Genere: post-punk/dark wave
Dust è il secondo album dei texani I Love You But I’ve Chosen Darkness (un monicker che è tutto un programma), giunti al nuovo traguardo discografico dopo ben otto anni di silenzio dal disco d’esordio Fear Is On Our Side, prova di pregevole fattura che valse loro l’attenzione da parte della critica e del pubblico della scena dark post-punk. Nell’analizzare il nuovo Dust non si possono ignorare le coordinate temporali del precedente lavoro, Fear Is On Our Side arrivò in pieno revival post-punk, mentre i vari Interpol, Bloc Party, Editors e compagnia varia si contendevano le orecchie degli ascoltatori. Oggi la situazione è profondamente mutata, le mode, è noto, vanno e vengono e con loro anche i gusti di chi determina le classifiche, come testimonia l’attuale imperversare di band indie-folk, nuova miniera d’oro della scena musicale globale. Dust è dunque un album decisamente anacronistico dal punto di vista commerciale, un appunto che certamente non pregiudica il valore del disco, ma che spiega anche il contenuto risalto mediatico rispetto al disco d’esordio. Da un punto di vista prettamente stilistico Dust è un concentrato di dark wave anni 80′ aggiornata all’epoca del post rock e dello shoegaze (sorta di trinità divenuta oggi un must per le nuove leve).
Musicalmente parlando il nuovo album soddisfa le aspettative di quanti erano rimasti affascinati dal primo lavoro. “Faust”, il singolo di lancio, è una porta aperta sul passato, con il suo incedere oscuro e le chitarre spettrali. “Come Undone” e “Walk Out” si alimentano della stessa nebbia, pezzi notturni e cupi come da tradizione. Una tradizione che esplode in tutta la sua forza nella conclusiva “WAYSD”, un brano di purissima dark wave anni 80′ che farà felici tutti gli appassionati. Ma Dust è anche il disco delle novità, otto anni di distanza dall’esordio lasciano il segno e gli inevitabili cambiamenti fanno capolino in melodie meno sofferte. “Safely”, “Stay Awake” ed “Heat Hand Up”, mostrano la vena romantica dei texani, scacciando le tenebre in favore di inediti sprazzi luminosi. E proprio la nuova attitudine “solare” (termine da prendere con le pinze) rappresenta la più grande differenza con il precedente album, ovvio parametro di valutazione, decretando il successo di una prova che seppur di qualità non riesce però a raggiungere gli elevatissimi standard compositivi di Fear Is On Our Side.
James Lamarina
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