La nostra cultura nutrizionale classica è ancora basata sul potere calorico dei cibi. Paradossalmente, il potere calorico non equivale al potere energetico e, tanto meno, al potere nutrizionale. La teoria delle calorie dei cibi, basata sul vecchio concetto di fisica risalente al 1850 circa, considera la caloria la quantità di energia necessaria per innalzare di 1 °C di temperatura 1 grammo d’acqua alla normale pressione atmosferica. Calcolare il valore nutrizionale e, quindi, energetico di un cibo è molto più complesso perché i cibi non sono entità inerti come l’acqua.
Infatti, uno stesso cibo non ha lo stesso valore se assunto cotto o crudo come anche non produce la stessa energia se mangiato in momenti diversi nella giornata o se mangiato da persone diverse.
Torno sempre a ricordare che la biochimica è molto diversa dalla chimica delle provette. La biochimica della nutrizione, inoltre, è influenzata dai pensieri e dalle emozioni, condizioni che le provette non hanno.
Come sapete, ognuno ha pensieri ed emozioni diverse: come possiamo standardizzare i valori energetici o nutrizionali? Secondo il mio punto di vista, i processi nutrizionali sono esclusivamente individuali per cui non possono essere prevedibili né gestibili da alcun professionista Nutrizionista.
Infatti, l’attività digestiva, da cui parte il processo nutrizionale dell’organismo, è la prima ad essere influenzata da fattori emotivi. Quante volte abbiamo sperimentato inappetenze o fame da lupo in seguito a forti stati emotivi? Lo stomaco si chiude in occasione di forti dispiaceri come anche sembra non riempirsi mai quando si è in allegra compagnia!
La nostra grande illusione è quella di pensare che più si mangia più ci si nutre e si stia meglio; invece, è proprio il contrario. Infatti, la capacità di assorbimento dei villi intestinali è limitata ed altrettanto lenta è l’attività del fegato nel trasmutare gli elementi ricevuti tramite il flusso della vena porta in quelle molecole che costituiranno il nostro organismo. Se al fegato arrivano troppi elementi, esso se ne deve disfare, e ciò implica sovraccarico e stress che comportano inizialmente un rallentamento del suo metabolismo ma, a lungo andare, una sua vera disfunzione ed alterazione organica.
Sfortunatamente, la maggior parte della gente non percepisce i disturbi del fegato perché questi non si esprimono con il dolore. Poiché i disturbi epatici sono inizialmente asintomatici, ciò rappresenta un grave problema in quanto permette di continuare nelle errate abitudini alimentari. Pertanto, urge un’educazione alimentare seria da parte delle istituzioni sanitarie perché attraverso l’alimentazione morfo fisiologica si potrebbe fare prevenzione e, addirittura, curare e guarire quasi tutte le malattie.
Gestire l’alimentazione corretta dal punto di vista quantitativo è sempre difficile ma ancora di più in inverno. Con il freddo si ha la tendenza a mangiare cibi più grassi e “calorici”. I cibi grassi, soprattutto se cotti, vanno ad appesantire e a rallentare l’attività del fegato facendo diventare l’individuo più letargico e malato. L’eccesso di cibo invernale, infatti, è la causa principale dei disturbi endemici che si manifestano durante l’inverno, soprattutto durante le feste.
Continua…
Rocco Palmisano
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