June 18, 2025

Con rumore da Dublino” sarebbe il sottotitolo ideale di Holding Hands With Jamie, disco d’esordio dei Girl Band, quattro giovani “rumoristi” irlandesi migrati dal canonico post-punk dei primi EP ad un noise-rock tribale a metà strada fra i Liars e gli Swan.

In Holding Hands With Jamie non c’è spazio per la melodia: voce cantilenante, chitarre zanzarose, sbilenche, snervanti e massicciamente trattate. A completare la cacofonia elettrica: basso e batteria martellanti, claustrofobicamente industriali nella loro testardaggine.

I Girl Band sono un graffio lungo quasi quaranta minuti di musica sintetizzata e filtrata, i due singoli “Pears For Lunch” e “Paul” (con tanto di video psicotico), spazzano via ogni forma di compromesso, imponendo Holding Hands With Jamie come l’ennesima testimonianza dell’alienazione urbana post-industriale intrisa di ripetizioni ossessive. Una nenia schizzata fuori dalla testa di un androide sull’orlo del collasso elettronico, che prende a sassate le orecchie dell’ascoltatore con “ Umbongo” ed “In Plastic”, litanie sintetiche ad uso e consumo dell’uomo-tecnica, ridotto a propaggine delle sue stesse invenzioni.

Holding Hands With Jamie potrebbe essere il disco scritto in un capannone industriale, con i musicisti sfidati a comporre musica con gli “attrezzi” a loro disposizione. Ed in questo senso è obbligatorio, quasi tautologico nella sua scontatezza stilistica, il riferimento agli Einstürzende Neubauten, maestri indiscussi dell’industrial rock, di cui i Girl Band ripropongono la sfrontatezza rumorista, in un contesto meno intellettuale e più diretto, quasi hardcore nell’intransigenza.

Nel valutare album come Holding Hands With Jamie è bene scindere l’aspetto estetico-concettuale da quello prettamente melodico-musicale. L’esordio dei Girl Band non è un disco facile, certamente non per questioni elitarie, ma per una oggettiva spigolosità che ne rende l’ascolto inadatto in auto o in contesti “rilassanti”. Il primo approccio con Holding Hands With Jamie esige una grande dose di calma e pazienza, per poter penetrare fra i rovi del disco, comprendendone il quid concettuale che ne è alla base. Pretendere di valutare un album come questo dopo un ascolto disinteressato, sarebbe un atto inutile, oltre che quasi autolesionista. Ostico.

James Lamarina

No Comments