“ La prima emergenza che oggi reclama la Politica è recuperare il proprio Primato.
La Politica infatti è il modo più nobile di servire la gente; organizza il convivere civile delle comunità umane. Paolo VI considerava la Politica: “la forma più alta della Carità” … “maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”.
Dalle sue radici (libertà, verità, giustizia, equità sociale, solidarietà, condivisione) sono cresciute e formate intere generazioni che hanno speso la propria vita, servendo. Prima ancora che le idee, la differenza la fanno proprio le persone; sono queste infatti a rendere la Politica più o meno credibile ed affidabile; molti, purtroppo, hanno sfruttato quelle radici … per servirsi ed asservire, più che per servire.
Alcide De Gasperi sosteneva che il politico (con la p minuscola) pensa alle imminenti elezioni (giusto per essere eletto); il Politico (con la P. maiuscola), invece, statista, pensa alle future generazioni e in tale direzione spende le proprie energie e le proprie risorse morali e materiali. Sta tutta qui la differenza.
Lo stile di chi pensa alle imminenti elezioni è tipico di chi, a turno, ORFANO DEL VALORE DELLA IDENTITA’ E DELLA COERENZA, scende in lista una volta col raggruppamento di centro destra, quella successiva col raggruppamento di sinistra … giusto per essere eletto e occupare il potere, ASSERVIRE PIU’ CHE SERVIRE.
Da tempo ormai la Politica è in crisi. Dopo tangentopoli i partiti non sono stati più quei laboratori che formavano e preparavano chi voleva spendersi in politica; troppi sono stati i cattivi esempi e i pessimi maestri che hanno infangato il valore della buona Politica. Troppi più che servire la Politica (il bene della Polis) si sono serviti della Politica per curare i propri interessi. Ho conosciuto, soprattutto in periferia, persone che si son candidate solo per acquisire stabilità economica per sè e per gli eredi, salvo poi essere assenti, apatici e semplici fruitori del potere, svendendo la propria dignità per un misero posto al sole o anche solo per indossare fasce nelle pubbliche cerimonie.
Fare però di tutta l’erba un fascio significherebbe far torto alla Verità e alla Storia.
Rischieremmo infatti di gettare al lastrico con l’acqua sporca anche il bambino; e ciò non è giusto perché abbiamo avuto persone che hanno saputo interpretare i valori della Politica, nobilitandola con la testimonianza della propria vita, servendo e amando il proprio paese, anche a rischio della propria incolumità. Tanti Politici hanno contribuito a scrivere la storia del paese, prima ancora che la propria, interpretando la Politica per quel che veramente dovrebbe essere, indipendentemente dal proprio essere di destra, sinistra, centro o estreme, dal momento che non è il luogo geografico che caratterizza e nobilita l’impegno in politica, bensì il modo di esserlo e di interpretarlo; la qualcosa evidentemente reclama onestà intellettuale, coerenza di vita tra quel che si proclama e il vissuto reale, virtù essenziali per divenire punti di riferimento e modelli di comportamento affidabili e per attrarre i giovani all’impegno sociale e politico.
E’ proprio in nome e nel ricordo anche delle tante persone coerenti che occorre lavorare nella direzione del recupero del primato della Politica; diversamente saranno altri poteri a determinare, organizzare e condizionare il convivere civile, come accade oggi col potere economico che ha ormai il sopravvento su quello politico.
Come fare, e soprattutto cosa fare, per recuperare quel primato? Occorre agire in almeno tre direzioni:
1) Ridurre sensibilmente il numero degli amministratori, dal Parlamento sino ai più piccoli e sperduti consigli comunali. Il ruolo e le funzioni che le leggi oggi assegnano ai politici è quello dell’indirizzo e del controllo dell’attività amministrativa; gli amministratori infatti hanno il compito di dare indicazioni e linee operative, lasciando agli organi burocratici il governo e la gestione dei problemi. Pertanto non ha senso mantenere e pagare eserciti di amministratori locali e truppe di assessori, soprattutto se si mostrano all’altezza del compito solo nel “riscuotere le indennità spettanti”… per legge.
2) Ridurre, di conseguenza, le indennità e più in generale abbattere i costi della politica, autentica questione morale che ha determinato la nascita, in ogni area geografica, di tanti “indignados”. Non si può infatti chiedere sacrifici ai cittadini, quando poi si trattengono per sè i privilegi. In tempi di vacche magre tutti devono fare sacrifici, in primis quelli che sono al vertice, chiamati perciò a dare il buon esempio. E’ ingiusto e immorale chiedere sacrifici sempre e solo ai cittadini, in particolare ai “meno protetti” e più bisognosi.
L’impegno in Politica deve rimanere una libera scelta resa da chi ha passione civile e sociale; ecco perché è necessario recuperare quella passione, motivazione ideale cioè tesa a spendere il proprio tempo a servizio degli altri, in vista del bene comune.
Negli ultimi anni stipendi da favola, retribuzioni assurde, pensioni da nababbo, indennità spesso immeritate, sprechi, lussi, vizi, sfizi hanno infangato la Politica … gridano vendetta agli occhi di Dio e offendono la miseria degli uomini. Tutto ciò a causa non solo della caduta verticale dei valori che ha messo in soffitta gli ideali che un tempo animavano la Politica e i Politici, ma anche per colpa della cultura dominante che ha fatto del relativismo etico il proprio humus e dell’apparenza il valore trainante e premiante, che ha prodotto scandali costellati di “veline” e … purtroppo anche di “velati”, gente cioè da un lato denigratori della Politica, dall’altro spettatori apatici o con gli occhi bendati.
Sono personalmente convinto che riducendo le indennità vi sarà una selezione e una riduzione naturale di persone disposte a spendersi per gli altri in nome della passione civile. Non assisteremmo più a eserciti sconfinati di candidati aspiranti al potere, che spesso utilizzano sistemi perversi e persino infami per conseguire prestigio, fine a sè stesso.
3) Formare e qualificare (obbligatoriamente) il personale che decide di spendersi in politica. Oggi un giovane che cerca una qualsiasi occupazione (persino l’incarico temporaneo in un “call center”), deve sottoporsi a test psico/attitudinali, prove complicate, continui esami anche quando è già titolato ad esercitare la propria professione. Per accedere invece nelle aule del Parlamento o in quelle dei consigli regionali, provinciali e comunali non è prevista alcuna selezione, men che meno il possesso dei requisiti minimi di conoscenza dell’azione amministrativa, abilitanti a gestire la res pubblica, … spesso è sufficiente “possedere” risorse economiche. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non a caso proliferano eserciti di incompetenti, molti dei quali si candidano allettati dal “posto” … remunerativo; non pochi sono infatti gli “ignoranti” (coloro che ignorano) delle più elementari norme che regolano il convivere civile ed istituzionale; con facilità diventano arroganti, in nome e per conto del consenso ricevuto. Tante persone con incarichi anche nelle giunte non conoscono la differenza tra una delibera e una determina, e magari occupano anche posti di responsabilità.
Per poter concretizzarle le urgenze sopra elencate occorre attivare una particolare “strategia pedagogica” che dovrebbe andare (ope legis) in una duplice direzione:
A) – verso gli attori/protagonisti della politica (perciò urgenza di dar vita, obbligatoriamente alle scuole di formazione, nonché alla verifica costante delle attitudini e delle capacità professionali);
B) – verso i cittadini/elettori, che col proprio voto hanno sempre determinato ogni situazione, scegliendo i propri amministratori.
Spesso ci si lamenta della scarsa qualità del personale politico, dimenticando che quel personale è scelto con i voti dei cittadini, nel tempo delle elezioni … all’interno delle cabine elettorali CON IN MANO LA FAMOSA MATITA.
Urge perciò la presa di coscienza di questi ultimi perché, recuperando la consapevolezza del proprio potere decisionale, decidano con dovuta prudenza e saggezza. Tutto ciò significa promuovere la cittadinanza attiva. Occorre convincersi che il futuro sarà come noi lo desideriamo solo se lo sapremo preparare sin d’ora nella nostra ferialità. Occorre riappropriarci della vera Politica. Non dire più: la politica non mi interessa, perché è tutta marcia; questa cultura serve solo a far proliferare fenomeni, come il qualunquismo e il grillismo; uno dei tanti “ismi” … già sconfitti dalla storia. Il disprezzo della Politica non porta da nessuna parte, non risolve i problemi, li aggrava. Dire non mi interessa la politica è sbagliato perché è la politica che sceglie e organizza la civile convivenza, è la politica che fa le leggi e le orienta come meglio crede, chi non partecipa … subisce quelle scelte. E’ quanto mai vero che in ogni ambito della vita dell’uomo o si guida o si è guidati, o si è motrice o rimorchio, o si guida o si è guidati, e a nulla servono le recriminazioni quando le cose non vanno come vogliamo noi. Bisogna prendere atto che sinora si è delegato troppo e troppo spesso, con deleghe anche in bianco, senza esigere la rendicontazione dai delegati; ogni delega presuppone il doveroso rendiconto. Le deleghe senza verifica sono le più pericolose, ce lo ha insegnato la storia anche recente; né si può accettare la cultura di chi è convinto che una volta acquisito il consenso si possa fare ciò che si vuole, senza render conto a nessuno, nemmeno alla propria coscienza. E’ ciò che accade anche nei nostri paesi, sulla scia di certa cultura che ha caratterizzato la storia della politica degli ultimi decenni. “Ho dalla mia il consenso, pertanto governo come voglio”.
Ecco allora la cultura della cittadinanza attiva, come valore fondante per far sì che la Politica recuperi il suo primato e torni ad essere “arte nobile”, “chiamata a organizzare la civile convivenza”, armonizzandola coi principi cardini di una sana democrazia: libertà, verità, giustizia ed equità sociale, solidarietà, rispetto dei diritti, specie dei più deboli … è la sola speranza che abbiamo per risalire la china … diversamente continueremo a razzolare nell’aia dei “bisogni”, intesi in senso lato, dell’indifferenza e dell’immoralità diffusa, con le conseguenze che tutti conosciamo.
Non occorrono perciò grandi progetti, né serve imprecare sui poteri forti e centrali dello Stato. Inizi dal basso la riscossa e la risalita; si presti attenzione nell’individuare e scegliere le persone che debbono rappresentarci nelle istituzioni, senza farci condizionare da sistemi perversi che caratterizzano l’acquisizione del consenso con sistemi meschini, che il più delle volte offendono la dignità delle persone e sconfinano nell’immoralità prima ancora che nell’illegalità; e poi … esigere la rendicontazione del proprio agire in politica. Se non si fa tutto questo la politica continuerà a “brancolare” nella vergogna, e ogni comunità avrà i governanti che si è scelto di volta in volta.
Siamo alla vigilia di un nuovo importante appuntamento elettorale, le elezioni europee. Tocca a noi agire e scegliere i più meritevoli, i più capaci, i più onesti. Dire che sono tutti uguali è un grave errore, demotiva gli onesti e giustifica i disonesti. Non serve imprecare, astenersi dal voto, o dissacrare tutto e tutti.
Né servono quelli che pur avendo le mani ancora pulite, continuano a tenerle in tasca, senza preoccuparsi di rendersi utili, servendo la “Polis” e la “Res Publica”, nobilitando così la Politica.
Occorre, come non mai, IL CORAGGIO DEI LIBERI E FORTI, per riorganizzare la speranza, facendo tesoro del pensiero di Don Milani secondo cui “Gli uomini giusti che non agiscono consentono che il male si propaghi”.
… e tenendo sempre di mira l’ammonizione dell’indimenticabile Tonino Bello:
” E’ un delirio lasciare la politica in mano agli avventurieri”, peggio … ai faccendieri, PRENDITORI e usurpatori della fiducia della gente.
Nicola Serinelli
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