C’era una volta il postino… Sì, proprio il postino e non il portalettere dei giorni nostri.
Il portalettere (absit iniura verbis, visto che la colpa non è tutta loro, ma della vita moderna), infatti, si reca nell’ufficio all’ora prescritta, riceve la corrispondenza, la divide secondo le strade del quartiere, la sistema nel bauletto del motorino o della miniauto elettrica… e va. Ogni giorno (si fa per dire) compie il suo giro seguendo lo stesso percorso, imbuca la posta nelle cassette e, alla fine, ritorna a casa senza aver visto in faccia neppure uno dei destinatari. Insomma il portalettere non suona più due volte, come succedeva nel romanzo di James M. Cain…
Invece un tempo (neppure tanto lontano) il postino si recava al lavoro regolandosi sul sole. Certo, allora non c’era la fretta di vivere che c’è adesso e non c’era il Jobs Act… Un’ora prima, un’ora dopo faceva lo stesso. Se la notizia era buona, tanto meglio perché “invecchiando” acquistava valore. Se era cattiva, tanto meglio lo stesso, perché era tutto tempo sottratto al dispiacere.
Ma, soprattutto ˗ malgrado il peso del borsone che lo faceva camminare sbilenco ˗ consegnava la posta direttamente nelle mani degli interessati e, anche per riprendere fiato, scambiava con loro qualche parola. Di augurio o di costernazione, a seconda dei casi, giacché a lui bastava annusarle le lettere per capire quali novità portavano. E per ricambiare la cortesia di questi Mercurio senza ali, a Natale e a Pasqua si era soliti gratificarli con qualche lira e una stretta di mano.
Purtroppo anche i portalettere (che oramai consegnano solo gli avvisi di Equitalia) sono destinati, a breve, a sparire alla pari di tanti altri mestieri, nobili e non.
Perché? Per colpa di chi? Si parla di “big-bang distrupters”, un orribile termine traducibile con “destabilizzatori”.
Oggi intere linee di prodotti e interi mercati vengono creati o distrutti da un giorno all’altro. A farlo sono questi destabilizzatori dirompenti. Una volta lanciati, sono difficili da combattere. Essi non si limitano a creare problemi per gli innovatori, ma provocano veri e propri disastri.
Basti pensare allo smartphone che ha scalzato un numero sempre maggiore di prodotti, tra cui le macchine fotografiche digitali, le calcolatrici, le agende elettroniche, le sveglie, i lettori di email e, forse a breve, i lettori degli ebook, le videocamere, i computer portatili e chissà quanto altro ancora.
Già da un po’ sono usciti dalla scena gli spazzacamini. Gli ultimi li abbiamo visti in opera con il film di Disney “Mary Poppins”. Lì si cantava “Cam caminì spazzacamin, allegro e felice, pensieri non ha…”. Oggi, invece, gli ultimi spazzacamini di pensieri ne hanno tanti e devono riciclarsi finché sono in tempo. I camini, infatti, sono diventati “complementi d’arredo” e, mestamente spenti (fanno fumo!), sottraggono un paio di metri al già scarso perimetro dei soggiorni. Ma anche le caldaie degli impianti di riscaldamento hanno i giorni contati visto l’incedere delle energie alternative.
Che dire poi dei tassisti? Devastante l’impatto delle nuove applicazioni per smartphone (sempre lui!), quale il contestatissimo Uber sui servizi dei taxi e delle limousine. I nuovi mercati consentono infatti ai clienti di prenotare e pagare le corse con un dispositivo mobile, monitorare quelle prenotate utilizzando servizi di localizzazione e addirittura dare un voto ai conducenti…
Purtroppo s’ingrossa sempre più l’elenco dei mestieri a rischio estinzione, destinati ad essere raffigurati, a futura memoria, nel Museo delle cere di Madame Tussauds a Londra.
Sono in pericolo i librai, minacciati dai Centri commerciali, dagli ebook e da Amazon. Anche se il libro è un oggetto ancora amato. A differenza del quotidiano di carta che, come dice il giornalista Severgnini, «… è un servizio. Tutti abbiamo in casa una libreria, solo un pazzo tiene dieci anni del Corriere in salotto».
C’è da dire che molte librerie, con la caparbietà della disperazione, stanno resistendo perché offrono altri servizi quali co-working, wi-fi, caffè.
Sono in pericolo le piccole tipografie e con loro si perdono i profumi degli inchiostri, gli stessi che ritroviamo sfogliando un libro, una brochure o un invito di nozze. Già è scomparsa la figura del linotipista che pazientemente allineava, come soldatini, i caratteri di piombo. Ora spariscono anche gli ultimi clienti visto che i biglietti da visita si fanno al computer e, nell’era del selfie, non si stampano più cartoline. Perfino i manifesti listati a lutto escono dalle stampanti in funzione presso le imprese di onoranze funebri.
Sono in pericolo, nell’epoca del digitale, anche i bancari, vale a dire coloro che, prima di tutti, inaugurarono la felice stagione del sabato festivo e della quattordicesima mensilità.
Chi l’avrebbe mai detto che proprio la loro categoria ˗ quella più ambita dai giovani neo diplomati e laureati e quella maggiormente sognata dalle mamme per la “sistemazione” delle figlie ˗ si sarebbe così svalutata?
Il motivo è sotto gli occhi di tutti. I bancari servono sempre meno perché chiudono agenzie e sportelli. Sono le banche online a prendere il loro posto. I bonifici, gli F24 e tante altre operazioni si fanno oramai con lo smartphone e gli estratti conto si ottengono digitando sul tablet.
Sono in pericolo i negozi di fotografia perché le nuove generazioni non sanno nemmeno cosa sia un rullino di pellicola né conoscono i tempi d’attesa per fare sviluppare dalla Ferrania o dalla Kodak i filmini 8 mm che hanno immortalato, in una manciata di costosissimi minuti, i momenti più belli della vita dei loro nonni.
Sono in pericolo gli addetti all’industria discografica, che si affannano a stare dietro a tutte le diavolerie usate per scaricare, quasi sempre gratuitamente, le canzoni e che devono organizzare concerti su concerti per mantenere un livello di reddito impossibile con le sole vendite di dischi.
Sono in pericolo gli addetti agli uffici di anagrafe destinati a uscire di scena perché, a causa dell’informatizzazione, i documenti si potranno fare comodamente a casa. Così come gli impiegati delle agenzie di viaggio (i migliori si sono già riciclati come consulenti turistici) perché le prenotazioni per alberghi, treni e aerei si possono fare direttamente dal computer.
E che dire dei macchinisti a vapore, delle balie, dei riparatori di radio, televisori e fax, dei bigliettai, degli stenografi…?
«È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente!», lo diceva uno straordinario Ed Hutcheson – Humphrey Bogart alla fine del film Deadline (“L’ultima minaccia”). Ora bisogna dire: «È il progresso, bellezza! E tu non puoi farci niente!».
Ma non per questo bisogna squalificare il nuovo solo perché è nuovo.
Bisogna invece adattarsi alla nuova realtà e reinventarsi un ruolo. Anche in questo è il bello della vita.
Guido Giampietro
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