… ho appena lasciato S. …
abbiamo discusso, fra un caffè e un ginseng, di impegnative questioni d’affari e di lavoro …
ci rivedremo fra una mezz’oretta …
è dovuto andar via per un appuntamento già fissato in precedenza continueremo appena sarà tornato …
lo aspetto qui …
resto solo sulla piazza della stazione …
le nove e mezza …
solo sulla soglia del bar a godermi lo spettacolo di questo angolo di Brindistan popolato nella quasi totalità, a quest’ora, da neri … sempre più spocchiosi, rumorosi e invadenti ma, allo stesso tempo, circospetti …
c’è una luce fredda di scirocco e l’aria è piena di semi piumosi portati dal vento …
tento di prenderne uno e ripenso alle manine di Amarcord …
nella Rimini di Fellini segnano l’inizio della primavera …
ci siamo quasi …
è già passato marzo …
ci sarà, come sempre una nuova ondata di freddo, l’ultima …
ma ci siamo …
primavera …
l’idea mi coglie quasi con dolore …
fino a pochi anni fa la sentivo arrivare …
non so come facessi a sentirla …
era una nostalgia …
forse anche un desiderio …
sicuramente anche una speranza …
e invece in questi giorni penso soltanto che il numero di anni che compirò fra pochi giorni è davvero alto …
e che forse è per questo che non ho sentito arrivare la primavera … questo numero ha dell’incredibile se rapportato a me …
vecchio, anziano, maturo …
forse non fa differenza …
o forse si …
le parole sono importanti …
‘ Una parola non dice niente e allo stesso tempo nasconde tutto, come il vento che nasconde l’acqua , come i fiori che nascondono il fango ‘ …
non so quanto sia vero …
è un pezzo di Carlos Varela …
cerco di non pensarci …
entro a prendere un altro caffè …
più che altro per assaporare meglio la prossima sigaretta …
M. , un conoscente, è pure lui al bancone …
sarà entrato dall’altra porta …
insiste per offrirmi il caffè …
vuole parlare …
mi chiede se ho letto il giornale …
no …
si stupisce …
si industria a sintetizzare il fatto che avrei dovuto leggere …
è interessato a fornirmi le sue valutazioni …
parla, parla …
gesticola …
si accalora…
è senza mascherina e piccole goccioline di saliva staranno approdando da tutte le parti …
forse anche sul mio caffè …
non lo bevo cercando di non farmi scoprire …
esco a fumare e mi segue perché adesso è al cuore della sua esposizione …
qui fuori posso allontanarmi e recuperare una distanza di sicurezza … lui parla ancora …
S. è ritornato …
si avvicina e cerchiamo di far capire a M. che abbiamo bisogno di parlare …
macchè …
glielo dico apertamente ma lui sta finendo il concetto e non può interrompere …
dice di aver capito ma si prolunga in chiusure ripetitive …
e poi, finalmente la parola magica : vi lascio …
se ne va …
S. sbotta …
ma mandalo affanculo …
mi chiede come faccio a sopportarlo …
ha ragione …
M. è proprio uno zotico , pettegolo, astioso …
S. si stupisce della mia sopportazione e me la rimprovera ed io in quel momento realizzo …
l’orgoglio, la fretta, l’intolleranza non fanno più per me …
preferisco perdonare, concedere, soprassedere, capire, sopportare, giustificare …
e forse tutto questo significa proprio essere vecchi …
e allora vuol dire che lo sono
vecchio …
la parola c’è … usiamola …
Ieri mattina al bar della stazione alle ore 10 circa
Gegè Miracolo
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