Ora tutti a chiedersi: qual è la vera Enel Brindisi? Quella capace di espugnare Cremona grazie ad un ultimo quarto super o quella capace di perdere in casa contro Brescia a causa di un ultimo quarto disastroso?
Una domanda legittima alla quale ancora oggi, dopo sette giornate di campionato, è difficile dare una risposta. Specialmente dopo aver rimediato la seconda sconfitta casalinga stagionale, per giunta contro una squadra ampiamente alla portata dei biancoazzurri, contro un Brescia reduce da cinque sconfitte consecutive e con un allenatore (Diana) in odor di esonero.
Invece i lombardi non soltanto hanno dato il massimo dal punto di vista dell’agonismo, ma tatticamente hanno eseguito alla lettera il piano partita studiato dal loro coach abile a bloccare le bocche di fuoco dell’Enel Brindisi alternando zone pure a zone miste, non consentendo così a M’Baye e compagni di trovare i giusti ritmi.
Il tutto agevolato dalla solita scarsa propensione al rimbalzo e al tagliafuori che non ha quasi mai permesso a Brindisi di distendersi in contropiede, quasi mai una soluzione primaria o in transizione, ma soprattutto azioni macchinose contro la zona che non hanno quasi portato a tiri comodi o in ritmo.
Insomma Brindisi ha faticato parecchio, specialmente nell’ultimo quarto quando, dopo aver avuto in mano l’inerzia del match (60-52) ha subito un parziale di 13-3 che ha restituito morale ai lombardi che, in attacco hanno trovato canestro importanti, mentre in difesa hanno aumentato l’intensità difensiva costringendo Brindisi a perdere palloni importanti (alla fine 16).
D’accordo il fallo tecnico (evitabilissimo) subito dalla panchina biancoazzurra ha spezzato il ritmo dell’Enel nel suo momento migliore, ma resta comunque l’ultimo quarto da cancellare in un match nel quale i padroni di casa avrebbero potuto ottenere i due punti.
Sarebbe bastato flottare maggiormente sugli esterni bresciani che in più di qualche occasione hanno tirato in tutta comodità, andare tutti a rimbalzo e soprattutto giocare con maggiore lucidità tattica in attacco, dove la difesa match up bresciana ha portato spesso a situazioni di mismatch che non sono stati sfruttati a dovere.
In sostanza invece di continuare ad insistere con una circolazione di palla lenta e macchinosa alla ricerca del tiro da tre punti avrebbe dovuto insistere maggiormente sotto canestro soprattutto in virtù di una situazione falli che penalizzava e non poco i lombardi.
Quali sono state le cause che hanno portato l’Enel Brindisi a questa sconfitta?
E’ inutile girarci intorno.
La principale è stata la mancanza di una sapiente regìa che, specialmente nei momenti topici del match, non è stata in grado di gestire l’attacco contro la zona.
Phil Goss, infatti, ha disputato la peggiore partita da quando è a Brindisi. Lento, impreciso, macchinoso, l’esperto play non è stato in grado di incidere in nessun modo sul match.
Non hanno fatto meglio nemmeno AJ English che, se da un lato ha messo a segno 15 punti, dall’altra è venuto meno proprio nell’ultimo quarto quando è emersa la sua inesperienza e il timore di assumersi responsabilità in cabina di regia.
E’ rimasto invece 40’ in panchina Marco Spanghero. Così come ha giocato meno di 1’ Daniel Donzelli.
Fatta eccezione per il solito Amath M’Baye e per Kris Joseph, per il resto prestazioni opache, a cominciare da Robert Carter e Danny Agbelese che sotto canestro non solo non sono stati incisivi in attacco ma hanno concesso molto in difesa.
Ora l’Enel Brindisi è attesa da un’altra partita casalinga, la seconda consecutiva, nel posticipo di lunedì contro Cantù. Un’altra battaglia contro una squadra che, dopo la sconfitta casalinga rimediata domenica sera contro la sorpresa Caserta (del brindisino Marco Giuri), è in piena crisi tecnica e di risultati e scenderà sul parquet del PalaPentassuglia con una gran voglia di fare risultato.
Insomma un altro test che metterà a dura prova l’Enel Brindisi ancora alla ricerca della sua identità. Giocare a sprazzi evidentemente non basta, per vincere e far muovere la classifica serva altro, ovvero continuità, maggiore intensità difensiva, più dedizione al tagliafuori e un attacco più ordinato e soprattutto meno individualità.
Senza considerare l’apporto del pubblico, ma non quello che puntualmente nel finale abbandona gli spalti del PalaPentassuglia.
Pierpaolo Piliego
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