Da settimane Legambiente denuncia il preoccupante immobilismo e le contraddittorie posizioni assunte da esponenti politici e istituzionali sul processo di phase-out delle centrali a carbone di Brindisi e Civitavecchia. Una situazione che ricorda la tela di Penelope: ciò che viene annunciato un giorno, viene disatteso il giorno dopo.
In occasione del convegno nazionale sulla decarbonizzazione, tenutosi a Brindisi il 28 marzo 2025, Legambiente aveva già chiaramente indicato gli obiettivi e le azioni necessarie per garantire una transizione energetica giusta e sostenibile. Tra questi, il riconoscimento di Brindisi come area di crisi industriale complessa, l’avvio di un accordo di programma per la reindustrializzazione basato su fonti rinnovabili e innovazione e la nomina di un commissario ad acta nella figura del Prefetto Luigi Carnevale. A questo processo avevano dato sostegno, rivendicandone la paternità, gli onorevoli Mauro D’Attis e Alessandro Battilocchio (Forza Italia).
Tuttavia, nelle settimane successive, Legambiente ha espresso forte preoccupazione per le dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo – in particolare i ministri Salvini e Pichetto Fratin – che hanno messo in discussione la dismissione anticipata della centrale di Brindisi Sud, avvenuta nell’ottobre 2024, e più in generale gli impegni assunti dall’Italia in materia di decarbonizzazione, come previsto dal PNIEC e dalle normative europee.
Le conseguenze sono state immediate: un cortocircuito istituzionale e politico che ha coinvolto anche alcune rappresentanze sindacali, arrivate persino a chiedere il ripristino del carbone e il suo trasporto su gomma, scelte anacronistiche e in totale contrasto con gli impegni ambientali del Paese, come anche la richiesta del mantenimento in esercizio delle centrali di Brindisi e Civitavecchia, senza chiarire se si tratti di riserva fredda o calda.
A peggiorare ulteriormente il quadro, l’ordine del giorno congiunto presentato da parlamentari di Azione (tra cui il segretario Calenda) e Forza Italia (tra cui D’Attis e Battilocchio),
È il contenuto stesso dell’ordine del giorno a suscitare profonda preoccupazione. Si propone infatti, con un discutibile confronto con il caso tedesco, di riattivare completamente le centrali a carbone fino al 2038, in attesa dell’arrivo di ipotetici impianti nucleari modulari. Una prospettiva non solo tecnicamente infondata, ma anche in evidente contrasto con gli impegni internazionali sull’ambiente e potenzialmente disastrosa per i territori coinvolti.
Riportare in funzione – o anche solo mantenere in riserva – gli impianti a carbone significherebbe congelare ogni possibilità di bonifica e riconversione sostenibile. A Brindisi, in particolare, verrebbero compromessi progetti strategici per tutta l’area portuale e industriale: dall’ex centrale alle infrastrutture, dal carbondotto alle concessioni di banchina, fino al molo carbone dismesso. Tutte aree al centro di oltre 50 manifestazioni di interesse imprenditoriale già raccolte e sostenute da Legambiente, volte a rilanciare il territorio in chiave innovativa e sostenibile.
Nel frattempo, il Sindaco di Civitavecchia ha ribadito il suo netto rifiuto alla proposta. Diversa invece la posizione del Sindaco di Brindisi, che si è detto disponibile ad accoglierla.
Legambiente ribadisce con forza che non è un’associazione dei “no”, ma una forza propositiva, impegnata nella promozione di progetti concreti, innovativi e ad alto valore aggiunto per l’occupazione, la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini. La vera transizione ecologica non può passare dal ritorno al carbone.
Ufficio Stampa Legambiente Puglia
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