricerca scientifica. Per gli anni 2007-2009 fu inserita una categoria specifica: le fondazioni nazionali di carattere culturale, peraltro, di difficile individuazione, essendo il requisito culturale di incerta qualificazione”.

 

Senza dire che ˗ continua la relazione della Corte dei Conti ˗ “la mancanza di una rigorosa selezione ha fatto crescere a dismisura il numero dei beneficiari” rendendo altresì possibili, tra gli ammessi, “le fondazioni di tendenza politica”. Ma anche i fondi di assistenza e previdenza e “le fondazioni di supporto alle squadre di calcio”. Il rapporto segnala infatti come nella lunga lista figuri anche, fra le Onlus, la Fondazione Milan, emanazione del Club di Silvio Berlusconi…

 

Ma c’è molto di più scorrendo una lunga lista di fondazioni che Sergio Rizzo ha pubblicato qualche giorno fa sul Corriere della Sera. C’è la “Italianieuropei”, fondazione nata nel 1998 per volontà di diversi politici e intellettuali; si occupa di politica, impresa ed europeismo ed è presieduta da Massimo D’Alema. C’è la “MagnaCarta”, costituita nel 2004 allo scopo di dedicarsi “alla ricerca scientifica, alla riflessione culturale e alla elaborazione di proposte di riforma” (il presidente è Gaetano Quagliarello).

 

“Liberal”, invece, è una fondazione del 1995, nata per iniziativa di Ferdinando Adornato per “favorire lo sviluppo dei valori etici e politici del pensiero liberale laico e cattolico”. A dimostrazione che queste fondazioni si muovono indifferentemente da destra a sinistra e dal terreno laico a quello cattolico, sono da segnalare anche la “Nuova Italia”, nata nel 2003 per “valorizzare e promuovere la cultura popolare, comunitaria, tradizionale e nazionale” (è presieduta da Gianni Alemanno) e l’associazione Radio Maria che ha registrato nel 2010 introiti per 2,1 milioni sotto la voce “volontariato”…

 

notaio2[1]Credo che però la palma della… provocazione (per gli organismi no profit e le “vere” Onlus) spetti alla “Fondazione Italiana del Notariato”, attiva dal gennaio 2006 con l’intento di “migliorare le qualità professionali e culturali dei notai italiani”. La fondazione, con appena 1081 contribuenti, ha portato a casa quasi 800 mila euro!

 

Ma come si è giunti a questo dilagare di fondazioni che hanno stravolto la ratio della legge del 5 per mille? Soprattutto, come si è potuta dare la stura a questi aspetti truffaldini che, di fatto, mascherano un finanziamento pubblico ai partiti? Quello che ˗ forse! ˗ la legge approvata in settimana dovrebbe eliminare nel giro dei prossimi tre-quattro anni…

 

Va detto che la colpa è innanzitutto ascrivibile a una giungla intricatissima di leggi: ben 21 in sette anni! Per non parlare dei controlli praticamente inesistenti. Basti dire che, nonostante spetti al Ministero del Lavoro fare i riscontri sulle migliaia di potenziali destinatari dei finanziamenti  “segnalando eventuali posizioni da sospendere, tale attività ˗ sottolinea il rapporto della Corte dei Conti ˗ risulta esercitata una sola volta”.

 

Ci sono gli estremi per pensare ad una ventiduesima legge che riporti chiarezza nella materia eliminando le furberie di queste fondazioni che versano soltanto soldi nelle casse dei partiti? Si potrà eliminare la vergogna di queste finte Onlus che sottraggono risorse a benemerite associazioni per la promozione sociale e la ricerca scientifica (quella vera!), oltre che alle storiche fondazioni di cultura politica?

Oppure dobbiamo sconsolatamente concludere, insieme a Italo Calvino, che “l’Italia è un Paese che si regge sull’illecito”? E che continuerà a farlo nonostante l’anomalo e troppo frequente cambio di Governi ahimè sordi ai gridi dei cittadini?

 

GUIDO GIAMPIETRO

 

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