May 2, 2025

Da diversi giorni l’opinione pubblica è sollecitata da notizie, pareri e prese di posizione sul nuovo piano dei parcheggi della città. Si segnalano soprattutto criticità e lamentele da parte di residenti del centro urbano ed associazioni sulle novità introdotte per migliorare la circolazione e soprattutto la sosta, breve o prolungata.

 

Quale sembra essere l’idea di base che ha portato, Commissario straordinario e tecnici comunali, a proporre un nuovo “piano”?

 

L’idea di base sembra quella di rendere meno incerta la possibilità di raggiungere in auto l’area urbana del centro e trovarvi stalli di sosta. Tutto ciò individuando zone e vie nel cuore urbano, la cosiddette zone rosse, con tariffa progressiva in rapporto alla durata della sosta stessa. Queste aree e vie sono interdette ai pass per residenti, per i quali sono rese disponibili anche numerosi stalli in zone bianche gratuite. Per soste brevi sono disponibili, non numerosi, stalli gratuiti in zone arancioni.

 

Attenzione si direbbe, dunque, a quella parte di city users non residenti che in ore diverse e per differenziate necessità e scelte utilizzano la città, con particolare riferimento al centro.

 

Sotto testo a tutto ciò l’idea, dunque, che la città debba poter attrarre favorendo l’accessibilità o quanto meno rimuovere barriere di segno contrario. A tal fine inoltre, fermandosi in aree contigue, è disponibile un servizio gratuito di navetta che percorre i corsi ed il lungomare.

 

Riassunta in questo modo l’idea di base della nuova disciplina incontrerebbe il favore di potenziali utilizzatori “silenti” e, non poteva essere altrimenti, si scontri invece con malumori diffusi di molti residenti in zona centrale, variamente “rumorosi”. Questi anche gravati, per ottenere il pass per la seconda auto di famiglia, da un canone annuo particolarmente oneroso per le cosiddette zone blu. In verità sembrerebbe che numerosi abbiano già “occupato” in modo stabile le zone bianche ai margini delle strade centralissime.

 

Tenuto conto che ogni tentativo di cambiare aspetti che si riflettono immediatamente sulle cosiddette “pratiche urbane” della nostra vita quotidiana (unica dimensione reale e concreta del nostro modo di vivere lo spazio pubblico, qualunque esso sia) si segnala la criticità che inerisce le dimensioni pubblico/privato e processi decisionali/democrazia.

 

Mi riferisco alle oramai diffuse procedure socio politiche della partecipazione, quando si affrontano tematiche e problematiche che immediatamente si riflettono sui comportamenti sociali e culturali, investendo esplicitamente la “condizione politica” dello status di cittadino.

 

Tutto ciò ha a che fare, come praxis vera e propria, con l’autorevolezza e la legittimazione delle determinazioni che agiscono nella sfera collettiva dell’interesse pubblico e dei beni comuni. Non ci si può estraniare dalla realtà, e dalla recente turbolenta e inenarrabile storia amministrativa cittadina con il commissariamento della polis, ma c’è da porsi la questione se ciò che può ricadere, e ricade, nella sovranità del cittadino non debba provare a percorrere processi di condivisione e responsabilizzazione. Difficile cammino, e non sfugge ovviamente la rissosità da condominio tipica quando ci si muove dai mille particulari, ma non si può nascondere quanto dipenda da noi cittadini poter avere una città amica (friendly) e responsabile verso il bene comune.

 

E qui emerge la domanda di fondo: quale città si vuole? Quale percorso/processo attivare per definire un comune sentire? Quale capacità individuale, corporativa e collettiva occorre per una diversa responsabilità di noi brindisini verso il bene comune? Per esempio, ciò vale ovviamente anche per le attività commerciali del centro. Considerando la crisi generalizzata del settore, anche fuori dai confini nazionali, la limitata sosta su Corso Garibaldi funziona come l’acqua santa al già trapassato. La “città vetrina” è ricordo di un passato che i cambiamenti avvenuti negli ultimi 20 anni hanno relegato a letteratura sociologica essendosi modificate le modalità dei consumi e quelle delle “pratiche urbane e quotidiane”.

 

E allora chiedersi: cosa significa oggi “centro” e “identità dei luoghi”? Siamo in epoca di “flussi” e conoscerli e intercettarli comporta “visioni rigenerative” dei contesti urbani. Che il centro debba “costare di più”, definizione attribuita al Commissario – Sindaco, rimanda a erronee attribuzioni di privilegi che le stesse ideologie, in voga tempo addietro, hanno ampiamente superato.

 

L’imminente consultazione elettorale per la città prefigura il rischio di consueti e consolidati aggiustamenti pro particulari, con l’orecchio agli effetti e non indagando cause remote mossi da visioni organiche. La macchina urbana è complessa e non bastano certo restyling parziali a ridefinirla: nota vecchia arte di buttare la polvere sotto il tappeto. La politica sappia, si spera, non farsi trascinare da modesti e temporanei consensi. La vera legittimazione e autorevolezza della stessa passa da proposte che abbiano uno sguardo creativo verso il domani, e siano plurali.

 

La vera, mia città, è quella che accoglie, che fa sentire cittadini, che offre luoghi significanti, che può far “vedere ad un bambino quello che può diventare da grande” (Khan). Ci si sforzi di dare nuova cittadinanza alla bellezza, alla mitezza, alla sociabilità, alla sostenibilità.

 

I “piani”, del traffico e/o della sosta, siano sempre sperimentali. Ognuno di essi deve, apparteniamo alla “complessità”, verificare continuamente la propria validità e gli effetti anche indesiderati e finanche perversi. Dall’idea il progetto, e a seguire la verifica dell’efficacia e gli aggiustamenti che ne derivano, in un circuito virtuoso di ogni implementazione che riguarda persone, luoghi, dinamiche economiche, tempo libero, qualità della vita e, non ultima, l’identità dell’oggi di cittadini e ospiti.

Che piacere quella “piazza del mare” solcata da vaporetti che si vorrebbe più frequentati. Che piacere sarebbe vedere tante biciclette, trovare spazi funzionali e godibili per i pedoni, non aspettare invano bus urbani, fare una città “intelligente”.

 

Brindisi è una città per vecchi? E’ una città per bambini che la “usano”? Sarà quel che ne facciamo e ne faremo.

 

 

Emanuele Amoruso

One Comment

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    Gabriele
    25 Febbraio 2018

    LELE AMORUSO, CON L”OCCHIO CLINICO DEL SOCIOLOGO, TRACCIA UN’ACUTA ANALISI DELLE CONGUENZE CAUSATE DAL PREMATURO E…MONOCRATICO ” PIANO SOSTA “. LO FA SOTTOLINENANDO LA MANCANZA DI RICERCA DI CONDIVISIONE E, SOPRATTUTTO, DI VISIONE GLOBALE DI UN PROGETTO AD AMPIO RESPIRO, INDISPENSABILE PER ARMONIZZARE LA VIVIBILITA’ URBANA E RICERCARE SOLUZIONI MIRATE A RISOLVERE I COMPLESSI PROBLEMI DI UNA SOCIETA’ SEMPRE IN TRASFORMAZIONE. AMORUSO AUSPICA E SUGGERISCE, INFINE, NON APPENA BRINDISI AVRA’ LA SUA NUOVA AMMINISTRAZIONE, L’AVVIO DI UN INELUDIBILE PERCORSO VIRTUSO CHE ABBIA L’OBIETTIVO DI TRASFORMARE UNA VOLTA PER TUTTE LA NOSTRA AMATA CITTTADINA IN UNA ” CITTA’ IDEALE “. FINE AMBIZIOSO MA RAGGIUNGIBILE, CONSIDERATO CHE, COME SCRIVEVA IL GRANDE GALEANO, L’UTOPIA SERVE PROPRIO A FARCI CAMMINARE…