Quando, anni fa, a causa di un innovativo concetto di mobilità sul lavoro (che però “prediligeva” il personale senza carico famigliare) fui inviato dalla mia Amministrazione nell’isola di Pantelleria, una sola considerazione riuscì a lenire il disappunto per una sede che la mia fantasia accostava al Deserto dei Tartari.
Pensavo cioè che in quell’isola, piazzata in mezzo al Mediterraneo, non avrei sofferto il disagio delle tramontane e delle sciroccate che, per l’effetto “imbuto” del Canale d’Otranto, sferzano invece le coste salentine.
Così m’illudevo… E mi sbagliavo. Ché il vento ˗ e che vento! ˗ da qualunque direzione provenisse, aveva facile gioco dei pochi ostacoli presenti sull’isola.
Malgrado questa iniziale delusione, ancora oggi non riesco a trovare una spiegazione al fatto che, proprio da Pantelleria, sia cominciato il mio amore per il vento. Per il binomio vento-mare, a voler essere precisi.
Ed è la nostalgia del tempo passato a farmi rivedere in bilico sugli scogli, neri di lava vulcanica, a cimentarmi, con una spropositata canna a cannocchiale, nella pesca alle occhiate che friggevano in una spuma argentata. Mentre mi giungevano, impastate alla salsedine, le forti ventate profumate di mirto e capperi in fiore.
L’incipit non è del tutto casuale. Me ne sono servito per introdurre il discorso sulla Giornata Mondiale del Vento. O, forse, è questa celebrazione a far riaffiorare i ricordi…
La Giornata nasce il 15 giugno del 2009 come evoluzione, a livello mondiale, della Giornata Europea del Vento, promossa dall’EWEA (European Wind Energy Association) e dal GWEC (Global Wind Energy Council). Lo scopo dell’evento è quello di sensibilizzare e far conoscere questa preziosa risorsa per mezzo di iniziative quali open day, convegni, seminari, corsi di formazione e iniziative sportive legate al vento.
In Italia la Giornata è organizzata dall’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) e ottiene ogni anno grande adesione da parte del pubblico oltre a ricevere i patrocini del Ministero dello Sviluppo economico, del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e di Roma Capitale.
Che anche la cultura sia dalla parte del vento lo dimostra quanto in proposito il Maestro e Premio Oscar Nicola Piovani ha detto ai soci ANEV in occasione della passata edizione della Giornata: «Il suono del vento, un suono appena udibile quando è moderato, possiede una magia che era ben nota a Federico Fellini. Tante volte mi sono trovato con lui in sala di missaggio ad aggiungere alle musiche di una sequenza filmica il suono del vento (non lo chiamava mai rumore), quel soffio che dava un colore magico a immagini naturalistiche, che rendeva gonfia di lussuria onirica l’inquadratura più realistica.
Queste memorie mi accompagnano ancora oggi, ed è forse per questo che quando in un viaggio al sud d’Italia mi compare sulla linea d’orizzonte la sfilata di mulini che abbracciano l’aria con le loro maestose pale eoliche, non riesco a considerarle uno sfregio ambientale, uno sgarbo, come mi suggeriscono alcuni amici esteti. Guardo invece con stupore sorridente quelle sagome favolistiche, donchisciottesche, immaginando che stiano rubando ai venti preziose, segrete energie per darle a noi uomini, come fece Prometeo con il fuoco».
Proprio questo è il punto dolens: le pale eoliche. Tanto per usare il linguaggio di Piovani i giudici del Tar Puglia non devono essere esteticamente sensibili alle “sagome favolistiche” se, proprio qualche giorno fa, hanno dato partita vinta a Regione e Comuni, bocciando i ricorsi di due società che avrebbero voluto installare le pale in otto Comuni del Leccese (Neviano, Parabita, Galatone, Sannicola, Seclì, Tuglie, Martano e Zollino) e uno del Foggiano (Carapelle).
Qui non basta la poesia di Pablo Neruda per superare l’impatto con l’oggettiva bruttezza delle pale: “Il vento è un cavallo: / senti come corre / per il mare, e per il cielo. / Vuol portarmi via: senti / come percorre il mondo / per portarmi lontano…”.
E nemmeno quella di d’Annunzio: “Su la docile sabbia il vento scrive / con le penne dell’ala; e in sua favella / parlano i segni per le bianche rive…”.
In effetti anche a me quelle altissime selve d’acciaio danno visivamente fastidio, fino al punto d’intristirmi quando, percorrendo il tratto autostradale Bari – Napoli, le scorgo, “ronzanti” come invisibili sciami d’api, sulle propaggini appenniniche. Ma si possono “ammirare” anche in alcuni punti della Superstrada per Lecce.
Addirittura ˗ proprio in questi giorni ˗ a Lecce sono entrate in funzione le pale dei due aerogeneratori che compongono l’impianto microeolico comunale realizzato nei pressi della Tangenziale Est. Si tratta di un progetto redatto nel 2009 e finanziato dal Ministero dell’Ambiente con fondi Cipe. Un micro sistema energetico sostenibile al 100% che garantisce autonomia energetica rinnovabile utile all’illuminazione pubblica della Zona 167 e di tutto il tratto comunale della Tangenziale.
Nonostante questi esempi, però, la diffidenza per questo tipo di energia rimane. Allora l’unico modo per superare l’impasse “eolico sì – eolico no” è affrontare il problema non dal punto di vista estetico ma da quello ambientale.
Lo scenario energetico nazionale è in continuo mutamento per via della diffusione massiccia delle energie rinnovabili che, insieme a quelle tradizionali, vanno a costituire il “mix energetico” nazionale. La necessità a livello globale di mitigare gli effetti dei “cambiamenti climatici”, ha consentito la diffusione delle tecnologie in grado di produrre energia pulita e a zero emissioni nocive nell’atmosfera.
Non per niente l’eolico (ma anche l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici) viene definito il “carburante invisibile”.
Come afferma l’ANEV “la presenza dell’eolico nel sistema energetico nazionale sta svolgendo un ruolo preminente e sta mettendo in luce la necessità di interventi infrastrutturali sulla rete elettrica nazionale. Il vento, fonte pulita, disponibile subito nel nostro Paese e senza bisogno di importare materie prime dall’estero, ha infatti la caratteristica d’essere intermittente e non programmabile e per questo motivo la rete elettrica nazionale necessita di adeguamenti per consentire all’energia prodotta dalle turbine eoliche di essere immessa nella rete senza problemi”.
Queste considerazioni devono farci vincere la ripulsa a vedere il paesaggio “contaminato” dalle pale. Che però ˗ è bene ripetere ˗ producono energia pulita, a differenze delle trivelle che si vogliono impiantare nell’Adriatico per estrarre petrolio e/o gas…
D’altro canto gli Stati che hanno optato per il vento sono oramai circa 75 e decine di migliaia sono le persone che lavorano nel settore. Secondo i dati forniti dall’ANEV (relativi al 2012), nel nostro Paese ci sono 8.383 megawatt di capacità eolica installata che hanno coperto il fabbisogno elettrico di più di 5,2 milioni di famiglie grazie a 13,2 terawattora prodotti. A maggio del 2013, secondo i dati forniti da Terna, l’eolico ha soddisfatto quasi il 6% dell’elettricità consumata in Italia, pari a un più 44% rispetto allo stesso mese del 2012. L’Italia si piazza così al quarto posto in Europa per potenza installata, alle spalle di Germania, Spagna e Regno Unito.
Certo sono lontani i ricordi mitologici di Eolo che, dalla sua splendida reggia di Lipari, dirigeva i venti liberandoli o imprigionandoli dentro le caverne oppure offrendoli in un otre a Ulisse perché se ne servisse con prudenza…
E siccome non possiamo contare sui poteri di Eolo per convogliare direttamente il vento nelle turbine dobbiamo imparare a convivere con questo paesaggio che, sebbene modificato dal punto di vista estetico, in compenso non risente di inquinamenti di alcun tipo.
Un’ultima considerazione. Per celebrare degnamente questa Giornata Mondiale del Vento perché non far coincidere ˗ a decorrere dalla prossima edizione del 2015 ˗ la partenza della regata Brindisi – Corfù con la data del 15 giugno? Naturalmente, vento permettendo…
GUIDO GIAMPIETRO
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