July 21, 2025

Ci sono artisti che il tempo non logora. Anzi, con gli anni sembrano parlare ancora più forte. Rino Gaetano è uno di loro: ironico, laterale, apparentemente leggero ma capace di affondare nella realtà con versi che non si dimenticano. Domenica 27 luglio, alle ore 21, in piazza Duomo a Brindisi, nello spazio antistante il Museo archeologico “Francesco Ribezzo”, va in scena “E cantava le canzoni. L’arte è la vita di Rino Gaetano”, con Alessio Vassallo e la musica dal vivo di Lorenzo Mancarella, per la regia di Alessandra Pizzi. Alle ore 20.30 la compagnia incontra il pubblico. Lo spettacolo è parte della rassegna “Verdi in Città” promossa dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi con il sostegno del Comune di Brindisi e in collaborazione con Puglia Culture e il Polo Biblio-Museale di Brindisi. Al termine, il pubblico sarà invitato per una degustazione di vini offerta dalle cantine “Otri del Salento” e “Vignuolo”.

 

Portare Rino Gaetano in scena significa restituirne lo spirito, il modo unico e irriverente con cui ha attraversato la sua epoca. Significa anche, oggi, ripensare alla libertà. Quella che Gaetano difendeva con il sorriso amaro, con la voce graffiata, con testi che parlavano a chi sapeva ascoltare davvero. Lo spettacolo non è una semplice biografia teatrale né un tributo nostalgico. È piuttosto un racconto teso e coinvolgente che prova a entrare nella testa e nel cuore di un artista difficile da definire. Alessio Vassallo, volto noto del teatro e del cinema italiano, restituisce un Rino vivo, inquieto, disilluso, fuori dagli schemi. Accanto a lui, la musica di Lorenzo Mancarella costruisce un controcanto continuo, rilegge i brani, li attraversa, li fa vibrare in una nuova dimensione teatrale. Il risultato è un’opera ibrida in cui parola e musica si inseguono senza mai sovrapporsi dando corpo a una narrazione che alterna memoria e attualità.

 

In scena c’è un uomo che non ha mai voluto essere allineato, che ha rifiutato le etichette, che ha saputo far ridere con l’intelligenza e riflettere con l’assurdo. Il segreto del successo di Rino Gaetano sta nella sua libertà. Indifferente agli schieramenti, capace di criticare tutti – destra, sinistra e centro – senza mai cadere nella retorica. Le sue canzoni univano ironia e satira, con nomi e cognomi, mai per allusioni. Per questo fu censurato, ma anche ascoltato da generazioni diverse. Il suo linguaggio mescolava il surreale al politico, l’assurdo alla denuncia. Cantava santi sull’orlo del rogo e politici senza scrupoli, prostitute generose e cieli immensi. “Nuntereggae più” resta il suo capolavoro di sarcasmo intelligente, mentre “Gianna”, a Sanremo 1978, dimostrò che si poteva far ridere e pensare anche in prima serata. Accessibile e spiazzante, popolare e visionario, Rino Gaetano resta un caso unico: la sua voce non è mai invecchiata.

 

Il cantautore crotonese non ha mai cercato il consenso. Lo ha incontrato quasi per sbaglio e se ne è tenuto lontano. Amava mescolare stili, destrutturare frasi, disorientare. Ma tutto era calcolato. Ogni parola, ogni pausa, ogni stonatura. Il suo canto era una mappa della realtà vista di traverso, da angolature mai ovvie. E proprio per questo ancora oggi funziona: perché non consola ma mette in discussione. Non si limita a raccontare ma interroga. Non dice ciò che si vuole sentire ma ciò che serve.

 

Lo spettacolo evita ogni tentazione didascalica. Non c’è cronologia, non c’è nostalgia, non c’è la retorica della commemorazione. C’è invece la volontà di accostarsi a un artista scomodo, libero, spesso inascoltato. E di farlo con rispetto, con intensità, con la voglia di tenere aperto quel discorso cominciato troppo presto e interrotto troppo in fretta. In un’ora e mezza di teatro e musica, si attraversa non solo una carriera ma un modo di stare al mondo: fragile, autentico, fuori misura. È un racconto per chi c’era, per chi non c’era e per chi, semplicemente, sente che c’è ancora bisogno di voci come la sua.

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