May 1, 2025

Il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi presentati dalle Regioni Abruzzo e Puglia contro il ministero dell’Ambiente e la società Spectrum Geo Lfd e, di fatto, ha dato il via libera alle attività di trivellazione nel mare Adriatico.

Le sentenze del Consiglio di Stato consentiranno la ricerca e le prospezione di idrocarburi con la tecnica dell’air gun che consente di utilizzare la pressione dell’aria per creare dei piccoli sommovimenti nel sottosuolo marino e consente di captare segnali indicativi dell’eventuale presenza di gas o petrolio.

 

Numerose le dichiarazioni di rappresentanti istituzionali che stigmatizzano la sentenza del Consiglio di Stato.

 

Per Ubaldo Pagano (neo parlamentare PD) “riprendere la ricerca degli idrocarburi nell’Adriatico è un errore strategico. Sono molto amareggiato per le sentenze che hanno respinto i ricorsi presentati dalla Regione Puglia e dalla Regione Abruzzo”.
“L’air gun è una tecnologia che danneggia il nostro mare e le specie animali e noi – sottolinea Pagano – non possiamo permettere queste esplorazioni. Non dobbiamo mettere a rischio la bellezza del nostro mare penalizzando il turismo e la pesca. Chiederò al prossimo Ministro dell’ambiente di varare una moratoria per modificare la strategia energetica nazionale. Dobbiamo uscire dalla dipendenza degli idrocarburi e privilegiare le energie pulite”.

 

Gabriele Abaterusso, Sindaco di Patù, sostiene che “il via libera del Consiglio di Stato alle ricerche di gas e petrolio nel mare Adriatico è l’ennesimo attacco perpetrato nei confronti del nostro territorio contro la volontà di cittadini, associazioni ed enti locali. Forse qualcuno farebbe bene a ricordare che sulle trivelle la Puglia si è già espressa da tempo così come da tempo ha deciso il modello di sviluppo che intende perseguire. È difficile comprendere come, nel compiere questa scelta, non ci si è resi conto che permettere alle compagnie petrolifere di effettuare prospezioni nei nostri mari non porterà alcun beneficio al nostro territorio né in termini economici né occupazionali. Sarebbe stata auspicabile quindi maggiore calma e lungimiranza. Oggi, alla luce del respingimento dei ricorsi presentati, chiediamo un cambiamento di rotta. Chiediamo che si ponga fine a questo progetto malsano di sfruttamento del territorio pugliese e che ad alzare la voce non siano soltanto le popolazioni, ma anche i rappresentanti istituzionali di tutte le forze politiche. Se c’è una cosa certa è che noi non abbasseremo mai la testa di fronte a queste spallate. Non lo abbiamo fatto in passato. Non lo faremo adesso”

 

Per il Consigliere reegionale del PD, Sergio Blasi “La bocciatura dei ricorsi della Regioni Puglia e Abruzzo va contro tutti i principi di sviluppo sostenibile che abbiamo il dovere di perseguire per il futuro delle nostre comunità locali. E’ inammissibile svendere il nostro immenso patrimonio marittimo per pochi spiccioli. Ecco perché, quella contro le trivelle nei nostri mari, è una battaglia in cui non possiamo permetterci di retrocedere di un solo centimetro e su cui non possiamo essere disposti ad alcuna forma di trattativa o compromesso. Per la Puglia e i pugliesi questa è una battaglia di giustizia e di civiltà.
Occorre avviare al più presto strategie ampie e inclusive su cui possano convergere tutti i Paesi costieri del Mediterraneo, per evitare questa inutile caccia a un tesoro che non c’è e che in ogni caso farebbe felici soltanto le società petrolifere. Senza considerare che il petrolio è una materia prima destinata a lasciare il passo ad altre forme di approvvigionamento energetico già nel medio periodo. I dati messi a disposizione di Assomineraria sui consumi nazionali e sulle riserve certe presenti sui nostri fondali, per altro, ci dicono che la quantità di petrolio estraibile dai nostri fondali sarebbe appena sufficiente a risolvere il fabbisogno per 8 settimane, appena due mesi. Il che ci consegna la fotografia di una pratica, oltre che figlia di un vecchio modo di concepire il mondo e lo sviluppo dei territori, del tutto insensata sul piano strategico.
Quanto alle tecniche di prospezione con la tecnica dell’airgun, che sono preliminari a quelle estrattive, mi associo alle parole del presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, il quale fa appello ai neoeletti parlamentari affinché si possa convergere su una proposta di legge che vieti le attività di airgun per la pericolosità che queste hanno per la tenuta del già provato ecosistema marino. Ma non solo: occorre considerare il problema nel suo insieme. Per questo trovo altrettanto opportuna la richiesta di lavorare per la redazione di un Piano delle Aree per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi, da sottoporre a valutazione ambientale strategica.
Anche perché l’Adriatico, come ricorda la stessa Legambiente, ‘è estremamente fragile per le caratteristiche proprie di mare chiuso’: scarsa profondità dei fondali e modesto ricambio delle acque riducono al minimo le possibilità di dispersione del greggio in caso di sversamento nelle acque. ‘Senza considerare – ricorda ancora Legambiente – l’impatto che queste attività possono avere sulla pesca, fino ad arrivare ad una diminuzione del pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun’”.

 

Per il centrista De Leonardis “La bocciatura da parte del Consiglio di Stato dei ricorsi presentati dalle Regioni Puglia e Basilicata, contro la sentenza del Tar Lazio favorevole nel 2016 alle prospezioni nei fondali delle coste adriatiche, rappresenta un nuovo capitolo, l’ennesimo, di una battaglia iniziata da tempo che vede i Governi nazionali da una parte; le istituzioni locali, le associazioni, i cittadini dall’altra, mobilitati in difesa non solo dell’integrità del nostro mare, ma anche del presente e del futuro della nostra economia, del nostro turismo, della nostra pesca, della nostra stessa identità. Una battaglia tutt’altro che di retroguardia, e i milioni di cittadini che si sono recati ai seggi per votare al referendum prima, alle elezioni politiche poi, un segnale forte e chiaro lo hanno lanciato: si governa con l’ascolto e il confronto con i territori, non contro i territori, cercando di imporre decisioni discutibili calate dall’alto senza alcun dialogo. E la volontà e le legittime preoccupazioni delle comunità, espresse dalla mobilitazione trasversale che ha visto la Puglia in prima linea, non possono essere sacrificate e calpestate da provvedimenti discutibili e dal rapporto tra costi e benefici lontanissimo da qualsiasi giustificazione.
Allora il prossimo esecutivo nazionale, chiunque lo guiderà e con il sostegno di qualunque partito e coalizione, è chiamato a lanciare un chiaro segnale di discontinuità rispetto al recente passato, schierandosi dalla parte dei cittadini e non delle multinazionali. Finalmente e inequivocabilmente. Sapendo che le ragioni della battaglia contro la ricerca di petrolio nei fondali dell’Adriatico con tecniche devastanti per l’ecosistema marino, davanti alle coste del Gargano e del Salento che rappresentano un patrimonio dal valore inestimabile, non verranno mai messe da parte”.

 

Il gruppo consigliare del M5S ripresenta la mozione per reintrodurre il ‘Piano delle Aree’ da approvare nel prossimo consiglio regionale”

“Alla luce delle sentenze del Consiglio di Stato che danno il via libera alle ricerche di idrocarburi in mare con il metodo Air Gun, è necessario che nel prossimo Consiglio regionale venga approvata la nostra mozione per la reintroduzione del Piano delle Aree nell’art. 38 dello Sblocca Italia”. Lo dichiarano gli otto consiglieri del M5S. Si tratta di uno strumento di pianificazione in grado di identificare quali aree del territorio e del mare debbano essere definitivamente sottratte alla disponibilità delle compagnie petrolifere, prevedendo che a decidere siano anche le Regioni insieme alle comunità interessate. Il Piano delle Aree è, infatti, volto a far sì che le attività di ricerca e di coltivazione di gas e petrolio siano consentite solo sulla base di una pianificazione che tenga conto dei diversi interessi economici ed ambientali esistenti e che tuteli le aree territoriali più fragili del Paese, sulla base di criteri scientifici e di dettagliate procedure, garantendo al contempo i necessari processi di coinvolgimento e partecipazione democratica.
“Il Piano delle Aree – continuano i pentastellati – è stato soppresso dalla Legge di Stabilità 2016 e noi chiediamo che venga reintrodotto per mettere un freno alla corsa alle fonti fossili restituendo al contempo centralità alle Regioni. Con la nostra mozione – proseguono – invitiamo innanzitutto il presidente del Consiglio, Mario Loizzo, a farsi promotore presso la “Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome” di una iniziativa di legge per la reintroduzione del Piano delle Aree da presentare al Parlamento, condivisa dai Consigli regionali. Auspichiamo – concludono i consiglieri cinquestelle – che si possa procedere con una rapida calendarizzazione e approvazione di questa mozione”./comunicato

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