Mi ritrovo casualmente tra le mani un numero de “La città di Brindisi” dell’inizio del secolo scorso e ne sfoglio le pagine con la curiosità non del giornalista, ma di chi ama la storia e perfino le pietre della città in cui spende la sua vita tra rari piaceri e quotidiane mortificazioni.
Mi colpisce il titolo di un articolo “Che cos’è Brindisi”.
Lo leggo e fin dalle prime righe mi torna alla mente la frase che Tancredi, il nipote del principe di Salina, pronuncia ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi».
A distanza di oltre un secolo, quello che lamentava l’estensore dell’articolo, Camillo Mealli, è maledettamente vero. Nulla è cambiato!
Ma perché il mio non rimanga un convincimento personale, sottopongo all’attenzione del lettore una parte dello scritto:
“Non sappiamo – afferma il giornalista – quale bel concetto si saranno formato di noi alla sede della Compagnia Peninsulare a Londra, nell’avere inteso che il suo piroscafo «Osiris» per riparare un lieve guasto avvenuto alla macchina è stato costretto portarsi a Bari, non offrendo la città nostra un opificio meccanico, sebbene da tutti fosse creduta, in special modo all’Estero, per una tra le prime del mondo.
Ed è purtroppo così!
I fatti dimostrano ben chiaro quanto siamo stati pigri, nemici sempre delle belle e grandi iniziative, timidi in ogni rara impresa; ed è perciò che ora dobbiamo convincerci, che nulla proprio nulla siamo in confronto di altre città del Mezzogiorno, le quali non hanno affidato il loro avvenire ad un solo e anche ingrato mezzo di risorsa, come noi abbiamo fatto con la vite.
…Deve sembrare strano a coloro che non hanno il bene di conoscerci, che Brindisi, con tutto il suo porto meraviglioso, in tanti anni anch’essa viene frequentata da piroscafi d’ogni portata e nazione, non ha raggiunto, sebbene molto agevolata pure dall’apertura dell’Istmo di Suez, quel grado di civiltà, non dico al pari d’una Marsiglia, ma almeno da rendersi degna da occupare uno dei primi posti sull’Adriatico.
Tra le città italiane, vediamo l’industre Genova, che col suo porto eminentemente commerciale, dà vita a quasi tutta la Liguria. È da quel porto, che muovono quasi tutte le linee principali di Navigazione, perché, oltre ad essere importante per se stesso, offre a dovizia tutto quanto concorre a renderlo uno dei principali del mondo.
Ora dove sono i nostri cantieri? Dove i nostri opifici meccanici? Di quali Bacini governativi o privati dispone questa Brindisi tanto rinomata all’Estero?
Ricordo in proposito le meraviglie ch’ebbero a farsi di noi due tenenti di vascello, comandanti due torpediniere russe, che avendo bisogno di ripulire la carena, mossero dirette alla volta di questa grande città, che trovarono, neanche a dirlo, totalmente sprovvista di uno scalo a loro necessario per una tanto semplice operazione.
…La nostra maggiore risorsa dovremmo fondarla sul porto: in esso è racchiusa una fonte di ricchezza che noi non sappiamo apprezzare, e che potrebbe invece dare una vita rigogliosa ed invidiata all’intera nostra Provincia.
Conchiudo quindi con lo sperare che sarà da noi seguito il saggio consiglio ch’ebbe a darci l’Avv. Prof. O. Ciusa, corrispondente del «Popolo romano», quando avemmo l’occasione di pubblicare un suo articolo, nel quale riproduceva le impressioni da lui provate toccando Brindisi. Egli chiude il suo scritto come segue:
«Al mare, al mare cittadini di Brindisi, pensate al mare che è la vostra ricchezza, che è l’unico cespite di guadagno per voi. Navigate, trafficate, portate la vostra attività dovunque le nostre navi approdano, e imitate i genovesi, che con minore facilità della vostra, hanno reso la loro città un giardino splendido, ed una cassa forte che s’impone alle finanze italiane»”.
Questo, lo ripeto, veniva scritto il 24 febbraio 2001!
E cosa è cambiato? Ripeto ancora una volta: niente!
Per averne una conferma porto ad esempio l’ultima notizia diffusa dall’Autorità di Sistema portuale dell’Adriatico meridionale, secondo la quale il porto di Bari diventa 4.0 per logistica e trasporti. Infatti, tra i primi in Italia, sarà dotato di tecnologia 5G. «Una iniziativa – sottolinea il presidente Ugo Patroni Griffi – grazie alla quale riusciremo a elevare ulteriormente i livelli di sicurezza, attraverso un controllo degli accessi sempre più capillare. Benefici che si potranno riscontrare, anche, nella logistica per le operazioni di carico e scarico che saranno automatizzate».
E Brindisi? Avete avuto – sembra di ascoltarlo il prof. Patroni Griffi – l’approdo biennale delle grandi navi da crociera e questo dovrebbe bastarvi. O no?
Ma un’altra occasione bussa alle porte: la designazione, entro la fine del mese, a cura del Presidente e del Comitato di gestione, del nuovo Segretario generale dell’Authority. E, inutile nasconderlo, l’auspicio degli Operatori Portuali Salentini è che la scelta possa ricadere su un professionista che sia espressione della comunità brindisina.
Se ne vuole fare una questione campanilistica? No, certamente. Anzi, sì.
Dobbiamo smetterla, come diceva il Mealli, di fare i “timidi”.
Qui non si tratta di chiedere la luna nel pozzo, ma di pretendere – sì, di pretendere – che si dia valore ai meriti effettivi e alla realtà di un porto che, se non altro per la sicurezza, è unico in tutto il Mediterraneo.
Al porto di Brindisi, dunque, per mille ragioni, quella nomina spetta.
Questa volta non concordo con quanto affermato dal Commissario prefettizio Santi Giuffrè secondo il quale «Il Segretario generale deve essere la longa manus del Presidente… Da primo cittadino è ovvio che auspico che la figura nominata sia espressione della città, ma da qui a mettermi a tracciare un identikit ce ne passa: reputo sterili le rivendicazioni dettate dal provincialismo, soprattutto in un caso come quello in oggetto in cui si parla di una nomina fiduciaria».
Il punto è proprio quello della “longa manus”. È la “longa manus” che da sempre ci penalizza. Chissà perché, qualche volta, non debba esserci, anche per questa città, una “brevis manus”.
Chissà perché quando è Brindisi a rivendicare i propri diritti si parla di provincialismo. E i cugini pugliesi che a questa città hanno preso quasi tutto non si comportano forse da provinciali? O per loro vige un altro codice morale?
Se mi esprimo con questa durezza di linguaggio (che non rientra nelle mie corde) è perché non c’è alcun pericolo che, per ripicca, qualcuno possa rubarci anche il porto. A meno che non se lo portino via in volo, corna comprese. Insomma si dovrebbe verificare una trasvolata come quella che da Nazareth portò a Loreto la Casa della Madonna. Ma credo che non ci sia alcuna Authority in grado di fare questo.
Perciò, male male, il porto di Brindisi rimarrà quello che era!
Guido Giampietro
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