Genere: elettronica
Settimo album per il camaleontico gruppo statunitense e tappa di un nuovo itinerario stilistico che conferma la vena sperimentale e cangiante del terzetto, partito dai lidi dance-punk per approdare ad un avant-rock adulto condito di spasmi elettrici (non poco radioheadiani), condendo la traversata di tribalismi esoterici e tributi alle percussioni.
Il nuovo Mess è un disco sintetico che di chitarristico ha ben poco o quasi nulla, preferendo alle corde i bit del computer e le manopole dei synth. I Liars proseguono il discorso “strumentale” interrottosi con il precedente WIXIW, scollandosi di dosso l’onnipresente debito verso i Radiohead, indubbiamente fonte di ispirazione per gli statunitensi, ed optando per una svolta dagli intenti dance ma dagli effetti decostruzionisti fondata su beat percussivi e sintetizzatori aggressivi.
Nell’iniziale “Mask Maker” sembra di ascoltare i Suicide aggiornati all’epoca dell’ebm, senza dimenticare la vena dark-allucinatoria, tutta racchiusa nel testo ammiccante e nel cantato stregonesco di Andrew. Pressoché onnipresente la drum machine, che scandisce il tempo in modo ossessivo, con buona pace dei nostalgici acustici. La prima parte del disco non lascia respiro sino al bivio di “Can’t Hear Well”, pezzo più tranquillo ed atmosferico.
“Mess on a Mission”segna il ritorno dei Liars alle sonorità che li hanno resi celebri: ritmiche martellanti, melodie stridenti e complicate e voce sciamanica. “Perpetual Village” prosegue quanto fatto nella precedente traccia, denunciando però una certa prolissità di fondo. “Left Speaker Blown” è il brano di chiusura in un fa la sua comparsa, per la prima volta, la chitarra elettrica, anche se filtrata sino all’inverosimile
Mess tenta di recuperare l’euforia dancereccia elettrica dell’esordio They Threw Us All in a Trench and Stuck a Monument on Top, trasfigurandola attraverso l’ossessività di They Were Wrong, So We Drowned e Drum’s Not Dead e gli influssi avant-rock di Sisterworld. Oltre l’autocitazionismo discografico rimane però un album che stenta a decollare. Sicuramente interessante da un punto di vista “accademico”, quale manufatto musicale di inventiva e sperimentazione, ma carente nell’impatto emotivo.
James Lamarina
No Comments