May 1, 2025

vieni-a-ballare-in-pugliaVieni a ballare in Puglia…

Così canta il rapper molfettese Caparezza: “Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia, dove la notte è buia buia buia. Tempo che chiudi le palpebre e non le riapri più…”.

La stragrande maggioranza del pubblico ha fatto diventare la canzone un tormentone di più estati, facendosi coinvolgere da un ritmo ossessivo che ti entra nelle ossa per lasciarti poi senza forze, proprio come avveniva ai tarantolati d’un tempo.

È in questo modo che la gente si appresta a ballare questa danza neo-dionisiaca.

Senza comprendere ˗ forse senza voler comprendere ˗ che non si tratta di un invito a visitare la Puglia, ma di una denuncia gridata a squarciagola, attraversando ˗ così come mostra il videoclip ˗ con un bus pieno di falsi turisti i campi di grano, le distese di pomodori, le spiagge disseminate di cadaveri, i paesini con i coni dei trulli puntati verso il Cielo.

A sfidarlo, o ad implorarlo.

 

La canzone parla infatti delle morti bianche, degli incendi dolosi sul Gargano, dell’inquinamento ambientale provocato dall’Ilva di Taranto, dello sfruttamento degli extracomunitari nei campi…

In quella canzone, ballare equivale a morire…

Ma la gente non lo sa ˗ o non vuole saperlo ˗ e continua a ballare.

Ed io invece dico: fermate la musica!

É una canzone di morte.

Si canta la morte della Puglia!

 

Solo di una nefandezza non parla il testo: la monnezza della camorra “tombata” (è un neologismo che aborro, ma che rende al meglio l’idea) nei nostri campi. Ma non si tratta di una dimenticanza di Caparezza perché sono solo di questi ultimi tempi i rinvenimenti dei veleni sepolti nelle campagne che dal Foggiano, passando per le Murge baresi, scendono giù giù fino al Salento degli ulivi millenari e delle vigne ubertose.

Eppure il pentito di camorra Carmine Schiavone già nel lontano 1997 aveva rilasciato alla Commissione parlamentare d’inchiesta dichiarazioni su un presunto traffico di rifiuti tossici che avrebbe avuto tra i vari terminali anche le province di Bari, Brindisi e Lecce. Peccato che il pool investigativo, costituito dal Corpo forestale e dai Carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico), sia stato costituito solo da poco, all’indomani della desecretazione (altro neologismo figlio dell’Italia dei misteri…) di quelle dichiarazioni!

Dopo la prima fase di monitoraggio e l’arresto di tredici persone al termine dell’inchiesta “Black land”, gli inquirenti hanno appurato che nell’ex cava di Ordona, nel foggiano, sarebbero finiti rifiuti speciali di ogni tipo, tra cui anche ospedalieri.

 

vieni-a-ballare-in-puglia-2   Oltre ai fanghi di depurazione, la cosiddetta filiera umida.

I rifiuti, provenienti da gran parte della Campania, venivano conferiti ad un impianto di compostaggio in provincia di Avellino. Gli scarti, invece di subire il trattamento previsto, venivano solo triturati e miscelati per poi essere trasportati e, infine, abbandonati all’interno dell’ex cava.

Per gli inquirenti, in quella grande fossa, “sarebbero stati sversati illegalmente rifiuti pari a 500mila tonnellate, equivalenti alla superficie di cinque campi di calcio”!

 

Ma, come dice Vincenzo Monti, “Se Messenia piange, Sparta non ride”.

Così l’indagine si estende e tocca i territori della Bat. Se gli accertamenti in laboratorio dovessero dimostrare che c’è stato inquinamento allora verrebbe confermata l’ipotesi di disastro ambientale e l’indagine potrebbe conoscere nuovi sviluppi.

Anche se l’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, versa acqua sul fuoco affermando che, in assenza di acclarati casi di bruciamento dei rifiuti, non si può parlare, per la Puglia, di terra di fuochi. Se lo dice lui…

 

E, scendendo, si giunge nel Salento dove, è notizia di questi giorni, il sottosuolo comincia a svelare segreti terribili fatti di rifiuti speciali seppelliti per decenni e liberi di rilasciare nel terreno, e forse anche nella falda acquifera, i loro veleni.

In un fondo agricolo in agro di Scorrano (un terreno di oltre diecimila metri quadrati) sono stati trovati rifiuti di ogni genere, non solo provenienti dalla produzione industriale dei calzaturifici della zona, ma anche dai cantieri edili. Scarti di industrie calzaturiere anche nel giardino di una villa privata a Patù e rifiuti interrati nelle campagne di Alessano e Tricase…

 

A ragione le associazioni ambientaliste chiedono di bloccare i lavori di ampliamento ed ammodernamento della strada statale 275 (la Maglie – Leuca) perché, dopo il ritrovamento delle discariche mai bonificate, c’è il rischio che i veleni abbandonati nelle campagne vengano sepolti per sempre sotto le colate di cemento ed asfalto.

 

E mentre si consuma questa tragedia, gli agricoltori della Capitanata temono che dai carotaggi sui rifiuti interrati possa derivarne anche un danno d’immagine e creare nei consumatori diffidenza verso i prodotti locali.

Sperano cioè di non dovere affrontare una crisi nella crisi.

 

vieni-a-ballare-in-puglia-3 Così il problema delle sostanze che stanno avvelenando i campi di ulivi, di mandorli, di odorose ginestre e di fichidindia, passa quasi in second’ordine. E la salute rischia di diventare un non-problema.

Si pensa al danno d’immagine e alla possibile contrazione del turismo.

Giusto, per carità.

Ma intanto si continua a morire di tumore  per colpa di un’aria e di una terra stuprati.

È proprio qui che si avverte la stridente contraddizione tra la natura innocente e la colpevole bestialità dell’uomo!

 

Perché a suo tempo non si è fatto un lavoro di prevenzione, di intelligence, sulla base di quelle rivelazioni, oltre che delle inchieste giornalistiche che lanciavano l’allarme? Ma (forse) è ancora possibile intervenire. Come?

 

Qualche anno fa un consorzio partecipato dall’Università di Bari realizzò un sistema di controllo, denominato Telesicurtras, applicabile a qualsiasi mezzo di trasporto.

Sfruttando la tecnologia gps il sistema rileva il percorso di un camion, le soste ed ogni altro aspetto della navigazione.

Non solo.

Viene rilevato anche quello che accade all’interno del mezzo. Se, cioè, variano il peso del materiale caricato, i volumi, il numero dei colli e la loro disposizione interna. Se le persone, addirittura, salgono o scendono durante il viaggio…

 

Insomma il sistema interviene a sorvegliare quella zona grigia in cui si muovono i mezzi della camorra che, in genere, sono “puliti”. Nel senso che, dotati di regolari bolle di accompagnamento, vanno a scaricare i loro veleni o nei pressi delle discariche regolamentari (così da non ingenerare sospetti) o nelle buche preventivamente scavate nei terreni di contadini che si vendono per pochi euro in quanto, spesso, vittime di strozzini.

 

Ebbene, se questo sistema di controllo (o altro similare) fosse reso obbligatorio per tutti i mezzi servirebbe molto di più dei costosi sorvoli di elicotteri che segnalano solo le protuberanze sospette di un terreno.

E anche l’impiego di Carabinieri, Forestale e Capitanerie sarebbe di gran lunga ridimensionato.

Solo che lo si volesse, naturalmente!

È stupido continuare a pensare che questo disastro non ci coinvolga mortalmente!

 

O Puglia, Puglia mia ˗ è l’accorata conclusione di Caparezza ˗ tu Puglia mia, ti porto sempre nel cuore quando vado via / e subito penso che potrei morire senza te. / E subito penso che potrei morire anche con te”…

 

Guido Giampietro

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