Nel quadro dell’attuale produzione di energia elettrica in Italia e delle sue prospettive future è ancora necessario o utile avere ancora una mega centrale a carbone come quella di Cerano?
Noi crediamo di no.
Da una semplice lettura dei dati statistici sull’energia elettrica in Italia per l’anno 2012, contenuti nella “nota di sintesi” pubblicata sul sito di Terna s.p.a (la società di gestione della rete nazionale), risulta evidente che la potenza installata, ovvero la possibilità di generare energia elettrica da parte degli impianti esistenti, sia oltre il doppio di quanto richiesto nel momento di massimo consumo (picco di domanda).
I numeri sono chiari, su 124.234 MW di potenza istallata si utilizzano al massimo 54.113 MW, circa il 43% di quelli disponibili.
Ma non basta, rispetto all’anno precedente, nel 2012 c’è stato un incremento del 4,9%, ben 5.791 MW in più, una potenza equivalente ad oltre due centrali di Cerano.
Un incremento sostenuto dagli impianti di energie rinnovabili, in particolare quelli fotovoltaici, che hanno avuto una crescita fino a pochi anni fa ritenuta impossibile.
Appare quindi evidente che in Italia esiste già ora un eccesso di impianti di produzione di energia elettrica. Con un tendenziale incremento di quelli alimentati con fonti rinnovabili. Sarebbe quindi logico che la strategia energetica nazionale prevedesse non solo di non procedere alla realizzazione di ulteriori centrali alimentate da combustibili fossili, ma di iniziare a ridurre la loro ingombrante presenza, a cominciare da quelle di maggiore impatto ambientale. Nello stesso tempo andrebbe subito regolata e favorita la crescita della produzione da fonti rinnovabili, tramite piccoli impianti distribuiti sul territorio, collegati in rete e dotati di sistemi di accumulo dell’energia elettrica.
Finalmente, a livello internazionale e soprattutto europeo, la possibilità di un progressivo abbandono dell’uso di fonti fossili per la produzione di energia non viene più considerata un’utopia, come accadeva nel recente passato, ma piuttosto un obiettivo prioritario per la sopravvivenza ed il benessere dei popoli.
Appare quindi evidente che in Italia esiste già ora un eccesso di impianti di produzione di energia elettrica. Con un tendenziale incremento di quelli alimentati con fonti rinnovabili. Sarebbe quindi logico che la strategia energetica nazionale prevedesse non solo di non procedere alla realizzazione di ulteriori centrali alimentate da combustibili fossili, ma di iniziare a ridurre la loro ingombrante presenza, a cominciare da quelle di maggiore impatto ambientale. Nello stesso tempo andrebbe subito regolata e favorita la crescita della produzione da fonti rinnovabili, tramite piccoli impianti distribuiti sul territorio, collegati in rete e dotati di sistemi di accumulo dell’energia elettrica.
Finalmente, a livello internazionale e soprattutto europeo, la possibilità di un progressivo abbandono dell’uso di fonti fossili per la produzione di energia non viene più considerata un’utopia, come accadeva nel recente passato, ma piuttosto un obiettivo prioritario per la sopravvivenza ed il benessere dei popoli.
Perché allora non proporre a cominciare dall’Italia l’eliminazione di quei combustibili, come il carbone, che provocano i maggiori danni alla salute, all’ambiente ed al clima?
Perché continuare a subire sul nostro territorio la presenza di mega impianti a carbone come quello Enel di Cerano o Edipower (di cui chiediamo l’immediata e definitiva chiusura), con tutte le conseguenze negative non solo sulla salute delle popolazioni salentine, ma anche sulle possibilità economiche ed occupazionali legate alla funzionalità del porto e dei circa 12 km di costa a sud di Brindisi, allo sviluppo di attività sostenibili, al turismo o all’agricoltura?
Sono domande apparentemente ingenue, le cui risposte si trovano negli enormi interessi economici in gioco che riescono a condizionare buona parte del sistema politico e sociale.
Perché continuare a subire sul nostro territorio la presenza di mega impianti a carbone come quello Enel di Cerano o Edipower (di cui chiediamo l’immediata e definitiva chiusura), con tutte le conseguenze negative non solo sulla salute delle popolazioni salentine, ma anche sulle possibilità economiche ed occupazionali legate alla funzionalità del porto e dei circa 12 km di costa a sud di Brindisi, allo sviluppo di attività sostenibili, al turismo o all’agricoltura?
Sono domande apparentemente ingenue, le cui risposte si trovano negli enormi interessi economici in gioco che riescono a condizionare buona parte del sistema politico e sociale.
La nostra opposizione all’uso del carbone come combustibile nelle centrali termoelettriche, come nel caso di Cerano, si basa sul peso dei costi sociali ed ambientali che questo comporta e che non possono essere certo compensati dal finanziamento di attività culturali o sportive.
Anche il beneficio occupazionale non può essere utilizzato come un’arma di ricatto.
Nella massima tutela di tutti i lavoratori, vanno quindi cercate soluzioni alternative che garantiscano il benessere di tutti, lavoratori compresi.
L’ipotesi di arrivare nei prossimi anni alla dismissione della centrale di Cerano può apparire velleitaria e puramente provocatoria, ma non è così.
Siamo partiti dai dati nazionali per evidenziare che l’apporto della centrale di Cerano in termini di potenza installata, con i suoi 2.640 MW, non è affatto determinante alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica.
In altre parole, da questo punto di vista, se ne potrebbe tranquillamente fare a meno.
A questo si aggiunge che, a livello regionale, la Puglia registra un surplus di energia elettrica pari all’83,5% (produce quasi il doppio di quello che consuma), con una produzione assoluta di poco inferiore solo a quella della Lombardia.
A questo si aggiunge che, a livello regionale, la Puglia registra un surplus di energia elettrica pari all’83,5% (produce quasi il doppio di quello che consuma), con una produzione assoluta di poco inferiore solo a quella della Lombardia.
Questo aspetto sgombera il campo dalla presenza di presunti interessi strategici di sicurezza nazionale. Restano invece molto forti gli interessi dell’azienda ENEL e dei soggetti che a vario titolo ne sono cointeressati.
Non è in discussione tanto l’atteggiamento dell’azienda, che cinicamente cerca di perseguire i suoi interessi economici e commerciali, ma quello che ci sembra chiaro è che l’interesse generale stia da un’altra parte, cioè dalla parte delle popolazioni.
Questo lo vogliamo ricordare in particolare ai soggetti politici che, in quanto rappresentanti del popolo, sono tenuti a tutelare l’interesse generale, sia a livello nazionale che locale.
A questo proposito, continueremo a seguire e sostenere le proposte e le iniziative che vanno nella direzione di un ridimensionamento del polo energetico brindisino e della eliminazione dell’uso del carbone. Come faremo anche in occasione del Consiglio Comunale monotematico previsto in gennaio a Brindisi.
A questo proposito, continueremo a seguire e sostenere le proposte e le iniziative che vanno nella direzione di un ridimensionamento del polo energetico brindisino e della eliminazione dell’uso del carbone. Come faremo anche in occasione del Consiglio Comunale monotematico previsto in gennaio a Brindisi.
Ma, anche per le considerazioni esposte, riteniamo possibile e necessario proporre in modo chiaro, per i prossimi anni, la progressiva e definitiva dismissione della centrale di Cerano. Un’ ipotesi complessa che va definita nei tempi e nei modi, da associare ad una revisione dell’intero comparto industriale, che porti alla bonifica dell’area ed alla dismissione di tutti gli impianti che inquinano e devastano il nostro territorio. In un possimo futuro vorremmo poter offrire ai nostri figli, ma anche a noi stessi, un ambiente sano e ed un territorio non asservito, in grado di recuperare e valorizzare le sue potenzialità, sviluppando così opportunità di lavoro e benessere per tutti. Un augurio non da poco … buon 2014!
No Comments