Come promesso nell’assemblea di dicembre che lo ha eletto segretario del PD, Matteo Renzi ha presentato la sua proposta di job act con lo scopo di “rivoluzionare il mondo del lavoro”.
In realtà è ancora una bozza di programma, un elenco di idee, molte delle quali sicuramente positive, mancante ancora di dettagli operativi e coperture finanziare, come giustamente fa rilevare la CGIL.
Però sicuramente è un passo in avanti che vuol rappresentare con forza l’attenzione che il partito ha verso il tema del lavoro ed il contributo che vuol offrire al governo.
Sintetizzando i punti del programma rilevo l’idea di spostare la tassazione dal lavoro alle rendite per ridurre sensibilmente il cuneo fiscale, unita a quella di ridurre l’irap per le aziende, magari anche a scapito dei finanziamenti a pioggia, cose che fra l’altro la stessa Confindustria sollecita da qualche anno.
Altro problema affrontato è quello del costo dell’energia elettrica, fattore di minore competitività delle nostre aziende, e poi la riduzione del costo della burocrazia, la trasparenza degli atti pubblici, gli interventi sui contratti dei manager pubblici, un salario minimo per chi perde il lavoro ed addirittura una promessa di rivedere la legge sulla rappresentanza sindacale, unita all’esame della possibile rappresentanza dei lavoratori nei CdA delle grosse aziende.
La proposta di Renzi individua anche i settori che dovranno fare da traino all’ Italia del nuovo millennio: agricoltura, cultura, turismo, green economy, attenzione al territorio e nuovo welfare.
Anche nel metodo segnalo un aspetto positivo, quella scelta di lasciare la porta aperta alle idee degli elettori con una mail verso cui indirizzare suggerimenti o critiche prima della stesura finale che avverrà entro questo mese.
Personalmente rilevo la forte impronta che ha lasciato la campagna congressuale sulla proposta del segretario, Renzi ha saputo far proprie alcune delle proposte avanzate da Cuperlo e soprattutto da Civati (ben rappresentate da Taddei) e questo sicuramente rafforza il partito ma segnala anche la forte difficoltà di proporre il programma del PD al governo Letta-Alfano.
Il governo che sosteniamo con responsabilità sicuramente sinora non ci ha rappresentato come partito, basti vedere i diktat di Alfano sui diritti come quelli di Forza Italia sull’ IMU.
Avrei preferito sicuramente un governo diverso, oppure elezioni immediate già qualche mese fa, tuttavia spero che Renzi abbia l’autorità di far condividere il nostro programma a questo governo, per cui non posso che sospendere il giudizio su questo jobact in attesa di vederne i contenuti finali dopo le prevedibili mediazioni parlamentari.
Voglio infine analizzare la relazione presentata nei giorni scorsi dal CNA Brindisi, per offrire un ulteriore spunto alla discussione: vi si rileva la cessazione di un migliaio di imprese nella nostra provincia, per la maggior parte piccole imprese nei settori dell’artigianato e del commercio, segno che questa crisi la stanno pagando lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori che hanno investito con coraggio anni di sacrifici per inventarsi un lavoro che non c’è.
Suggerirei pertanto di allargare gli orizzonti di questa proposta politica, vedere il problema lavoro all’interno di un sistema più complesso, inserire all’interno del jobact quello che manca dal nostro punto di vista territoriale: la peculiarità di un mezzogiorno che sconta evidenti ritardi in tema di infrastrutture e collegamenti con il resto del mediterraneo ed in tema di sicurezza, la grave difficoltà che il sistema bancario provoca alle piccole aziende riducendo l’accesso al credito e la concessione di mutui-casa per le giovani coppie, la necessità di finanziare per davvero interventi nei settori che si ritengono strategici, per esempio adeguando l’iva del turismo a quella dei nostri competitor o tutelando concretamente le nostre produzioni agricole.
Gigi Rizzi
Responsabile Industria, Lavoro e Turismo Segreteria Provinciale del PD
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