2015 – Warp Records
Genere: art rock / math rock
Esiste una estetica postmodernista che, satura di ripetizioni e rimandi, produce autoreferenzialità da cui, per un processo poietico quasi paradossale, sgorga nuova linfa creativa, mutando la cifra stilistica in materia musicale inedita pur rimanendo saldamente fermi lungo le stesse coordinate.
I Battles sono parte integrante di tale processo, che è prima di tutto una affermazione estetico-visiva, lampante nella festosità gastronomica minimalista della copertina e nell’astrusità dei titoli fra cui l’italianissima “Cacio e Pepe”, l’asserto naturalista di “Flora>Fauna” o gli scarabocchi di “Luu Le” e “FF bada”. Musicalmente parlando, chi si avvicinerà per la prima volta a La di da di dovrà venire a patti con la necessità della ripetizione quale principale espediente compositivo.
Una reiterazione colorata di piccole variazioni, aggiunte e sottrazioni, che mantiene un motivo dominante, declinato secondo le cadenze del rock cerebrale noto ai più sotto l’etichetta di mathrock.
Al primo ascolto emerge prepotentemente l’anima matematica del terzetto, “The Yabba” è un brano squadrato, meccanicamente scandito dall’eccellente batteria, vero e proprio perno creativo del trio, e dai continui fraseggi di synth e chitarra, che si sfidano in duello fra effetti, looping e delay, tessendo trame mai banali condite da riff astrusi.
La di da di è un disco relativamente “semplice” nella sua fruibilità, mentre i precedenti Gloss Drop e Mirrored si segnalavano per un approccio maggiormente labirintico, l’ultima fatica discografica del terzetto statunitense si lascia ascoltare senza troppa fatica, merito di un songwriting più diretto e di una svolta sonora che protende verso una pesante influenza “cosmica-kraut”, rintracciabile nella sontuosa suite spaziale di “Cacio e Pepe” (cosa centrano il cacio ed il pepe con lo spazio? Concettualmente nulla ma a livello stilistico la grammatica postmodernista ama giocare con l’assenza di senso), nel divertentismo beat anni 80 di “Dot Com” o nell’esotismo elettronico di “Tricentennial”.
La di da di allargherà sicuramente la platea di ascoltatori dei Battles, riuscendo nell’arduo compito di suonare cerebrale senza essere stucchevole o noioso. Un ascolto che non mancherà di destare curiosità.
James Lamarina
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