June 25, 2025

Sabato 28 giugno a Tenute lu spada si da avvio alla “RASSEGNA LIBRI IN VIGNA “ con la presentazione del libro di Andrea Ostuni “La città di ferro e fuoco”, che ci conduce dentro uno dei capitoli più intensi, controversi e formativi della storia industriale meridionale: la nascita e l’evoluzione del petrolchimico di Brindisi tra il 1959 e il 1985.
Con rigore storiografico e sensibilità civile, l’autore ricostruisce l’impatto dell’“intervento straordinario” nella città di Brindisi , tra promesse di sviluppo, illusioni di modernizzazione e le prime avvisaglie delle tensioni ambientali e sociali che oggi si manifestano in modo drammatico.

 

Quella che Ostuni racconta è una stagione che ha segnato profondamente l’identità di Brindisi: un passato fatto di ciminiere, turni di lavoro massacranti, di lotte sindacali, di iniziative politiche e un patto industriale che sembrava garantire occupazione e benessere, al prezzo però di una crescente compromissione del territorio e della salute collettiva.

 

Ma La città di ferro e fuoco non è solo un libro di storia. È anche una chiave per leggere il presente. Oggi, Brindisi si confronta con una profonda crisi della produzione petrolchimica, con impianti sempre più obsoleti, progetti industriali sospesi o ritirati, e un quadro occupazionale in costante contrazione. La città vive un declino industriale che si accompagna a un vuoto di visione strategica: chiusure annunciate, bonifiche mai completate, transizione ecologica priva di alternative occupazionali concrete.

 

Alla luce di queste trasformazioni, il libro assume un valore ancora più urgente: ci ricorda che il destino di un territorio non può essere consegnato solo alle logiche della grande industria. Serve memoria storica per comprendere le radici delle contraddizioni attuali, ma serve anche un nuovo patto sociale che metta al centro ambiente, lavoro dignitoso e sviluppo sostenibile.

 

La Brindisi del petrolchimico non è finita nel 1985. I suoi effetti si proiettano sul nostro presente, e ci impongono una riflessione collettiva sul futuro della città: industriale, energetico, ma soprattutto umano.

 

Il libro di Andrea Ostuni, La città di ferro e fuoco, ci porta nel cuore di una stagione decisiva per la storia di Brindisi: quella dell’industrializzazione spinta dal cosiddetto “intervento straordinario” per il Mezzogiorno, e in particolare dalla costruzione del petrolchimico, uno dei più grandi impianti chimici del Sud Italia.

 

A partire dalla fine degli anni ’50, il complesso Montecatini trasformato successivamente in ENI-Montedison cambiò radicalmente il volto della città. Nacque una nuova periferia industriale, si crearono migliaia di posti di lavoro: negli anni ’70 il polo petrolchimico di Brindisi occupava oltre 6.000 lavoratori tra diretti e indotto. Ma questo sviluppo aveva un prezzo: la città si ritrovava a convivere con uno dei poli più inquinanti d’Italia, con ripercussioni ambientali e sanitarie che sarebbero esplose decenni dopo.

 

Con rigore e passione civile, Ostuni ricostruisce non solo i dati economici e occupazionali, ma anche le storie di uomini e donne che vissero quella trasformazione: la speranza in una modernità promessa, le lotte sindacali, i primi segnali di allarme per l’ambiente e la salute.

 

Oggi, quel modello industriale è in crisi. Il petrolchimico non è più il cuore pulsante dell’economia locale: le aziende storiche hanno ridotto o cessato la produzione, gli impianti sono vetusti, i lavoratori sono meno di 1.000 e l’indotto è al collasso. La crisi industriale di Brindisi si estende anche al settore energetico, con la dismissione della centrale a carbone di Cerano e il mancato avvio di alternative sostenibili e occupazionalmente valide.

 

Brindisi è diventata un laboratorio nazionale – nel bene e nel male – di quella che oggi chiamiamo transizione ecologica. Ma senza una vera riconversione industriale, senza investimenti in innovazione e in lavoro dignitoso, la transizione rischia di essere solo una nuova forma di abbandono.

 

Ecco perché questo libro è più attuale che mai. Non è solo un’opera di storia: è una lente per leggere il presente, e un invito a ripensare il futuro. A partire da una domanda semplice, ma cruciale: che città vogliamo essere dopo la stagione del ferro e del fuoco?

 

Iniziare la rassegna di tenute Lu spada nella campagna brindisina con un libro sulla storia industriale e’ una scelta per discutere del passato e del futuro di Brindisi e del suo territorio. E la campagna può dare il suo contributo.

 

Prima delle ciminiere, Brindisi era terra di vigneti e in parte lo è ancora. Fino agli anni ’50, la vitivinicoltura rappresentava una delle principali attività economiche del territorio, con migliaia di ettari coltivati e un porto che esportava vino sfuso in tutta Europa. Con l’arrivo del petrolchimico, quel modello produttivo è stato progressivamente marginalizzato, visto come arcaico rispetto all’ideologia industrialista del tempo.

 

Oggi, però, si presenta l’opportunità – e la necessità – di rivalutare proprio quell’economia agricola, aggiornata e resa sostenibile, come una risorsa strategica per affrontare la crisi della grande industria.

 

 

Carmine Dipietrangelo

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