Natale con la tosse e l’ampia superficie laterale del mio corpo esteso senza alcun livido ma fittamente maculata di dolori praticamente ovunque.
Se non fossi vivo e vegeto e non avessi la tosse direi che questa notte mi sono scontrato con un rinoceronte incazzato e, ovviamente, ne ho avuto la peggio.
Ma ce la faremo a sopravvivere, anche a questo. La cosa più difficile infatti non è alzare il culo dalla sedia appoggiandosi su ginocchia cedevoli, e nemmeno avviarsi verso l’area restauro alla quale si è soggetti prima di uscire, almeno da una certa età in poi.
La cosa più difficile è affrontare il primo Natale senza la mamma, senza la sua pasta al forno con le polpettine, le uova sode, il pecorino e la mortadella ma “leggera” perché fatta con il sugo di pomodoro fresco.
Senza la sua immancabile “sorpresa”. Senza una preparazione di quinto quarto del quale sono avido, senza il suo “Oihmmé lassale scire” quando mi permettevo di accennare ad una critica verso un qualunque comportamento delle mie figliole pretendendo di esercitare ancora la “patria potestà”.
Adesso andrò a vestirmi e poi a trovare la mia sorella che occupa la casa di mamma per un trancio di queste vacanze, ci troverò mia nipote, ormai anche lei Dottoressa. Mia madre avrebbe detto: è il ciclo della vita, si nasce, si cresce e si muore. Ma io, forse, non sono mai cresciuto. E quando mi grattava la schiena con quelle sue mani devastate dalla fatica e dall’artrosi, sentivo la forza che si spandeva nelle vene, i problemi trovavano una soluzione e i sacrifici una sopportazione.
So bene che non è la fine della vita, per ora, e che problemi e sacrifici dovranno essere risolti e sopportati. Ma non ho “fatto” l’agnello quest’anno, non sapevo a chi portare la coratella e la testina. Né, per noi, lo farò mai più mamma Consiglia. Forse, se sarà possibile, lo farò quando potremo mangiarlo insieme al nonno Pancrazio, alla nonna Giorgina, a Papà, allo zio Pippi, allo zio Artemio, allo zio Idio, allo zio Maurilio, allo zio Antonio e a tutti gli amici e compagni che stanno dall’altra parte.
Che tu non ci credi ma’, ma non tenevo paura di morire prima e mo’ ancora di meno, anzi mi immagino che festa che faremo e lo zio Pippi, questa volta, l’agnello lo troverà “pulitu pulitu”, none comu quando scemmu a Ortelle ca me scirrai cu ni tagghiu la piciolla e me la ficera mangiare, sta fiata ni la fazzu mangiare iou.
Ora vado a farmi la barba che so che ti dava noia vedermi con la barba lunga nei giorni di festa.
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