June 16, 2025

La vicenda del sequestro degli immobili edificati in zona agricola ha visto il commento di numerose forze politiche e di qualificati esponenti. Al netto da qualsiasi pulsione polemica, e senza che questo intervento possa essere letto come sovrapposizione (o contrapposizione) ad altri, va detto subito che l’analisi che ne è emersa contiene i caratteri ben distinguibili della superficialità, e, in alcuni casi, del pregiudizio aprioristico.

 

Intanto vi è da considerare un fatto assolutamente oggettivo: pare che l’indagine abbia fatto emergere non cento, ma addirittura circa quattrocento ipotesi di violazioni edilizie che sarebbero state consumate nell’agro francavillese dal 2006 ad oggi.

Se questi dati dovessero essere confermati, al di là dell’iniziativa assolutamente legittima e doverosa della magistratura, ci si ritroverebbe di fronte ad una questione di grande rilievo sia sotto l’aspetto sociale che politico. In parole povere, la vicenda avrebbe fatto emergere, da un lato, una diffusa aspirazione alla realizzazione di immobili da adibire a seconde case in zona agricola; dall’altro, una incapacità, o lentezza che dir si voglia, da parte di tutta la Politica cittadina (senza esclusione alcuna ) a verificarne la praticabilità, e, di conseguenza, ad adeguarne, nei limiti del consentito, gli strumenti (urbanistici).

La materia , quindi, va affrontata a largo spettro, ad iniziare dalla valutazione della vigenza del pronunciamento del “Tar Lazio che, con sentenza 33106/2010, si espresse nel senso della irrilevanza del requisito soggettivo della qualità di imprenditore agricolo ai fini del rilascio di permesso di costruire in zona agricola, in quanto tale requisito assume rilievo esclusivamente ai fini dell’esonero dal pagamento degli oneri previsto dall’art. 9, comma 1, lett. A) della legge n. 10/1977”.

Una sentenza che, ove vigente, derubricherebbe sensibilmente i provvedimenti ad oggi adottati dagli organismi competenti.

 

COMUNICATO STAMPA MOVIMENTO PER LA NUOVA AN

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