Salviamo il Brindisi: è questo il motto contenuto in foto ed appelli che stanno inondando le pagine facebook dei brindisini.
E’ la voce di tante persone che esprimono la volontà di dare un futuro al calcio biancazzurro.
Un impegno apprezzabile per una nobile causa: quella di continuare a vedere le maglie “con la V sul petto” calcare l’erbetta di un campo di calcio.
Ovviamente, davanti alla domanda “salveresti il Brindisi o no?”, ognuno di noi risponderebbe di si.
E’ un po’ come se ti chiedessero se vuoi guadagnare mille euro oppure perderli.
Quale persona sana di mente risponderebbe che preferisce una cosa negativa ad una positiva?
La risposta è lapalissiana.
Il problema nasce nel momento in cui occorre confrontarsi con la realtà e chiedersi non solo se ciò che desideriamo è possibile ma anche (e soprattutto) quale è “il costo” dell’operazione.
Scartiamo chiaro (cosa che qualcuno si è imposto di non fare, mosso dall’errata convinzione che basta nascondere la polvere sotto il tappeto per abbindolare la gente e farla cadere nell’imbroglio che la casa sia pulita).
E’ sotto gli occhi di tutti che, nell’ultimo decennio, il calcio brindisino è stato alla mercè di avventurieri e giullari che hanno fatto i porci ed i comodi propri manipolando la passione di migliaia di tifosi.
Non ci vuole una laurea per capire che il pallone biancazzurro è stato asservito a gente che ha usato il “Brindisi” per fare tutt’altro che calcio.
Se escludiamo le parentesi in cui la società è stata nelle mani di brindisini (spontanei quanto ingenui), ci troviamo di fronte a gestioni raccapriccianti e scandalose che hanno fatto perdere dignità allo sport ed alla città intera.
Senza ripercorrere anni e anni di sofferenze malefatte, basta pensare a ciò che è accaduto negli ultimi sei mesi con una società che non ha tirato fuori un euro per pagare calciatori, dipendenti e imposte e – ciliegina sulla torta – è stata coinvolta nel famoso scandalo delle partite truccate e del calcioscommesse portato alla luce dalla Direzione Antimafia di Catanzaro.
Come se non bastasse i vecchi proprietari sono riusciti nell’impresa di “scaricare” la società (e le rogne di un eventuale fallimento) nelle mani di un brindisino con qualche precedente penale per spaccio di droga. E’ con lui che si deve sedere al tavolo chi – eventualmente – volesse firmare l’acquisto della maggiore società di calcio di Brindisi.
E’ vergognoso che il tutto sia avvenuto nel silenzio, complice ed omertoso (se non proprio con il colpevole assenso), di parte della tifoseria e di qualche addetto ai lavori.
E’ scandaloso che si continui ad agire come se nulla fosse accaduto.
In poche parti del mondo capita che basta “tenersi buoni” due/tre tifosi e qualche addetto ai lavori per fare gli stracazzi propri con la scusa del calcio. Da una decina di anni, Brindisi è una di queste.
Adesso, quegli stessi tifosi e quegli stessi addetti ai lavori sono tra le persone più indaffarate a lanciare la sfida di “salviamo il Brindisi”.
Ok. Salviamo il Brindisi. Siamo tutti d’accordo. Ma come? Continuiamo con la stessa solfa? Con le stesse basi? Con gli stessi legami?
Ci vuole molto a capire che una cosa è salvare il calcio brindisino, un’altra è provare a tenere in piedi la “società sportiva dilettantistica Città di Brindisi” sgangherata e piena zeppa di debiti prodotti da una gestione scellerata e truffaldina?
Ci vuole molto a capire che la vera salvezza del calcio brindisino passa attraverso la guerra alla mentalità e alle connivenze che hanno costruito quel baraccone malato e paramafioso capace di generare Salucci, Galigani, Pupino e Flora e che ha dato voce in capitolo a tutti quelli che li hanno fiancheggiati e continuano a farlo ancora oggi?
E quale è il problema se vincere questa guerra costa la retrocessione di una categoria o la costituzione di una nuova società che non sia quella che Flora & C. hanno portato alle soglie del fallimento ed al pubblico ludibrio?
Allora da queste pagine parte, chiara e tonda e senza fronzoli, una considerazione che sappiamo essere condivisa dalla stragrande maggioranza delle persone.
Il calcio va salvato come gioco, come attività educativa e rieducativa.
Vanno salvate le domeniche spensierate trascorse sugli spalti attorno ad prato verde.
Vanno salvati i momenti farciti di passione, di urla e di imprecazioni popolari.
Vanno salvate le incazzature di cinque minuti quando si perde e le gioie di quando si vince.
Invece va eliminato quel calcio che si trasforma in baruffe, minacce, connivenze, inviti alla violenza.
Vanno ripudiate le persone che barano, truffano e fanno perdere dignità ad un’intera città e alla sua gente.
Va ucciso per sempre quello sport che offusca le coscienze e sfrutta la passione per diventare merce al servizio degli interessi economici e degli affari di gente senza scrupoli.
E allora “salviamo il Brindisi” non deve essere solo una battaglia di “pallone”.
La salvezza del “Brindisi Calcio” e di ciò che rappresenta non va confusa con il disputare il campionato di Eccellenza invece che quello di Promozione.
Qui è in ballo qualcosa di più importante che calcare l’erbetta degli stadi di serie A o i campi fangosi di terza categoria.
Qui sono in ballo i concetti di cittadinanza, di crescita sociale, di educazione, di felicità, di moralità, di impegno civile.
Salire o scendere di una categoria è una piccola battaglia.
La vera guerra da vincere è quella di mettere in condizioni il “Brindisi Calcio” di non essere sempre nelle mani sbagliate, è quella di fare in modo che la passione per il pallone biancazzurro non sia vittima di condizionamenti di alcun tipo, è quella che il Fanuzzi torni ad essere un luogo che sia realmente avvertito come un patrimonio di tutti.
E’ necessario che lo sport sia realmente un’occasione di divertimento, di stare insieme, di educazione.
Non è facile.
Occorre avere il coraggio di esporsi in prima persona, di voler cambiare le piccole cose per cominciare a cambiare tutto il resto.
Ma il terremoto parte sempre da qualche piccola scossa iniziale.
Oreste Pinto
Condivido le considerazioni del Sg.Pinto. A Brindisi esistono decine e decine di società sportive che avviano allo sport ragazzini e giovani. Forse anche col malcelato intento di qualche dirigente di guadagnarci qualcosa. Vedi la proprietà del cartellino di ragazzini che vanno a divertirsi nelle “scuole sportive” perchè non saprebbero dove altro andare a giocare. Tornando alla società Città di Brindisi sono del parere che le società sportive dilettanti devono vivere soprattutto di sponsor e tifosi. Non dimentichiamo che all’inizio dell’anno è stata cancella la New Volley Brindisi che militava nel campionato di B1, ed era valida candidata a salire in A. Non si discusse nemmeno un giorno del possibile intervento della cittadinanza nè della pubblica amministrazione.